E’ Macerata la città d’Italia che registra il maggior rincaro annuo per quanto riguarda le scuole materne ed elementari. La città marchigiana segna un rialzo record rispetto a settembre 2019 del 13,2%. Al secondo posto Cosenza con un incremento del 10%, al terzo Belluno, +8,1% l’aumento annuo. Seguono Venezia al quarto posto, +6,2%, Ascoli Piceno (+6,1%), al sesto Bolzano (+6%), poi Cagliari (+5,8%) e Trento (+4,8%). E’ quanto emerge dalla classifica stilata dall’Unione Nazionale Consumatori che ha elaborato i dati Istat dell’inflazione di settembre. “Un dato presumiamo legato anche all’emergenza Covid e alla necessità di dover rispettare i vari protocolli in materia di distanziamento e sanificazione, ma che purtroppo finisce per gravare sulle famiglie già in difficoltà. Se a questo si aggiunge che in molti istituti è spuntata l’illegittima clausola Covid, ossia le famiglie, pena l’esclusione, hanno dovuto firmare un contratto nel quale si impegnano a pagare l’intero anno anche qualora la scuola dovesse chiudere per nuove emergenze sanitarie, il quadro è completo” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
Nella parte bassa della classifica, la città più virtuosa è Lecco, dove c’è un ribasso del 2%, segue Ancona, -1,4% e al terzo posto Bergamo, -1,3%. Solo 4 città sono in deflazione (Sassari, -0,2%).
In media nazionale i prezzi della scuola dell’infanzia ed istruzione primaria salgono dell’1,6%. A livello regionale, la regione peggiore, tanto per cambiare, è il Trentino, +5,9% il rincaro dal settembre 2019, segue la Calabria, +5,3% e sul gradino più basso del podio le Marche, +4,8%. Le regioni migliori, con una variazione nulla, Abruzzo e Basilicata.