(di Tiziano Rapanà) Dobbiamo dire addio alla sala cinematografica? Non ne ho idea. Non sono un nostalgico, mi stanno bene i vari Netflix, Timvision e Amazon. Guardo quello che mi pare, senza dover subire la dittatura del palinsesto. Il cinema in sala è un’altra cosa, per carità, l’emozione data dalla visione con il maxischermo… cose risapute. Ma i film non li voglio vedere ad orari già prestabiliti, dovendo condividere la sala con perfidi sgranocchiatori di pop corn. Meglio lo streaming, anche se penso che non si possa fare a meno delle sale che proiettano i film d’autore. Come il Cinemino in quel di Milano o il mitico Azzurro Scipioni nel quartiere Prati in Roma. Dell’Azzurro non conservo un buon ricordo, il film non mi era piaciuto e in più quel giorno non c’era nemmeno Silvano Agosti, il mitico regista e proprietario del cinema, con cui fare quattro chiacchiere. Ma guai a toccarmi questi presidi permanenti della cultura. Il nuovo dpcm ha chiuso questi luoghi di preservazione dell’arte. Non discuto un decreto imperfetto, ma tristemente necessario data la situazione. Purtroppo la pandemia sta ferendo il mondo della sala cinematografica. È presto per dire se i colpi inferti siano mortali, ma la crisi c’è. Che ne sarà del cinema d’autore? Le piattaforme accoglieranno la creatività liberà ed indipendente? Temo di no. Giunto a questo punto, mi chiedo: esiste una soluzione che salvi il cinema indipendente dalle macerie del presente? Io non so rispondermi e non so fare delle proposte atte alla salvazione. Sono un tifoso moderato e paradossalmente diffidente del mondo dello streaming. Credo nel cinema di qualità e temo per questa evoluzione tecnologica, che sta cambiando lo schema di abitudini dei cittadini.