In Sardegna nel 2020 le imprese femminili sono diminuite del 14%: se ne sono ‘perse’ 5.334 rispetto all’anno precedente, secondo quanto riferito da Cna imprese Donna durante un’audizione davanti alla Commissione regionale pari opportunità. Nel 2019 le imprese femminili erano 38.808 (su un totale di 170.077), con un tasso di femminilizzazione del 22,8% (di cui 5.894 artigiane). Nel il loro numero è sceso a 33.474 attività. Le imprenditrici nell’isola operano in prevalenza in settori particolarmente esposti alla crisi del coronavirus e che stentano a ripartire, ha spiegato l’organizzazione artigiana: servizi alla persona (estetica, acconciature, servizi di cura e sanitari) e settore turistico-ricettivo (alloggi, ristorazione, servizi), in cui la Sardegna registrava nel 2019 una presenza femminile superiore alla media nazionale, l’11,9 a fronte di un dato nazionale pari a 10,6%. Risulta in calo anche della neo-natalità imprenditoriale femminile: nel 2020 si arresta la crescita e diminuiscono le iscrizioni. Si registrano perdite di fatturato fino al 50% e alle difficoltà professionali per molte imprenditrici si aggiungono i carichi di cura e familiari, fortemente aggravati dalla pandemia. “L’avvio della nuova programmazione comunitaria 2021-2027 e la gestione del Recovery Plan sono un’occasione da non perdere”, suggerisce Valentina Codonesu, coordinatrice regionale Cna Impresa Donna. “Non soltanto per limitare i deficit di cui soffre l’economia isolana, ma per cominciare ad aggredire le diseguaglianze di genere. Solo potenziando il sostegno economico-finanziario dell’impresa e insieme riequilibrando le esigenze di attività lavorativa e carichi di cura sarà possibile per tante donne sopravvivere all’impatto della crisi, e non costringerci a perdere autonomia imprenditoriale e un pezzo della nostra economia”.