Intesa Sanpaolo ha chiuso il 2020 con un utile netto contabile di 3,3 miliardi, a fronte dei 4,2 miliardi del 2019 ma leggermente sopra le attese della media degli analisti sentiti da Bloomberg (3,2 miliardi). Senza considerare l’apporto di Ubi Banca, da cinque mesi incorporata nel gruppo ed escludendo l’impatto dell’acquisizione, l’utile di 3,1 miliardi. Nel corso dell’annata il gruppo ha contabilizzato 2,2 miliardi di rettifiche di valore su crediti per i futuri impatti di Covid-19. “Nel 2020 il mondo intero è stato travolto dalla pandemia da Covid-19 – ha detto l’amministratore delegato, Carlo Messina -. Il nostro Paese è stato colpito con particolare forza: l’innesco di una crisi di portata straordinaria ha segnato duramente le nostre famiglie, le imprese, la società intera. In questo contesto nel 2020, superando il nostro obiettivo, abbiamo conseguito un utile netto di 3,1 miliardi. Il nostro ruolo si è manifestato attraverso il supporto all’economia reale, reso concreto dai 50 miliardi di credito messi a disposizione di famiglie e imprese, con la conseguente tutela dell’occupazione e il mantenimento dei flussi di liquidità tra comparti produttivi”. I proventi operativi netti si attestano a 19 miliardi (17,4 mld senza Ubi, -4,2% annuo), con interessi netti a 7,8 miliardi (7,1, +0,9%) e commissioni nette a 8,3 miliardi (7,6, -4,8%). I costi operativi si attestano a 9,9 milairdi (9,1, -3,4%), per un rapporto tra costi e ricavi al 52,4% e in aumento al 52,2% senza Ubi. Il patrimonio Cet1 a regime è al 15,4% e al 16,9% escludendo l’acquisizione di Ubi Banca. Il cda proporra’ la distribuzione di un dividendo per cassa da 694 milioni, “il massimo consentito dalle raccomandazioni della Bce”, e corrispondente a 0,0357 euro per azione.
Andrea Greco, Repubblica.it