«Appare prioritario salvaguardare quei luoghi che nel corso della pandemia hanno rappresentato il principale canale di contagio e diffusione del virus, quali a titolo esemplificativo gli ospedali e i presidi residenziali per anziani. A tal fine si potrebbe prevedere in questa prima fase di somministrare il vaccino direttamente nelle strutture ospedaliere e, tramite unità mobili, nei presidi residenziali per anziani». È quanto si legge nel Piano per i vaccini anti-Covid (lo trovate qui) che il commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri, ha inviato ai presidenti delle Regioni, e per conoscenza ai ministri della Salute e degli Affari Regionali. I primi vaccini, ha chiarito, «potrebbero essere disponibili già a partire dai primi mesi del prossimo anno».
Prime dosi da fine gennaio 2021
In particolare «il vaccino Pfizer, il cui iter di validazione sembra essere a oggi il più avanzato, permetterebbe all’Italia di disporre già da fine gennaio 2021 di circa 3,4 milioni di dosi da somministrare a 1,7 milioni di persone. È necessario, pertanto, scegliere il target di cittadini a cui somministrare le prime dosi disponibili», ha detto Arcuri, da poco nominato responsabile del piano operativo per la distribuzione dei vaccini nel nostro Paese.
La distribuzione su larga scala della seconda fase
Per gli altri vaccini in arrivo, destinati, invece, a tutte le altre categorie di cittadini, «saranno previste modalità differenti di somministrazione, in linea con la ordinaria gestione vaccinale, attraverso una campagna su larga scala (ad esempio con il sistema del drive-through, già utilizzato per i tamponi, ndr) a partire dalle persone con un elevato livello di fragilità». Nel documento inviato ai governatori, Arcuri ha — infine — chiesto alle Regioni di inviare, entro il 23 novembre prossimo, la tabella con numero e denominazione di ospedali e Rsa. Per ogni presidio ospedaliero così individuato è necessario indicare «il numero di personale operante al suo interno, a qualunque titolo; il numero di personale sanitario e sociosanitario operante nel territorio, che potrà raggiungere il presidio ospedaliero in non più di 30-60 minuti; la disponibilità al loro interno di congelatori» con caratteristiche tali da consentire la conservazione del siero e il «relativo volume di spazio disponibile».
Silvia Morosi, Corriere.it