
“Le varianti non riescono a ‘bucare’ la protezione dei vaccini, che continuano a farci scudo contro il virus molto a lungo perché oltre agli anticorpi stimolano la formazione di cellule T, cellule del sistema immunitario dalla ‘memoria di ferro’ che sanno ‘smascherare’ e combattere il virus anche quando cambia faccia grazie alle mutazioni. Queste cellule, capaci di riaccendere in tempi brevissimi la risposta immunitaria, persistono in circolo a lungo, mantenendo dopo 6 mesi dalla vaccinazione una risposta reattiva contro tutte le varianti, in media pari a circa l’87-90%, che scende appena all’84-85% soltanto per Omicron, rispetto a quella iniziale post-vaccinale”. Sono i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista “Cell” da un team di ricerca de La Jolla Institute for Immunology di San Diego, guidato da Alessandro Sette, dell’Università della California a San Diego, in collaborazione con il gruppo del professor Gilberto Filaci, direttore dell’unità di Bioterapie dell’Irccs ospedale Policlinico San Martino di Genova e professore ordinario di Scienze tecniche di medicina e di laboratorio dell’università di Genova. Secondo la ricerca sono proprio le cellule T a rappresentare “la chiave per una protezione immunitaria di lunga durata, che protegga dalle forme gravi di malattia per molto tempo a prescindere dalle possibili mutazioni future del virus”.
L’esercito del sistema immunitario, si spiega nello studio, è diviso in due grandi ‘legioni’ che concorrono a una risposta immunitaria efficace. La prima è legata all’attivazione dei linfociti B, responsabili della produzione degli anticorpi che sono come missili, capaci di riconoscere e uccidere le cellule infettate dal virus. La seconda è legata all’attivazione dei linfociti T, cellule della memoria immunologica che perdurano molto a lungo anche dopo un eventuale calo degli anticorpi, come avviene nei soggetti vaccinati contro il Covid in cui si assiste a un decremento dei livelli di anticorpi già entro sei mesi dalla vaccinazione.
“Queste cellule – precisa Filaci – sono come sentinelle perenni capaci di riconoscere un nemico dopo anni e anni dal primo incontro e di montare in brevissimo tempo una risposta immunitaria che riattiva la produzione di anticorpi specifici: quelli che poi si legano al virus prevenendo o risolvendo l’infezione. Così, le cellule T specifiche ‘di memoria’, che si formano dopo essere venuti in contatto con un germe, per contagio o tramite la vaccinazione, perdurano in circolo proteggendoci da esso tutte le volte che lo incontriamo: fanno ciò anche attraverso la immediata riattivazione della risposta anticorpale, generando, quindi, una sorta di ‘doppio scudo’ immunologico, fondamentale per una protezione di lunga durata”.
In particolare, lo studio ha analizzato la risposta delle cellule T e “dimostrato che riconoscono tutte le dieci diverse varianti emerse negli ultimi mesi, Omicron compresa, e restano capaci di dare una risposta immunitaria efficace anche a 6 mesi di distanza dalla vaccinazione”.