Sacra Sindone: a Piacenza ora c’è una sua reliquia. È stata donata dalla Santa Sede alla parrocchia della Santissima Trinità. E in questo periodo alla Sindone viene dedicata una una mostra. L’iniziativa, col patrocinio del Comune, è sempre della parrocchia della Santissima Trinità e ha luogo presso il suo oratorio. Per visitare la mostre dal titolo “L’uomo della Sindone” c’è tempo fino al 4 ottobre. E si tratta di un’ottima occasione per fare, ovvero approfondire, la conoscenza di questo monumento della pietà cristiana ormai plurisecolare.
Ma qual è la storia della Sindone? Quale lo stato delle conoscenze scientifiche al suo riguardo? E, ancora: che ruolo riveste in chiave ecclesiale il tipo di culto che le viene riservato? Addentriamoci in questi suggestivi meandri, prendendo spunto dall’iniziativa piacentina.
Da Goffredo di Charny a Clemente VII
La Sindone è attualmente conservata nel duomo di Torino. La sua proprietà è riconosciuta in capo alla Santa Sede. L’arcivescovo del capoluogo piemontese ne è il custode a nome del Papa. L’approdo torinese della celeberrima e maestosa icona della sofferenza risale alla fine del XVI secolo, quando i Savoia traslano da Chambéry al Piemonte la capitale del loro ducato. Da allora, a parte due trasferimenti precauzionali (nel 1706 a Genova, causa l’assedio francese di Torino e durante la Seconda guerra mondiale in Campania, presso il santuario di Montevergine), la Sindone non è stata più spostata.
A Casa Savoia essa era pervenuta, naturalmente, per via francese. La prima notizia relativa al sacro telo risale al 1353, quando il cavaliere Goffredo di Charny la dona alla chiesa di Lirey, nel Grand Est francese. Con la convinzione, ovviamente, che fosse il telo con cui era stato avvolto il corpo del Cristo deposto dalla croce. Ma sin da subito la pertinenza della reliquia alla passione di Gesù è stata contestata. Al punto che sullo scorcio del secolo l’antipapa Clemente VII (riconosciuto però legittimo oltralpe) ne consente l’ostensione a condizione che se ne dichiari la natura di dipinto. La Sindone è stata venduta ai Savoia a metà del ‘400 da un’erede di Goffredo.
Sindone e Costituzione
Nel frattempo, la Santa Sede (superato lo scisma d’Occidente) autorizza il culto pubblico del telo, con Messa ed Ufficio propri (Giulio II, 1506). Nel 1532, però, la Sindone patisce serie conseguenze dall’incendio scoppiato nella cappella di Chambéry dove veniva custodita. La sua veste attuale, cucita su una tela di rinforzo, si deve alla riparazione operata dalle suore Clarisse dell’allora capitale sabauda e al recentissimo restauro del 2002.
Per arrivare ai giorni nostri, l’ex re d’Italia Umberto II ha legato la Sindone alla Santa Sede, trasferendogliene così la proprietà per testamento (1983). Alcuni giuristi, però, obiettano che tale atto di disposizione dovrebbe ritenersi nullo, ai sensi della XIII disposizione transitoria della Costituzione repubblicana. Secondo quest’opinione, il sacro telo di lino (441 cm x 111) sarebbe di proprietà della Repubblica Italiana: dubitiamo però che, se anche dovesse essere vero, quest’ultima intenda rivendicarlo.
Carbonio-14 e datazione medievale
Veniamo allo stato delle conoscenze scientifiche sulla Sindone. Il discorso sarebbe molto complesso e, per questo motivo, troppo lungo. Qui abbiamo spazio solo per una sintesi. Il mezzo fondamentale per l’attribuzione del reperto alla sua epoca, riconosciuto come tale dallo stesso arcivescovo di Torino cardinale Ballestrero, è l’esame del carbonio-14 effettuato nell’aprile 1988. Tre diversi laboratori (Oxford, Tucson, Zurigo) hanno prelevato un campione a testa del telo del peso di 40 mg, tratti dal medesimo punto della Sindone. Nessun contatto è intercorso fra i tre istituti prima della consegna dei rispettivi responsi.
L’arcivescovo ha comunicato i risultati nel corso di un incontro con la stampa, nell’ottobre dello stesso anno. La datazione radiometrica basata sulle abbondanze relative agli isotopi del carbonio risulta compresa fra il 1260 e il 1390. L’attendibilità del metodo di stima impiegato (intervallo di confidenza) è del 95% e l’approssimazione è pari a 10 anni in più o in meno. Quindi: la Sindone non risale al tempo di Gesù. Il cardinale Ballestrero invitava a non mettere in discussione questi risultati solo perché incompatibili con le “ragioni del cuore”.
Le conclusioni dell’esame del carbonio-14 non sono state ancora confutate con argomentazioni di pari autorevolezza scientifica. Peraltro, anche altri riscontri di carattere storico ed archeologico (relativi, ad esempio, alle modalità di sepoltura) depongono per la non autenticità del reperto rispetto alla Palestina del I secolo della nostra era.
Dobbiamo, però, dare conto di un dato che, pur senza avvalorare la tesi della riferibilità del telo a Gesù di Nazareth, suscita interrogativi. È la scoperta fotografica, ormai abbastanza datata, fatta da Secondo Pia nel 1898 e confermata da Giuseppe Enrie nel 1931. E consiste nel fatto che l’immagine della Sindone, apparendo “in positivo” sul negativo fotografico, è essa stessa un negativo.
La lettura ecclesiale della Sindone
Concludiamo con la posizione della Chiesa in ordine a quest’autentico monumento devozionale. Ufficialmente, essa non si schiera a proposito di un tema, quello dell’autenticità gesuana della Sindone, che non può essere impostato in termini confessionali. L’attribuzione ad un determinato periodo storico, infatti, è questione scientifica, archeologica, paleoantropologica. In una parola, diciamo: culturale. Questo non esclude, ovviamente, che singoli uomini di Chiesa esprimano loro personali convinzioni relative soprattutto alla misteriosità dell’immagine visibile sul telo. Così hanno fatto, fra gli altri, anche i Pontefici Pio XI e san Giovanni Paolo II.
Certo la Chiesa, conservando la Sindone in una cattedrale e promuovendone il culto come si conviene ad una reliquia, ne approva la venerazione da parte dei fedeli. E questo perché ritiene che le impressioni di sofferenza composta e di pace che promanano da essa aiutino a meditare il mistero dell’amore incondizionato di Dio, rivelato in Gesù di Nazareth. È questo che per la Chiesa è sicuramente vero e la Sindone incita a considerarlo.
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