Il bollettino di Via Nazionale. Ridotte le stime di crescita. A fine anno ritorno ai livelli pre crisi per gli occupati
“Il Pil, che alla fine della scorsa estate si collocava 1,3 punti percentuali al di sotto dei livelli pre-pandemici, li recupererebbe intorno alla metà di quest’anno. L’espansione dell’attività proseguirebbe poi a ritmi robusti, seppure meno intensi rispetto a quelli osservati in seguito alle riaperture nella parte centrale del 2021. In media d’anno il Pil aumenterebbe del 3,8 per cento nel 2022, del 2,5 nel 2023 e dell’1,7 nel 2024. Il numero di occupati crescerebbe più gradualmente e tornerebbe ai livelli precrisi alla fine del 2022″. Così il bollettino economico della Banca d’Italia dà una prima idea di quel che sono le previsioni di via Nazionale per il prossimo triennio.
Previsioni fin qui inedite, costruite sull’ipotesi che la risalita dei contagi “abbia riflessi negativi nel breve termine sulla mobilità e sui comportamenti di consumo, ma non richieda un severo inasprimento delle misure restrittive. Si assume che dalla primavera la diffusione dell’epidemia si attenui”. Ciononostante pendono rischi al ribasso: “L’incertezza che circonda il quadro previsivo è connessa con le condizioni sanitarie e con le tensioni sul lato dell’offerta, che potrebbero rivelarsi più persistenti delle attese e mostrare un grado di trasmissione all’economia reale più accentuato. Nel medio termine, le proiezioni rimangono condizionate alla piena attuazione dei programmi di spesa inclusi nella manovra di bilancio e alla realizzazione completa e tempestiva degli interventi previsti dal PNRR”, dice Bankitalia.
La crescita dell’anno in corso, dunque, scivola sotto il 4% che via Nazionale citava a dicembre e ben sotto il +4,2% tendenziale o +4,7% programmatico scritti nella Nota di aggiornamento al Def, dal governo e come riportato da laRepubblica.
Tra le varie stime, si prende un posto al sole quella per l’inflazione. “I prezzi al consumo salirebbero del 3,5 per cento nella media dell’anno in corso, dell’1,6 nel 2023 e dell’1,7 nel 2024. La componente di fondo sarebbe pari all’1,0 per cento quest’anno e aumenterebbe progressivamente fino all’1,6 nel 2024, sostenuta dalla riduzione dei margini di capacità inutilizzata e dall’andamento delle retribuzioni”, dice il documento proprio mentre Christine Lagarde, la presidente della Bce, intervenendo al forum di Davos in versione telematica assicura che l’Eurotower, nonostante un’inflazione giunta al 5% nella rilevazione di dicembre dell’Eurozona, “non si aspetta una dinamica durevole che porti l’inflazione verso una spirale fuori controllo” e giudica “improbabile” che raggiungeremo gli stessi livelli d’inflazione degli Stati Uniti.
Per quel che riguarda i consumi, il bollettino prende atto di una ripresa che va avanti “a un ritmo elevato”, ma anche dei timori che da tempo segnalano le associazioni di commercianti e famiglie. “Il recupero dei livelli pre-pandemici si completerebbe con un ritardo di circa un anno rispetto a quello del prodotto – si legge – Nella prima parte del 2022 i consumi sarebbero frenati dal permanere di un atteggiamento di cautela nei comportamenti di spesa, dettato dall’evoluzione della pandemia, e dagli effetti del rincaro dei beni energetici, che comprime il potere d’acquisto delle famiglie; tornerebbero a crescere in maniera sostenuta dalla prossima primavera, grazie al miglioramento del quadro sanitario, al graduale rientro dei prezzi dell’energia e alla prosecuzione della ripresa dell’occupazione. In media d’anno, la spesa delle famiglie aumenterebbe del 4,4 per cento nel 2022, per poi rallentare a circa il 2 nel successivo biennio. Il tasso di risparmio, salito al 15,6 per cento nel 2020 (dall’8,0 nel 2019), scenderebbe progressivamente, riportandosi ai valori pre-crisi nel 2024”.
Nel documento della Bankitalia si ricorda come la crescita sia tornata a livelli sostenuti negli Usa, nonostante i timori per le catene di forniture e i prezzi, mentre “nell’area dell’euro il prodotto ha invece decisamente decelerato al volgere dell’anno, per effetto della risalita dei contagi e del perdurare delle tensioni sulle catene di approvvigionamento che ostacolano la produzione manifatturiera. L’inflazione ha toccato il valore più elevato dall’avvio dell’Unione monetaria, a causa dei rincari eccezionali della componente energetica, in particolare del gas che risente in Europa anche di fattori di natura geopolitica. Secondo le proiezioni degli esperti dell’Eurosistema l’inflazione scenderebbe progressivamente nel corso del 2022, collocandosi al 3,2 per cento nella media di quest’anno e all’1,8 nel biennio 2023-24”.
Anche la spinta italiana è andata via via affievolendosi e secondo i modelli di Palazzo Koch il Pil sarebbe salito solo dello 0,5% nel quarto trimestre del 2021. “L’incremento del valore aggiunto si è indebolito sia nell’industria sia nel terziario. Il rialzo dei contagi e il conseguente peggioramento del clima di fiducia hanno penalizzato soprattutto la spesa per servizi. Secondo le intenzioni rilevate nei sondaggi condotti tra novembre e dicembre, le imprese prevedono per quest’anno una decelerazione degli investimenti”. Le esportazioni continuano a crescere e “dall’estate la ripresa della domanda di lavoro si è tradotta in un aumento delle ore lavorate, in una riduzione del ricorso agli strumenti di integrazione salariale e in un recupero delle assunzioni a tempo indeterminato. La rimozione del blocco dei licenziamenti in tutti i settori non ha avuto ripercussioni significative”. Quanto ai mercati finanziari, si prende atto che “sono aumentate la volatilità dei mercati e l’avversione al rischio degli investitori, il cui rialzo ha determinato, per l’Italia, un ampliamento dello spread sovrano rispetto ai titoli di Stato tedeschi”.