(di Mauro della Porta Raffo, Presidente onorario della Fondazione Italia USA) Varese, prime ore del mattino del giorno di un declinante novembre dedicato dalla Chiesa a San Banban di Lethglenn.
1)
Ricordate quanti erano i candidati democratici alla nomination?
È nel 2015, in vista del voto novembrino dell’anno successivo, che in campo repubblicano i candidati alla investitura sono diciassette e tra loro prevale Donald Trump.
Un record che viene ritenuto difficile da battere e che invece è ‘stracciato’ dall’Asinello subito, in questo 2020.
All’incirca una dozzina in più, difatti, nel complesso i pretendenti sui quali Joe Biden ha avuto la meglio.
(Undici, altresì, i dibattiti televisivi interni, il primo in data 26 giugno 2019 e l’ultimo il 15 marzo 2020).
Conviene qui farne memoria perché un sia pure in non pochi casi piccolissimo contributo è stato dato da tutti costoro.
Per cominciare, ecco quanti si sono ritirati nel corso della campagna Caucus/Primarie, aperta il 3 febbraio in Iowa con il primo voto.
Michael Bennett
Michael Bloomberg
Pete Buttigieg
Tulsi Gabbard
Amy Klobuchar
Deval Patrick
Bernie Sanders
Tom Steyer
Elizabeth Warren
Andrew Yang.
Poi, quanti hanno deciso di uscire dalla competizione prima addirittura che prendesse con le citate consultazioni Stato per Stato il via:
Cory Booker
Steve Bullock
Julian Castro
Bill de Blasio
John Delaney
Kirsten Gillibrand
Mike Gravel
Kamala Harris
John Hickenlooper
Jay Inslee
Wayne Messam
Seth Moulton
Richard Ojeda
Beto O’Rourke
Tim Ryan
Joe Sestak
Erwin Swalwell
Marianne Williamson.
Per quanto ufficialmente Biden abbia ricevuto la nomination al Congresso (virtuale, online, per la pandemia in atto) il 19 agosto, è con l’abbandono della maratona da parte di Bernie Sanders (8 aprile) che ha assunto la posizione non controvertibile di ‘candidato in pectore’.
Al fine di fissare quanto a lungo, sia pure non ufficialmente, è durata la campagna elettorale fra democratici va qui da ultimo rammentato che il primo tra gli esponenti del partito infine vincitore a dichiararsi in corsa è stato John Delaney, a fine luglio del 2017.
2)
Storicamente, una novità la sconfitta di Donald Trump
- La mancata conferma alla Casa Bianca di Donald Trump è da un particolare punto di vista storico ‘nuova’.
Guardando difatti alle occasioni che dal dopoguerra hanno portato a un consimile risultato, ogni volta – e non quanto al tycoon – il Presidente dipoi defenestrato si era trovato ad affrontare un contendente alla nomination interno al partito (di ‘peso’ personale o di una consistenza dovuta alle circostanze).
Harry Truman – chissà se effettivamente motivato a provarci ancora (era ‘sopravvissuto’ alla sfida del Grand Old Party contro tutte le aspettative nel 1948) – nel 1952, lasciò subito dopo avere constatato l’esito iniziale favorevole (Primarie del New Hampshire) della candidatura a lui alternativa di Estes Kefauver.
È nel 1968 la successiva rinuncia da parte di un Capo dello Stato in grado di affrontare una seconda elezione (nel 1951 era entrato in vigore l’Emendamento che ne impediva altre).
Fu Lyndon Johnson il desso.
Sotto schiaffo in politica estera (il drammatico Vietnam era un impegno che certamente non poteva trascurare e lo travolgeva), inopinatamente sfidato da subito da Eugene McCarthy, il successore di John Kennedy lasciava la competizione il 31 marzo.
È nel 1976 che la questione si traferisce in casa repubblicana.
Incumbent è Gerald Ford (peraltro, inquilino mai eletto colà paracadutato da uniche circostanze e da due dimissioni: dapprima di un Vice e poi del Presidente!).
Forte e finita negativamente per pochissimo solo in sede di Convention la sfida che gli porta Ronald Reagan.
Certo è che – come nei due casi poco fa rammentati – Ford a novembre perde.
Nel seguente 1980, determinata e soprattutto nelle prime fasi di notevole successo la chiamata alle armi dei democratici critici quanto a Jimmy Carter operata da Ted Kennedy.
Si arenerà sul più bello il ‘terzo’ esponente della potente famiglia politica democratica del Massachusetts.
E come va a finire se non male nelle urne l’ex Governatore della Georgia.
