(di Beatrice Casella) Mentre nella maggior parte dei paesi europei il ritorno a scuola continua ad essere critico e assiduamente posticipato, il 25 gennaio ha risuonato la campanella anche per i ragazzi delle superiori di quattro regioni italiane: Umbria (6.874 nei professionali, 10.366 nei tecnici, 21.366 nei licei), Liguria (12.344 nei professionali, 17.229 nei tecnici, 31.729 nei licei), Marche (15.201 nei professionali, 21.968 nei tecnici, 34.158 nei licei), Lombardia (68.281 nei professionali, 135.875 nei tecnici, 178.316 nei licei).
In Campania invece l’Unità di Crisi della Campania per l’emergenza Covid-19, a seguito di una riunione del 5 febbraio, sta ipotizzando una nuova ordinanza di chiusura delle scuole a causa dell’aumento dei contagi.
Il trend in crescita che si sta registrando in questi giorni può essere causato anche dalle nuove varianti Covid tra cui una scoperta proprio qualche giorno fa proveniente dal Messico. Vi sono però, allo stesso tempo, molti sostenitori della correlazione dell’accrescimento dei contagi Covid in coincidenza della riapertura delle istituzioni scolastiche.
Risulta ormai evidente che la grave pandemia da Coronavirus sta avendo delle negative ripercussioni anche nell’istruzione, un settore già in bilico da tempo.
Martha Nussbaum, filosofa statunitense, nel suo illuminante libro di testo pubblicato nel 2013 dalla casa editrice italiana il Mulino “Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica” sottolinea come, nella società di oggi, il mondo accademico sia volto principalmente ai valori di profitto del mercato globale che, di conseguenza, porta alla superficialità del ragionamento e dell’argomentazione.
E non è proprio ciò che sta succedendo alle istituzioni educative mondiali?
L’acronimo DAD, Didattica a distanza, è diventato il pane quotidiano per tutti, adulti e bambini. Non si tratta di una realtà completamente nuova in quanto, già da qualche anno, le università hanno cominciato ad ampliare la propria offerta formativa erogando corsi post laurea in modalità e-learning. E se per i professionisti che vogliono addentrarsi nel mondo del lavoro o per coloro i quali già stanno facendo esperienza sul campo questo tipo di formazione più “tecnologica” e “all’avanguardia” risulta maggiormente efficiente ed efficace, non è detto che ciò valga altresì per studenti delle scuole medie e superiori.
La differenza con il periodo storico attuale rispetto a quello precedente, sta nel fatto che anche le scuole si sono dovute adattare all’emergenza in corso applicando una forma di insegnamento basata sull’online che non prevede una condivisione di spazi e un’interazione diretta con il prossimo.
Questo comporta la perdita assoluta dell’interculturalità e dell’integrazione, due valori universali che da sempre hanno caratterizzato la formazione ma che ad oggi sono bloccati da una crisi pandemica in grado di rallentare i flussi migratori, l’incontro aperto con altre culture e modelli di vita.
Degli aspetti che, attualmente, vengono banalizzati o non presi con la giusta considerazione, ma la formazione legata alla capacità di adattarsi anche a culture differenti è un fondamento irrinunciabile per il pieno sviluppo delle competenze necessarie ad affrontare le sfide attuali e future di qualsiasi tipo.
Le scuole e gli atenei rappresentano, infatti, una vera e propria comunità che, legate ad un progetto sociale, realizzano una concreta socializzazione capace di valorizzare l’unicità dell’individuo e il suo contributo ad una crescita collettiva.
Non si tratta solo, pertanto, di una crisi economica e sanitaria, ma ad una ricaduta più profonda e strutturale che va a minare dei valori autentici fondati su un’educazione volta soltanto ad un sapere tecnico e pragmatico che, di conseguenza, porta ad una forte disumanizzazione.
Secondo uno studio della Onlus World Vision Italia svolto nell’estate 2020, con lo scoppio del Coronavirus a livello globale il 71% degli studenti in tutto il mondo ha dimostrato di sentirsi isolato, scoraggiato e stressato. In questo dato rientrano anche gli adolescenti che vivono in contesti molto difficili e nei quali le tutele sanitarie sono sempre di più a rischio a causa, ovviamente, del Covid.
Un rapporto pubblicato ad ottobre 2020 dall’UNESCO, dall’UNICEF e dalla Banca Mondiale evidenzia che un terzo dei Paesi a reddito basso e medio-basso non hanno previsto misure adeguate per sostenere gli studenti a continuare attivamente a frequentare la scuola anche a distanza.
Le osservazioni sopra descritte, insieme alle ricerche riportate, pertanto, fanno riflettere profondamente su un altro grave aspetto della crisi attuale che ha colpito di gran lunga anche il settore dell’istruzione; sulla necessità, ovvero, di assicurare a tutti il diritto allo studio e alla propria indipendenza, il diritto alla salute che comprende anche il benessere psico-fisico, ed il diritto di aspirare un futuro migliore.
A tal proposito è opportuno ricordare la prima parte dell’art. 2 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) che afferma: “ogni individuo ha diritto a tutti i diritti e le libertà enunciati nella sua Dichiarazione, senza distinzione per ragioni di razza, colore, sesso, lingua, opinione politica o di altro tipo, origine nazionale o sociale, ricchezza, nascita o di un’altra condizione”.