A far fede in merito ai risultati ottenuti dalla sperimentazione del vaccino russo, lo Sputnik V è stata la rivista peer review britannica The Lancet. E’ qui che, per la prima volta, lo scorso 4 settembre sono stati resi noti i primi dati, quelli relativi alla sperimentazione clinica di fase I/II del vaccino messo a punto dal Gamaleya Institute di Mosca. In quella occasione vennero pubblicati i dati relativi alla valutazione di sicurezza del vaccino che era stato somministrato a 76 volontari. “Il vaccino – si rilevò allora – in tutti i pazienti ha innescato una risposta immunitaria senza gravi effetti negativi. I livelli di anticorpi sono stati fino a 1,5 volte superiori a quelli dei pazienti in recupero con Covid-19”.Questi dati, sono stati i primi a essere resi noti dalle autorità russe che però già l’11 agosto – circa un mese prima – avevano dato il via libera alla somministrazione del vaccino. Di conseguenza, il vaccino è stato provvisoriamente approvato in Russia secondo la legislazione nazionale. Questa registrazione ha consentito di utilizzare il vaccino in gruppi ad alto rischio, con una farmacovigilanza potenziata, mentre viene condotto uno studio di efficacia post-marketing. La fase III della sperimentazione ha coinvolto non solo pazienti russi, ma anche quelli di altri paesi: India, Venezuela, Bielorussia, Emirati Arabi Uniti. I dati definitivi di questa ulteriore fase di sperimentazione sono stati pubblicati sempre su Lancet lo scorso 2 febbraio. Anche se già a novembre dello scorso anno, proprio in concomitanza con la pubblicazione dei dati di efficacia del vaccino di Pfizer/Biontech e poi di Moderna, le autorità russe si erano affannate a rendere noti alcuni studi preliminari in cui si annunciava che il vaccino del Gamaleya National Center of Epidemiology and Microbiology di Mosca aveva una efficacia analoga a quella dei vaccini occidentali, superiore al 90 per cento. Se però a novembre gli annunci delle autorità russe e tra questi anche quelle di Alexander Gintsburg, direttore del Gameleya National Center of Epidemiology and Microbiology, si basavano su pochi casi, quelli cioè relativi ad una interim review della sperimentazione in corso, con lo studio pubblicato su Lancet il due febbraio scorso, si è avuto accesso a dati ottenuti da a uno scenario molto più solido sul piano scientifico su un campione complessivo di circa 21.977 pazienti e su circa 19.866 volontari ricoverati in 25 ospedali e policlinici a Mosca a cui è stato somministrato il vaccino. Lo Sputnik V è un vaccino a vettore combinato, basato su due versioni indebolite di un adenovirus, un comune virus del raffreddore (Ad5 e Ad26), entrambi portatori del gene della glicoproteina a tutta lunghezza S del SARS-CoV-2. I due vettori vengono somministrati separatamente per via intramuscolare con un intervallo di 21 giorni in modo da ridurre al minimo le possibilità di una potenziale reazione immunitaria da parte dell’organismo al vettore virale. Si tratta della stessa piattaforma dei vaccini per influenza, TB, Chikungunya, Zika, MenB, peste ed anche dei vaccini contro il Covid-19 sviluppati da AstraZeneca e da Reithera. I dati raccolti hanno dimostrato che il tasso di protezione del 91,6% è stata osservata e valutata 21 giorni dopo la sola prima vaccinazione.