L’ultimo uomo in questa panoramica insediato alla Executive Mansion al quale – prima di Donald Trump – non riesce il bis, è, nel 1992,
George Herbert Bush.
Alla fine, vinse, tra Caucus e Primarie, tutti i confronti ma il fatto che l’esponente conservatore Pat Buchanan avesse avuto un buon successo (ancora nel New Hampshire) ebbe ad incidere.
(Le votazioni 1992 devono essere però sempre considerate particolari dato che un terzo indipendente, Ross Perot, scese in lotta ottenendo dal punto di vista del voto popolare un risultato eccezionale, in larga misura a danno del primo Bush).
Si constata alla luce di questi accadimenti la nelle primissime righe indicata novità trumpiana.
Nessuno lo ha affrontato – non è di certo stata una cosa seria l’opzione Bill Weld, non sia mai – ed ha perso ugualmente.
Ma c’è qualcuno che seriamente ritenga che il Covid, la pandemia, non abbiano operato contro Trump infinitamente più fortemente di un in realtà inesistente avversario interno per la nomination?
3)
Il presente e il determinato futuro.
- È a far data (23 novembre) dalla comunicazione (il testo a pie’ di pagina nelle annotazioni) ufficialmente inviata a Joe Biden da Emily Murphy, capo della competente General Administration Service, che – superando i lunghi momenti nei quali, senza altro fondamento se non le del tutto a tal fine insignificanti conclusioni dei media – inizia il previsto Periodo di Transizione al quale, obtorto collo, un comunque ancora riottoso Trump sembra essersi rassegnato.
Le prossime determinate strade da percorrere per arrivare infine alla conclusione di una campagna che resterà nella Storia per infiniti motivi (v’è chi ne dubiti?) sono: - la riunione del Collegio Elettorale fissata al 14 dicembre (“il primo lunedì dopo il secondo mercoledì” dell’ultimo mese dell’anno nel quale vengono aperte le urne) nel corso della quale i cinquecentotrentotto Grandi Elettori – quali indicati dagli Stati il precedente giorno 8 – voteranno per il Presidente
- il giorno (normalmente il 6 gennaio) nel quale il nuovo Congresso ratificherà i verbali collegiali ricevuti
- il 20 gennaio allorquando, alle ore 12 di Washington, avranno luogo l’Insediamento, il Giuramento sulla Bibbia e il pronunciamento da parte dell’a quel punto da qualsiasi punto di vista ufficialmente in carica quarantaseiesimo Presidente Americano.
Annotazioni.
-Quando ha preso il via il processo di Transizione.
Segue il testo originale (seguito dalla traduzione) del messaggio inviato a Joe Biden da Emily Murphy, Amministratrice del General Services Administration (GSA) in conseguenza del quale ha preso il via il Processo di Transizione:
“As the administrator of the U.S. General Services Administration, I have the ability under the Presidential Transition Act of 1963 as amended, to make certain post-election resources and services available to assist in the event of a presidential transition.
See 3 U.S.C. § 102 note (the “Act”).
I take this role seriously and, because of recent developments involving legal challenges and certifications of election results, am transmitting this letter to make those resources and services available to you.
I have dedicated much of my adult life to public service, and I have always strived to do what is right.
Please know that I came to my decision independently, based on the law and available facts.
I was never directly or indirectly pressured by any Executive Branch official—including those who work at the White House or GSA—with regard to the substance or timing of my decision.
To be clear, I did not receive any direction to delay my determination.
I did, however, receive threats online, by phone, and by mail directed at my safety, my family, my staff, and even my pets in an effort to coerce me into making this determination prematurely.
Even in the face of thousands of threats, I always remained committed to upholding the law.
Contrary to media reports and insinuations, my decision was not made out of fear or favoritism. Instead, I strongly believe that the statute requires that the GSA Administrator ascertain, not impose, the apparent president-elect.
Unfortunately, the statute provides no procedures or standards for this process, so I looked to precedent from prior elections involving legal challenges and incomplete counts.
GSA does not dictate the outcome of legal disputes and recounts, nor does it determine whether such proceedings are reasonable or justified.
These are issues that the Constitution, federal laws, and state laws leave to the election certification process and decisions by courts of competent jurisdiction.
I do not think that an agency charged with improving federal procurement and property management should place itself above the constitutionally based election process.
I strongly urge Congress to consider amendments to the act.
As you know, the GSA administrator does not pick or certify the winner of a presidential election. Instead, the GSA Administrator’s role under the Act is extremely narrow; to make resources and services available in connection with a presidential transition.
As stated, because of recent developments involving legal challenges and certifications of election results, I have determined that you may access the post-election resources and services described in Section 3 of the Act upon request.
