La più altera delle dive era in realtà una donna quasi timida. Rifiutava le scene di nudo e bacchettava le colleghe disinvolte
(di Cesare Lanza per LaVerità) Di Silvana Pampanini mantengo un ricordo piacevole, incancellabile. Più di vent’anni fa ebbi l’incarico di intervistarla e scriverne a lungo. La invitai a cena. Era un settembre ancora tiepido, il mite congedo, a Roma, dal violento caldo di agosto. Quando arrivammo al ristorante Il Bolognese, in piazza del Popolo, frequentato dalle persone famose e come sempre da tante altre che vogliono vedere a due passi di distanza le persone famose, sentii gli occhi di tutti su di noi. Che importa l’età? Silvana Pampanini è stata una delle donne più belle del mondo, miss Italia nel 1946, interprete di decine di film che hanno turbato (senza nudo e senza volgarità) i desideri segreti di milioni di maschi vogliosi. E quel giorno, come sempre, era una diva: perché, come è noto, divi si nasce. Alta e forse altera, magra, imperiosa, ingioiellata, un imponente casco di capelli, gli occhi enormi incuriositi da tutto, sorrideva, salutava e si muoveva come se fosse in palcoscenico, con le luci dei riflettori accese sulle sue memorabili curve. L’avevo appena conosciuta e già ne ero conquistato. Mi invitò a darci subito del tu. Silvana era una donna allegra, coinvolgente, di simpatia irresistibile. Liquidò le ordinazioni rapidamente. Adorava il bollito, ma rinunciò perché non c’era la testina, di cui era soprattutto ghiotta. Intanto spazzolava via, con prese rapide e regali, un piatto di mortadella, in quadratini, che Il Bolognese offre ai suoi clienti, per ingannare l’attesa (e, siccome ero occupato a prendere appunti, si scusava e ironizzava per i miei sguardi invidiosi). Pasta, carne e lambrusco freddo. E mai un’intervista è filata via, come quella volta, libera e sincera, tra la suggestione dei ricordi, le battute, le staffilatine alle rivali di ieri e alle eredi del momento, la voglia di togliersi fastidiosi sassolini dalle scarpe: con coinvolgente allegria e qualche inevitabile attimo di malinconia. Se ricordo bene – era una mia curiosità da sempre – le chiesi subito chi l’avesse chiamata, per primo, Nini Pampan. «II direttore del Figaro, che voleva fare un titolo scherzoso. I giornali mi volevano bene. Mio padre, Francesco, era direttore della tipografia dove si stampava Il Momento sera di Realino Carboni, un quotidiano popolare di Roma, spesso irriverente. Ai miei esordi pubblicarono una recensione simpatica su di me, poi i giornalisti dissero a mio padre: “Non sapevamo che fosse tua figlia, non sapevamo che avessi una figlia cosi bella!”. E mio padre, che era stato anche un grosso pugile, agitò le mani: “Se ne aveste scritto male, avreste dovuto fare i conti con queste”. II bello è che mio padre non voleva che facessi spettacolo. Papà non voleva, mamma nemmeno, come dice la canzone, e al concorso di Miss Italia, che allora si teneva a Stresa, arrivai timidamente: per la prima volta, pensa un po’, con i tacchi alti e le calze lunghe. Una ragazzina che scatenò un finimondo».
