
Anche gli studi professionali alla prova del green pass, tra mancato coinvolgimento della clientela e problematiche legate al responsabile dei controlli e alla privacy. L’obbligo di certificazione verde in vigore da venerdì 15 ottobre, infatti, vale pure per i lavoratori autonomi che lavorano negli studi (e non solo), che dovranno rispettare gli stessi adempimenti in vigore per le aziende. Molti i dubbi e le perplessità delle categorie, che hanno portato alla realizzazione di varie linee guida esplicative in queste ultime settimane (si veda i box in basso). In particolare, si segnalano difficoltà legate alla gestione organizzativa dei controlli, oltre la necessità di estendere l’obbligo anche all’utenza. Le verifiche sul possesso del green pass dovranno essere effettuate dal titolare dello studio o da una persona da lui incaricata formalmente. Nel caso in cui in uno studio lavorino professionisti senza un titolare definito, sarà necessario nominare un responsabile dei controlli. Il possesso del green pass è obbligatorio per qualsiasi soggetto che entri in un luogo per svolgere un’attività lavorativa; per quanto riguarda gli studi, quindi, rientrano nell’obbligo sia il titolare che i dipendenti, ma anche i collaboratori, i lavoratori autonomi, gli stagisti e i praticanti. Non ha nessun peso l’occasionalità o la durata della prestazione, in ogni caso sarà necessario il certificato per accedere al locale. Diversa, invece, la situazione della clientela: non andando a svolgere un’attività lavorativa, il loro ingresso nello studio del professionista non sarà subordinato alla presentazione del green pass. Una questione avanzata da tutte le associazioni di rappresentanza professionale, che chiedono al governo un intervento estensivo in questo senso. Le verifiche, come detto, dovranno essere fatte dal titolare o da un suo delegato. Potranno essere realizzati dei controlli a campione, anche se la modalità suggerita è quella di monitorare tutti ogni giorno. Su richiesta del controllore, può essere richiesto un documento di identità al controllato. Il tutto senza mai raccogliere o conservare i dati dell’interessato: si violerebbero regole di rispetto della privacy e ci sarebbero non pochi problemi per il titolare dell’attività, che non potrà quindi trattenere i dati dei propri dipendenti. Oltre alla nomina eventuale di un delegato, tra le misure organizzative da adottare dallo studio c’è la predisposizione di un protocollo per l’esecuzione dei controlli e il mantenimento di una traccia delle operazioni di verifica, sempre nel rispetto delle norme privacy. Nel caso di mancato possesso della certificazione, il lavoratore sarà considerato assente ingiustificato, senza però il rischio di perdere il proprio posto di lavoro. Gli verrà, però, sospeso lo stipendio. Se il soggetto violerà l’obbligo e accederà comunque nel luogo di lavoro senza green pass, rischierà una sanzione pecuniaria da 600 a 1.500 euro. La sanzione dovrà essere irrogata dal prefetto sulla segnalazione del responsabile dei controlli. Oltre che nel proprio studio, il professionista dovrà esibire il green pass anche per accedere in altri luoghi dove svolge un’attività lavorativa. Su questo punto si è generata una discreta confusione che ha portato il governo ad aggiornare le proprie faq. La partita iva che va in un altro studio professionale deve necessariamente avere il green pass ed esibirlo per accedere. Discorso diverso, invece, se parliamo di un soggetto che viene a svolgere dei lavori in casa, come può essere un architetto direttore dei lavori di ristrutturazione di un appartamento; in quel caso, il cliente non è datore di lavoro, ma una persona che sta acquistando dei servizi. Quindi per le faq governative, il proprietario di casa non è tenuto a richiedere la certificazione. Resta il fatto che il lavoratore debba esserne in possesso, dato che comunque al proprietario è lasciata la facoltà di richiedere il green pass.
Michele Damiani, ItaliaOggi Sette