Le comunicazioni di “ricalcolo” in piena pandemia mandano nel panico i pensionati. Ma c’è un modo per evitare il peggio…
La macchina infernale dell’Inps non conosce sosta. Nemmeno in tempo di pandemia. Qualche tempo fa vi avevamo raccontato la storia delle lettere choc dell’istituto di previdenza sociale in cui venivano chieste le restituzioni di alcune somme ingenti per un errore di calcolo sulla pensione. Ebbene adesso è giunto il momento di spiegarvi come è possibile difendersi da questi tipo di comunicazione e come spesso l’esito del contenzioso possa
essere a favore del pensionato. Queste lettere spesso mandano nel panico il pensionato che magari non si è accorto dell’errore di calcolo da parte dell’istituto mese per mese e di fatto ha usato il surplus per spese familiari o acquisti di vario genere, salvo poi ritrovarsi un presunto debito da restituire in 30 giorni. Le lettere che ci hanno segnalato vanno da un minimo di 1.100 euro a un masso (cifra da capogiro) di circa 30mila euro. Ed è proprio di un caso emblematico come questo che vogliamo occuparci. Innanzitutto come abbiamo ricordato spesso va detto che l’Inps per legge non può chiedere indietro le somme se l’errore è da parte dell’istituto. La restituzione ha luogo solo nel caso in cui sia il pensionato a commettere “dolo” magari con qualche dichiarazione falsa.
E così per capire come muoversi in questi casi abbiamo chiesto all’avvocato Celeste Collovati di Dirittissimo (tuttopensioni@gmail.com) che da tempo segue questo tipo di ricorsi: “Il cittadino ha ricevuto una comunicazione da parte dell’Inps – datata 18.09.2020 – inviata mediante raccomandata a.r., nella quale veniva informato che nel periodo dal 01.08.2015 al 31.08.2020 erano stati erogati €.29.231,30 = in più sulla sua pensione adducendo la seguente esigua motivazione: “ricalcolo pensione” e per tal motivo, l’Inps preannuncia la restituzione di tale somma attraverso la richiesta di pagamento della stessa. Senza dubbio, tale comunicazione risulta priva di elementi essenziali in quanto si leggono motivazioni generiche che non consentono peraltro al cittadino di fornire un’adeguata e precisa difesa”.
Dopo l’avvio del ricorso è stato lo stesso istituto a tirare i remi in barca. Come ci spiega l’avvocato Milani la responsabilità dell’errore è totalmente a carico dell’Inps: “L’errore imputabile all’Ente, il quale in questi casi è tenuto ad annullare il debito e non può richiedere la restituzione di importi già versati, in quanto non si configura “dolo” (in senso di omessa informazione del pensionato all’Ente) dato che L’Inps infatti era già a conoscenza di tutti i redditi del cittadino e l’anomalia è evidenziabile nel montante contributivo, palesemente errato, utilizzato per il calcolo. Trattasi di errore materiale imputabile esclusivamente all’Inps”. L’Inps dopo qualche settimana dall’invio del ricorso, ha risposto con una comunicazione in cui ha riconosciuto il suo errore e ha così emesso un provvedimento con il quale annullava tale indebito. Ma come spesso accade diversi pensionati in preda al panico pagano il debito con l’Inps pur non dovendo un euro all’istituto di previdenza sociale. Solo un ricorso di questo tipo può mettere al riparo dal salasso. Questo è un caso limite da 30mila euro, ma di fatto a volte i ricalcoli sulle pensioni possono portare a contestazioni di qualche centinaia di euro che anche in quel caso non andrebbero restituite (in assenza di dolo) all’istituto. Insomma fate molta attenzione alle lettere choc dell’Inps e seguite questi semplici consigli per evitare di ritrovarvi col portafoglio vuoto.
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