Ecco cos’era successo: una giuria aveva premiato un’altra ragazza e il pubblico si scatenò per protesta: pugni, spintoni, le sedie che volavano… Furono costretti a rifare il verdetto e a proclamare Silvana vincitrice ex aequo, ma neanche questo bastò a riportare la calma. Silvana ha fatto girare la testa a milioni di uomini, ma non si è mai sposata. «Vedi, io penso che il matrimonio sia una cosa seria. E bisognerebbe sposarsi solo per amore e io ho avuto tanti corteggiatori, ma non li ho mai né sfruttati né accettati». Chissà che ebbrezza e che senso di potere, sentire sempre il desiderio degli uomini. « Non posso negarlo. A parte gli attori e i produttori, quelli dell’ambiente, mi corteggiavano anche alcuni capi di Stato… Mi viene in mente Jimenez, il presidente del Venezuela. E Fidel Castro». Fascinoso? «Macché. Troppa barba». Nell’ambiente, però, chissà quanti flirt. «Mai». Vorresti dire che hai frequentato gli attori più attraenti e brillanti e non hai mai avuto un flirt? «Che vuol dire flirt? Se dici fare l’amore, avere una storia: mai. Se dici un bacetto, una cosetta: vabbè, si». È incredibile! «Senti: io sono di una famiglia per bene, di principi sani e antichi, come si dice. E li ho mantenuti. Ho pubblicato un libro sulla mia vita e ho voluto dargli questo titolo: Scandalosamente per bene. Avrò fatto tanto scandalo, ma sono per bene». Mica fare l’amore con un attore amico significa essere per male. «Ah, no. L’amore si fa solo se si è innamorati. E io mi sono vietata di fare l’amore con personaggi dello spettacolo, di innamorarmi di loro, perché capivo subito che si trattava di cose fragili…. Ho avuto i miei innamoramenti, i miei amori. Ma mai fino al punto di sposarmi. Una sola volta sono arrivata al limite del matrimonio…». Ho voluto saperne di più. «Lui è morto, un mese prima delle nozze. Era gelosissimo. Ma di Silvana, di Silvanella come mi chiamavano gli intimi, non della diva. Ho sempre in mente i suoi occhi con i riflessi verdi…». Le chiesi anche se ci fosse un personaggio che ammirasse, in politica. «Andreotti. Un mio grande ammiratore: questa ragazza, diceva, andrà lontano. Ed è stato l’unico a farsi vivo, di un certo tipo di mondo, quando sono mancati i miei genitori». Hai conosciuto tutti, le dissi. Vorrei quindi i tuoi giudizi sui protagonisti dello spettacolo: visti da vicini, nella quotidianità, fuori dal lavoro.
Alberto Sordi, per cominciare. «Un fratellone, un po’ tirchio, anzi molto tirchio, ma buono. A proposito di matrimonio una volta lui ha detto che non si è sposato perché io gli ho detto no». Marcello Mastroianni. «Un bambinone capriccioso. Sapevo tutto di lui e lui mi supplicava di tenere il silenzio sulle sue avventure». Federico Fellini. «Grande. Ma anche sporcaccione, con un’idea fissa. Voleva che facessi le porcherie con lui…». Porcherie? «Cosi diceva. Accattivante. E io: non le faccio perché sei uno stronzo. Affettuosamente, s’intende». Mai coinvolta in un’orgetta, una festicciola? Anche solo per curiosità? «Ma insomma, lo vuoi capire o no che tipo di donna sono stata? Io la sera non dormo se prima non dico le preghiere. Nei miei contratti c’è sempre stata una clausola: il nudo, mai. Tanto, per sedurre, basta uno sguardo, un pagliaccetto, mostrare e non mostrare. E a certe ragazze di oggi, anziché scoprirsi, sarebbe conveniente coprirsi. Orge? Anche nel cinema ero attenta: quando girammo Margot di Bourgogne, le orge si sprecavano, ma il corpo non era mio, c’era una controfigura. Se vuoi parlare di nudo, parla con la Sandrelli. Io i film di Stefania Sandrelli non sono mai andata a vederli, ma lei di nudo ne ha fatto tanto». Orge a parte, come sei, quando fai l’amore? «Se sono innamorata, parlo di amore vero e naturale, ci sono tante cosine belle da fare…». Fiera della tua bellezza? «Credo di essere una bellezza rara: di brune come me c’è stata solo Ava Gardner». Andiamo avanti con i ricordi. Luchino Visconti? «Aveva una villa a Ischia vicina alla mia. Un marpione di classe». Alain Delon? «Sentimentale, ma