I primi volontari hanno ricevuto la dose del vaccino anti-Covid italiano ideato da Takis, azienda con sede a Castel Romano (Roma). Si tratta del primo vaccino a DNA che ha raggiunto la fase clinica. La fase I della sperimentazione coinvolgerà 80 volontari sani divisi in 4 gruppi a cui verranno somministrate differenti dosi con o senza richiamo, mentre la fase II raggiungerà fino a 240 persone a cui verranno inoculate le dosi che risultano più promettenti.
Il vaccino a DNA rappresenta un’innovazione – spiega Takis – rispetto ad altre piattaforme tecnologiche già disponibili, come quelle con RNA messaggero o vettori virali. “Il DNA ci consente di evitare la catena del freddo nello stoccaggio e nel trasporto”, afferma in una nota Luigi Aurisicchio, Ceo e direttore scientifico di Takis. “Per le sue caratteristiche, la produzione dell’antigene si prolunga nel tempo e il vaccino potrebbe funzionare bene già nel primo ciclo. Inoltre, se necessario, la somministrazione – continua Aurisicchio – può essere ripetuta più volte per una risposta immunitaria più solida, anche grazie all’utilizzo della tecnica di elettroporazione sviluppata da un’altra azienda italiana, IGEA, che facilita l’ingresso del DNA nelle cellule muscolari e agisce anche come coadiuvante, stimolando così i processi immunologici”.
Un vaccino dunque sviluppato interamente in Italia e che si avvale anche di un consorzio di centri clinici nazionali per la fase I e la fase II della sperimentazione clinica. Allo studio partecipano, infatti, l’Istituto Nazionale dei Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli, l’Istituto Nazionale delle Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma e l’Ospedale San Gerardo di Monza in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. I tre centri clinici sono coinvolti in tutte le attività di studio, ma ciascuno ha una maggiore responsabilità per uno dei tre aspetti principali della sperimentazione. L’Ospedale San Gerardo di Monza è responsabile del trattamento dei primi soggetti e quindi della verifica dei risultati preliminari: la prima somministrazione è avvenuta ieri nel Centro Ricerche di fase I diretto da Marina Cazzaniga, oncologa presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. “Il vaccino promuove la produzione di una porzione molto specifica della proteina ‘Spike’, che il virus utilizza per legarsi alle cellule umane – sottolinea Paolo Bonfanti, direttore dell’Unità di Malattie Infettive dell’ASST di Monza e professore associato di Malattie infettive presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca – e contro la quale l’organismo innescherà la risposta immunitaria”. L’Istituto Pascale di Napoli gioca un ruolo decisivo nel consolidare i risultati. “Tra l’altro – dichiara Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli – il vaccino a DNA può essere facilmente e rapidamente modificato per tener conto delle varianti del virus che stanno diventando prevalenti o che potrebbero apparire in futuro”. L’Istituto Spallanzani di Roma è responsabile di tutti gli esami di laboratorio che documentano la risposta immunitaria e la potenziale efficacia.
Il vaccino ha già prodotto buoni risultati nei test di laboratorio, evocando una forte risposta immunitaria umorale e cellulare, che ora si spera sarà confermata nell’uomo. “Con COVID-eVax stiamo dimostrando la capacità della ricerca italiana nel generare soluzioni innovative contro la pandemia e abbiamo chiesto la collaborazione di importanti centri di sviluppo italiani”, dice Aurisicchio. “Abbiamo trovato in Rottapharm Biotech un partner per l’investimento iniziale e il supporto in sviluppo clinico, ma ora è richiesto un intervento finanziario da parte delle istituzioni italiane ed europee su una tecnologia che potrebbe rivelarsi utile non solo contro Covid-19, ma anche su una serie di altre indicazioni terapeutiche, a cominciare dai vaccini contro il cancro”, conclude.