The actual winner of the presidential election will be determined by the electoral process, detailed in the Constitution.
Section 7 of the Act and Public Law, 116-159, dated October, 1 2020, which provides continuing appropriations until December 11, 2020 makes $6,300,000 available to you to carry out the provisions of Section 3 of the Act.
In addition, $1,000,000 is authorized, pursuant to Public Law 116-159, to provide appointee orientation sessions and a transition directory.
I remind you that Section 6 of the Act imposes reporting requirements on you as a condition for receiving services and funds from the GSA.
If there is anything we can do to assist you, please contact, Ms. Mary D. Gilbert, the Federal transition coordinator.
Sincerely,
Emily W. Murphy”
Traduzione:
“”In qualità di amministratore della U.S. General Services Administration, ho la possibilità, ai sensi del Presidential Transition Act del 1963 e successive modifiche, di rendere disponibili alcune risorse e servizi post-elettorali per assistere in caso di transizione presidenziale. Vedi 3 U.S.C. § 102 nota (la “Legge”).
Prendo sul serio questo ruolo e, a causa dei recenti sviluppi che riguardano le contestazioni legali e le certificazioni dei risultati elettorali, vi trasmetto questa lettera per mettervi a disposizione tali risorse e servizi.
Ho dedicato gran parte della mia vita adulta al servizio pubblico e mi sono sempre sforzata di fare ciò che è giusto.
Sappiate che ho preso la mia decisione in modo indipendente, sulla base della legge e dei fatti disponibili.
Non sono mai stata messa sotto pressione direttamente o indirettamente da nessun funzionario dell’Executive Branch – compresi quelli che lavorano alla Casa Bianca o alla GSA – per quanto riguarda la sostanza o la tempistica della mia decisione.
Per essere chiari, non ho ricevuto alcuna indicazione per ritardarla.
Tuttavia, ho ricevuto minacce online, per telefono e per posta, dirette alla mia sicurezza, alla mia famiglia, al mio staff e persino ai miei animali domestici, nel tentativo di costringermi a prendere questa decisione prematuramente.
Anche di fronte a migliaia di minacce, sono sempre rimasta impegnata a sostenere la legge.
Contrariamente a quanto riportato dai media e alle insinuazioni, la mia decisione non è stata presa per paura o per favoritismo.
Credo invece fermamente che lo statuto richieda che l’amministratore della GSA accerti, e non imponga, l’apparente Presidente eletto.
Sfortunatamente, lo statuto non prevede procedure o standard per questo processo, quindi ho guardato ai precedenti che prevedevano contestazioni legali e conteggi incompleti.
La GSA non detta l’esito delle controversie legali e dei conteggi, né determina se tali procedimenti siano ragionevoli o giustificati.
Si tratta di questioni che la Costituzione, le leggi federali e le leggi statali lasciano al processo di certificazione elettorale e alle decisioni dei tribunali di giurisdizione competente.
Non credo che un’agenzia incaricata di migliorare gli acquisti federali e la gestione della proprietà debba porsi al di sopra del processo elettorale basato sulla Costituzione.
Esorto vivamente il Congresso a prendere in considerazione emendamenti alla legge.
Come sapete, l’amministratore della GSA non sceglie o certifica il vincitore di un’elezione presidenziale.
Al contrario, il ruolo dell’amministratore della GSA ai sensi della legge è estremamente limitato; rendere disponibili risorse e servizi in relazione a una transizione presidenziale.
Come già detto, a causa dei recenti sviluppi che riguardano le contestazioni legali e le certificazioni dei risultati delle elezioni, ho stabilito che potete accedere alle risorse e ai servizi post-elettorali descritti nella Sezione 3 della legge su richiesta.
Il vincitore effettivo delle elezioni presidenziali sarà determinato dal processo elettorale, specificato nella Costituzione.
L’articolo 7 della legge e della legge pubblica 116-159 del 1° ottobre 2020, che prevede stanziamenti continui fino all’11 dicembre 2020, mette a vostra disposizione 6.300.000 dollari per l’attuazione delle disposizioni dell’articolo 3 della legge.
Inoltre, $ 1.000.000.000 è autorizzato, ai sensi del Public Law 116-159, a fornire sessioni di orientamento per gli incaricati e un elenco di transizione.
Le ricordo che la Sezione 6 della legge le impone obblighi di rendicontazione come condizione per ricevere servizi e fondi dalla GSA.
Se c’è qualcosa che possiamo fare per assisterla, la prego di contattare la signora Mary D. Gilbert, il coordinatore federale per la transizione.
Cordiali saluti,
Emily W. Murphy”