un po’ carogna. Spregiudicato. Quanto soffriva Romy Schneider, per il suo rapporto con Visconti…». Ma se Delon ha detto di avere avuto solo due rapporti, con Visconti. «Sì, ciao! Lasciamo stare. Parliamo dell’amore tra Alain e Romy, ch’era stupendo, e lui innamoratissimo. Le è sempre stato vicino, fino alla fine». Roberto Rossellini? «Seduttivo, sprecone nei regali: gioielli, pellicce, giocattoli…». Totò? « Mi amava tanto. Sono arrivati a dire che Malafemmena l’ha scritta per me. Mi diceva che avrebbe voluto sposarmi., e, da vecchio gentiluomo, ne parlò anche con mio padre. Era un rubacuori Totò. Uscivamo spessissimo a cena, ma sempre con mio padre e mia madre. Non ha mai cercato di baciarmi». Vittorio De Sica? «Simpatico, buono, meraviglioso. E quanto giocava, se entrava in un casinò…». Ugo Tognazzi? «Era un gran bravo attore, ma si era montato la testa. Mi dispiace dirlo, ora che non c’è più. Una volta, dopo Il vizietto, fece finta di non riconoscermi… mi guarda… non mi saluta. E io penso: questo è impazzito. E dire che, se quando giravamo un film, io avessi detto: Tognazzi non lo voglio, lui non avrebbe lavorato». E gli scrittori? Alberto Moravia? «Schivo, riservato. Era difficile avere un dialogo». Pasolini? «Requisito dalla corte dei suoi amici». Sofìa Loren? «Faceva la comparsa con me. Fui io a farle avere la prima particina, perché me lo chiese Carlo Ponti. Comparse: come Silvana Mangano, Gina Lollobrigida…» Ecco, la rivalità con la Lollo. «Gina si sente, anche adesso, la più grande, la più bella. Ma da quando si è lasciata con il marito, Milko Skofic, non ha più fatto niente. Per la Bella di notte, erano previste scene di nudo, mio padre e io dicemmo di no e io consigliai: chiamate Gina…».
Scusami, ma mi sembra che delle tue ex rivali parli con un po’ di aria di superiorità… «Dico le cose come stanno. Gina era una comparsa e la feci prendere io, era vestita da ciociarella, nel Segreto di Don Giovanni. Ma con me… Già d’altezza la sovrasto. E se ha fatto La Bersagliera, lo deve a me», Gratitudine? «Non scherziamo. Certo le persone corrette ci sono: Valentina Cortese: grande classe, amicizia leale, una signora vera, intelligente. Quanto alle altre…. gratitudine!… Non ridiamo. Anche Lynda Christian deve a me il fatto di aver potuto sposare Tyrone Power. Perché io magnanimamente gliel’ho lasciato». E com’era, Tyrone Power? «Due occhi stupendi e una sola cosa infelice: la pelle grinzosa delle mani, come uno scimpanzé. Peccato». Torniamo alle rivali. Silvana Mangano? «Ha fatto quattro figli meravigliosi. Non capisco come un uomo importante e intelligente, De Laurentiis, possa averla lasciata senza pensare al suo avvenire. Per i mezzi economici. Almeno cosi mi hanno detto. Dino mi faceva una corte spietata. Mi mandava a prendere con una limousine pazzesca, per farmi impressione. Una volta c’era Silvana e l’ho pregata di mettersi in mezzo, cosi Dino non poteva fare il furbo…». Allungava le mani? «Tutti allungavano le mani. Il peggiore, Orson Welles: una volta a Roma, gli ho mollato due bei ceffoni in faccia, per farla finita». Ce ne sarà stato uno almeno, educato. «William Holden. Il più bello. Lui portava i pantaloni all’italiana, e non come fanno gli americani, ridicoli, quasi allo stinco!». Accompagnandola a casa, prima di salutarla, le chiesi se avesse un desiderio finale. E lei, seriamente, mi rispose: «Mi piacerebbe, quando arriverà quel giorno, avere accanto qualcuno che mi curasse come io ho curato il mio lui… come ho curato i miei genitori. Qualcuno che mi vesta, come io ho vestito loro, che mi prepari, che mi accomodi nell’ultima casa». Le sussurrai: «Che bel pensiero. E non hai paura della morte? ». «Certamente no. Pensa, quanti amici troverò. E pensa alle folle che mi aspetteranno anche lassù, i fotografi, la televisione…». Quel giorno, quello per cui mi aveva confidato il suo ultimo desiderio, è arrivato il 6 gennaio 2015. Silvanella si è spenta a Roma, dov’era nata il 25 settembre 1925, a ottantanove anni.