All’inferno e ritorno / Dadi romani e antiche carte cinesi. L’azzardo esiste da quando c’è l’uomo

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Patrizi e plebei puntavano i loro averi con gli antenati di testa o croce e del backgammon. Anche qualche imperatore aveva il vizietto. Le giocate sono passate per quadri e romanzi fino ad arrivare, oggi, online

(di Cesare Lanza per LaVerità) Cari lettori, ecco l’ultima puntata della lunga rassegna sul gioco d’azzardo. Non sempre all’inferno e ritorno. Vi ho parlato di tanti argomenti, ma nei miei taccuini ho trovato molti altri appunti, spero di non annoiarvi. Ad esempio sulla origini del gioco, dall’antico Egitto alla Cina. Tavoli verdi, fiches, ruote che girano, carte che scorrono. Eppure quella del gioco d’azzardo non è solo una passione, ma una vera tradizione millenaria. Sono giochi legati alla storia dell’umanità. Gli umani amano giocare d’azzardo da sempre. Dall’antica Cina deve sono stati rinvenuti rudimentali giochi d’azzardo su piastrelle, all’Egitto ritrovati i dadi più antichi conosciuti, oltre alle scene dipinte su ceramiche greche e romane che dimostrano come le scommesse, sui combattimenti di animali, erano diffuse in quei tempi remoti: alcuni animali erano allevati per quello solo scopo. Si ritiene, inoltre che le carte da gioco apparvero per la prima volta in Cina nel IX secolo. Le carte erano spesso decorate con forme umane, ma solo quando questo tipo di gioco si diffuse in tutta Europa, iniziarono ad apparire i re e le regine che conosciamo oggi. Man mano che il gioco d’azzardo si diffuse, divenne più organizzato e regolamentato. Secondo altre ipotesi si vuole che l’azzardo sia nato in Italia all’aperto, iniziando a diffondersi a Venezia fin dal Cinquecento, nonostante le proibizioni. Bisognerà però aspettare il XVII secolo per vedere la nascita dei primi casinò o case da gioco. Anche in Italia il gioco d’azzardo ha una sua storia. Come abbiamo visto, già nell’antica Roma il popolo giocava d’azzardo. Lo testimoniano diversi reperti archeologici e o confermano alcuni degli affreschi recuperati a Pompei, la città sepolta nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio. Molto diffuse erano anche le baratterie, prima dei semplici luoghi di ritrovo, poi veri e propri casinò. Comparse tra la fine del Medioevo e l’inizio del Rinascimento, facevano da sfondo a giochi con carte e dadi. E gli artisti che hanno immortalato nei loro dipinti uomini intenti a giocare.

Un esempio è I Bari, capolavoro di Caravaggio, che ritrae degli uomini intenti a giocare a carte. Un evidente segnale di quanto il gioco fosse diffuso nella società del tempo e facesse parte delle attività ludiche della popolazione di allora. Non solo nella storia dell’arte, il gioco è diventato spesso anche tema dei grandindi classici della letteratura italiana (in campo europeo e mondiale svetta il capolavoro di Fëdor Dostoevskij, Il Giocatore). Ne Il fu Mattia Pascal, il grande romanzo di Luigi Pirandello, il gioco è una parte importante della trama. È proprio il gioco d’azzardo il mezzo con il quale lo scrittore costruisce il colpo di scena dell’opera: sarà una serie di esperienze fortunate al tavolo da gioco che daranno una seconda possibilità di vita al protagonista. Nella Serenissima venne istituito nel 1638 II Ridotto, per fornire un ambiente di gioco controllato: da qui sono passati migliaia di giocatori, primi fra tutti Giacomo Casanova e Carlo Goldoni. Dopo Venezia, le altre sale da gioco sono sorte nel corso del XX secolo: per prima quella di Sanremo nel 1905, poi quella di Campione d’Italia nel 1933, e infine quella di Saint Vincent nel 1947. Ancora oggi aprire un centro scommesse si rivela un’attività molto interessante e redditizia. Certo, il cammino verso la liberalizzazione del gioco d’azzardo in Italia è stato tortuoso. Per anni, l’azzardo è stato considerato un rischio sociale. Tutto era illegale salvo pochi esercizi autorizzati. Per volontà di Francesco Crispi la cosa era di pertinenza del ministero degli Interni. Sostanzialmente, dalla fine dell’Ottocento fino ai primi anni 90 del Novecento, lo Stato valutava il gioco d’azzardo come un disvalore etico-sociale. Solo dal dopoguerra, per contenimento, vennero rilasciate concessioni per lotterie, totocalcio e quattro casinò. La deregolamentazione del gioco d’azzardo in Italia inizia nel 1992, quando, a causa della forte crisi economica, il Paese ha bisogno urgente di entrate fiscali. Nel 1994 il fatturato non supera comunque i 6,5 miliardi di lire e sono presenti sostanzialmente tre società: Lottomatica, Sisal e Snai.

