In questi giorni Mps è sotto l’attenzione di tutti. Daniele Franco, ministro dell’economia, si rivolge alle Commissioni Finanze di Camera e Senato, insistendo per un accordo da parte del Tesoro con Unicredit riguardo la cessione del Monte dei Paschi. “Non vi sono le condizioni per mettere in discussione la dismissione della partecipazione” dello Stato in Mps.
Le preoccupazioni di politici e sindacati sono lecite, quindi Franco tranquillizza sottolineando che il governo presterà “la massima attenzione alla tutela dei lavoratori”, aggiungendo che l’operazione con Unicredit non si sostanzierà in una “svendita di proprietà statali” e che l’impegno a compensare Siena e la Toscana per la perdita di un baluardo della loro economia saranno una “priorità indiscussa e incomprimibile”.
“È possibile che il Mef riceva azioni del gruppo Unicredit” a fronte della cessione del Montepaschi alla banca milanese, “ma tale eventuale partecipazione al capitale non dovrebbe alterare gli equilibri di governance”, dice il ministro.
Franco sottolinea soprattutto la condizione di fragilità che rende improrogabile un’aggregazione di Mps con una banca più solida: “se la banca restasse soggetto autonomo, sarebbe esposta a rischi e incertezze considerevoli e avrebbe seri problemi” ammonisce ricordando che a Siena servirebbe un aumento “ben superiore” ai 2,5 miliardi di euro indicati dal piano stand alone dell’ad Guido Bastianini per “portarla su valori medi delle banche europee”. Un piano a cui non lesina critiche per non aver tenuto “conto degli impegni” assunti dalla banca con la Ue, che già chiedeva un rapporto tra costi e ricavi del 51% al 2021, a fronte del 74% previsto nel suo business plan dalla banca, che al 2025 si troverebbe ancora inadempiente, puntando a un obiettivo del 60%.
Così “nel caso probabile in cui la Commissione Ue ponesse un obiettivo più ambizioso” di riduzione dei costi, continua Franco, “gli esuberi di personale potrebbero essere considerevolmente più elevati” dei circa 2.500 previsti dall’attuale management di Siena. Il ministro assicura che “l’operazione” che ha ad oggetto “l’intera attività bancaria” del Monte e non riguarderà i 4 miliardi di euro di crediti deteriorati e i rischi legali, “verrà condotta nel rispetto delle regole della concorrenza”. “L’industria bancaria – sottolinea – soffre da tempo di ridotta redditività e deve fronteggiare sfide rilevanti in un contesto di tassi bassi” per cui “la creazione di un soggetto bancario più stabile e meglio capitalizzato costituisce la via maestra per operare in un mercato sempre più complesso e digitalizzato”, rispondendo alla logica di “sostenere l’economia reale, tutelare il risparmio, ampliare le opportunità di finanziamento delle imprese”. L’operazione verrà effettuata in un “contesto di massima attenzione verso le tematiche occupazionali” all’interno di “un progetto di rilancio e di valorizzazione della città di Siena”. Mps “è la più antica banca del mondo, la sua storia, il suo nome, il suo marchio – ha detto Franco – sono un valore da preservare e devono essere parte del mondo finanziario del futuro. La salvaguardia dell’occupazione e del marchio unitamente alla tutela del risparmio e della stabilità del sistema bancario sono le priorità del governo”
“Non ci porremo in nessun modo come ostacolo ad una eventuale operazione di Unicredit nei confronti di Mps”. Queste le parole del ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, rispondendo ad una domanda dei giornalisti che chiedevano la posizione della banca su un ipotetico Antitrust. “Non porterò in nessun modo – ha aggiunto – la banca su una posizione di ostacolo. Lo trovo anche un segno di debolezza”.