(di Tiziano Rapanà) Napoli, terzo mondo d’Europa? Direi proprio di no. Prendo la provocazione di Le Figaro, come una fesseria sesquipedale. Ovvio che Napoli abbia dei problemi, anche antichi, ma è una delle città più belle ed eminenti dell’Occidente. Questa terra ha visto nascere Totò, i fratelli De Filippo, Luciano De Crescenzo, Renato Carcioppoli, Salvatore Di Giacomo. Ora non voglio immettermi nell’autostrada della banalità, mi fermo con le mielosità dovute a Napoli e alla sua bellezza. Trovo assurde le critiche alla città, che è un presidio di cultura cinematografica, teatrale ed enogastronomica. Napoli è terra, anche, di Vestalia: è un’azienda che produce sughi pronti, rispettando l’antica e nobile tradizione partenopea. L’impresa nasce dal desiderio di Roberto Guarino e Luca Chiaese di creare un prodotto figlio dell’autenticità culinaria, che è naturalmente nemica degli artifizi della cattiva industria. L’ambizione vuole che i sughi di Vestalia siano tali e quali alle salse preparate in casa, con la stessa cura e senza conservanti. Ho fatto una bella chiacchierata con Luca Chiaese, che in parte vi riporto, e che spiega la spina dosale dell’azienda. “Il nostro core business sono i sughi pronti”, mi spiega Luca, “facciamo lavorazioni dirette con il nostro brand e in conto terzi, per altre aziende (o ristoranti)”. Come avete cominciato? “In noi era radicato il desiderio di creare una piccola catena di Pasta Bar, dove realizzare dei primi espressi. Per l’occasione, abbiamo aperto un laboratorio dove creare i primi sughi per l’esercizio. Il progetto non è mai partito, ma in compenso abbiamo investito in ricerca e sviluppo dei sughi”. Luca mi ha confidato che il sogno iniziale era portare la mitica genovese (è il ragù bianco con le cipolle) dall’altro lato del mondo. E da lì sono partiti: dalla genovese e da un altro classico, il ragù napoletano. Al momento hanno vari ragù in commercio: 6 con il marchio Vestalia e 3 in co-branding con lo chef Peppe Di Napoli. Presto partiranno altre collaborazioni, con un noto pizzaiolo e uno chef stellato. I loro prodotti non si trovano nei supermercati, ma nelle botteghe d’élites e sulla piattaforma e-commerce dell’azienda. Un costo medio di un sugo si aggira sui 7,50 euro. Il prezzo – a una prima occhiata – sembra altino, ma non è cosi. I prodotti sono di prima qualità, a km zero, e i sughi sono preparati secondo la tradizione, con le stesse modalità con cui si prepara il ragù in casa: ossia con il pentolone ed i fornelli. Grazie alla termostabilizzazione, si evita l’utilizzo dei conservanti. Con questo processo, il prodotto non subisce alterazioni e può essere consumato anche dopo un periodo considerevole. La freschezza delle materie prime condiziona la produzione dei vasetti. Non c’è uno standard, un numero fisso, tutto è lasciato alla natura che governa le leggi del mondo e dell’azienda, che segue il ciclo delle stagioni. Della cesta di prodotti realizzati, il sugo alla genovese è il primo a dominare la personale hit parade di Vestalia: Luca mi ha spiegato che a Napoli non si usa più tanto preparare il sugo alle cipolle, preferiscono acquistarlo pronto. Ormai non c’è più il tempo per dedicarsi pienamente all’arte culinaria, eppoi le cipolle puzzano e non tutti hanno la pazienza per sopportarne il fetore. L’oro di Napoli, oggi, non è più solo la vitalità di una città narrata da Giuseppe Marotta ma è pure l’effervescente creatività applicata all’impresa di Vestalia e dei suoi generali. Questa piccola realtà è un segno di speme, che fa pensare: la tradizione non morirà. Le antiche ricette continueranno a vivere anche in futuro, grazie all’acume di valenti imprenditori.