Nel 2006, la legge Bersani-Visco permette agli operatori stranieri di entrare nel mercato italiano: da quel momento in poi la crescita è costante, ma purtroppo non senza qualche vittima. La criminalità organizzata inizia ad allungare le sue mani sul gioco d’azzardo, e ben presto il settore viene considerato dalle mafie, come il principale strumento per ripulire il denaro sporco. Non solo. La diffusione e la liberalizzazione del gioco d’azzardo fa emergere anche nuove patologie, tanto che il gioco d’azzardo viene incluso nel Dsm Manuale Diagnostico-terapeutico delle malattie psichiatriche dell’American Psychiatric Association -, diventando un disturbo riconosciuto al pari delle altre dipendenze. Un altro passaggio importante nella storia del gioco d’azzardo in Italia è costituito dal cosiddetto «decreto di Ferragosto» 2011 quando, con Silvio Berlusconi, viene avviata la liberalizzazione del gioco online. I progressi tecnologici hanno attratto una nuova generazione di giocatori e le piattaforme dei giochi d’azzardo si sono moltiplicate. Si punta su tavoli verdi virtuali, si gioca a poker con altri utenti connessi, si tenta la sorte con le slot machine comodamente da casa o si fa una partita di blackjack online. Secondo gli ultimi dati, gli utenti del gioco d’azzardo online usano soprattutto i dispositivi portatili, poiché possono giocare ovunque e avere accesso immediato alle opzioni di scommessa. Basti pensare che sono in molti quelli che inseriscono queste piattaforme tra i tipici giochi da fare in viaggio. È difficile prevedere il futuro del gioco d’azzardo. Gran parte dell’interesse dei giocatori al momento è rivolta al mercato dei giochi per dispositivi mobili, con i casinò online che si aggiornano e si evolvono per dare nuovi contenuti e potenziare le loro applicazioni. La tecnologia della realtà virtuale sta muovendo i suoi primi passi, e forse in futuro potremmo sederci attorno un tavolo da poker virtuale con il nostro gruppo di amici provenienti da tutto il mondo, con cui condividere risate se l’altro giocatore sta bluffando da una semplice smorfia del viso, tutto comodamente da casa nostra. Ma torniamo alla storia del gioco. I romani, si sa, sono giocatori nati. A volte esagerati ma difficilmente si può trovare un romano a cui non piaccia rischiare, giocare, giocarsi anche, semplicemente una birra a testa o croce.

Questa passione o predilezione nasce da lontano, infatti i giochi d’azzardo nell’antica Roma erano centralissimi. E sono moltissime le testimonianze di giochi d’azzardo nell’antichità, non solo a Roma, dall’Antico Egitto alla Grecia, dall’India al Giappone. Affreschi, scritti, vasi, leggende, disegni, muri, ci dicono questo. Da migliaia di anni il gioco d’azzardo tiene ancora botta. Nell’antica Roma già il famoso detto Panem et circenses (Pane e giochi) già rende l’idea di quanto fossero importanti. Su ogni lotta dei gladiatori si scommetteva, su ogni corsa dei carri si scommetteva. I posti dove si svolgevano i giochi erano le case private, ma anche i retrobottega di osterie e locande, dopo un po’ di anni si trasferirono in vere e proprie case da gioco, i primi casinò, chiamati «tabernae lusoriae». I giochi più popolari erano quelli semplici, che si potevano fare in ogni momento. Quelli con i dadi, o con piccole ossa degli arti posteriori degli animali. A elencare i giochi ci fu anche una legge, la «lex tabularla» di età repubblicana, in cui si elencano i giochi proibiti, tra cui: Navia aut capita (testa o croce), Tali (astragali), Tesserne (dadi), Digitus micare (morra), Parva tabella lapillis, Ludus Latruncolorum (dama con la tavola a scacchiera e pedine), Duodecim Scripta (a dodici righe, anch’esso con una tabula lusoria e pedine). Il gioco Navia aut capita, il nostro attuale testa o croce, si scommetteva anche sulla proposta del lato. Le monete dell’epoca avevano su un lato una nave e sull’altro la testa del dio Giano, da qui «navi o teste». I dadi, o tesserne, invece erano a sei facce ed erano fatti in osso, avorio, legno o metallo. I romani ci andavano in giro con la cordicella legata alla cintura per tirarli fuori quando volevano. Uno dei giochi d’azzardo più amati però erano gli astragali, potevano essere fatti di un osso della zampa di ovino, terracotta, marmo, avorio, piombo, bronzo, argento e persino oro, dipendentemente da quanto era ricco il proprietario. Avevano quattro facce e venivano usati in maniera diversa: 0 ci si prediceva il futuro, o come un dono alle divinità. Quattro o cinque astragali venivano lanciati nell’aria con lo scopo di raccoglierne più possibili con il dorso della mano, ottenendo un punteggio favorevole. Il giocatore più fortunato era «il colpo di Venere», il più sfigato «il colpo di cane». C’erano anche gli antenati degli scacchi, Latrunculi, un gioco che comprendeva l’uso di pedine bianche e nere e della «tabula fusoria», ovvero la tavola fatta in legno più o meno pregiato, marmo 0 vetro decorato. Ci voleva abilità logica e strategica, ognuno aveva un esercito guidato da un comandante che doveva conquistare l’avversario opposto. E non mancava l’antesignano del backgammon, il Duodecim scriptorum, non altro che sorpassare le pedine avversarie per portarle alla parte opposta della tavola. Insomma, nell’antica Roma come nella Roma moderna tutti giocavano, anche se spesso fuorilegge. Molti erano costretti a pagare multe. Non erano invece vietate le scommesse con il denaro, tanto è vero che anche gli imperatori erano grandi giocatori. Nerone giocava sempre, Augusto perse 20.000 sesterzi in un giorno, Claudio aveva un carro adattato a sala da gioco. Oggi come allora il banco vince sempre. Cosa dovrebbero fare ora i bookmakers di diverso da quello che facevano nell’antica Roma? Con le tecnologie moderne le opzioni sono tante. È più difficile immaginare cosa farebbero i bookmaker e come faremmo tutti noi, se improvvisamente ci trovassimo nell’antica Roma.