
(di Tiziano Rapanà) Mimmo Corcione è una star del web. Su YouTube, realizza video ricette legate all’antica e nobile tradizione culinaria partenopea. Per me, Corcione rappresenta la bella Napoli borghese ritratta negli strepitosi romanzi di Raffaele La Capria. La Napoli nobile e generosa, certamente diversa dalla Gomorra televisiva. Questa Napoli di Corcione è comunque made in Gaiarine, nel trevigiano, dove da una vita risiede. Mi piace perché è un rustico cuciniere, che preferisce l’istinto alla metodologia. Mimmo è un appassionato che se ne frega del tecnicismo esasperato tipico delle gare dei vari Masterchef e compagnia cucinante. Mimmo è un uomo coerente con il suo obiettivo di divulgare la bellezza della tradizione.
Qual è il segreto del tuo successo?
Do valore alla cucina regionale nostrana, con un occhio particolare per il Sud.
Qual è il tuo piatto preferito?
La pasta alla puttanesca.
Se non erro, in un video, avevi proposto la puttanesca come patrimonio mondiale dell’umanità…
Confermo, è uno dei miei tanti video. Pensa, ieri ho pubblicato la mia millesima ricetta.
Complimenti. A questo punto raccontami i tuoi inizi.
Io nasco Youtuber, quattordici anni fa. Sono stato uno dei primi a portare sulla piattaforma, le video ricette.
Come ti spieghi l’interesse per la cucina tradizionale italiana?
La gente è interessata a conoscere le origini dei piatti che ama di più: come sono nati e come si sono trasformati nel tempo.
A proposito di origini. Spiegami la genesi di uno dei piatti emblematici della tua regione: la pasta alla genovese.
Non è chiara, ci sono varie ipotesi. Alcuni pensano che sia opera di cuochi genovesi di passaggio a Napoli.
Dove sei nato?
A Boscotrecase, alle pendici del Vesuvio.
Qual è il tuo più bel ricordo dell’infanzia?
Da piccolino, mio zio mi portava a vedere il fiume Sarno. Lì tutt’intorno vedevo delle meravigliose coltivazioni di pomodoro San Marzano.
Qual è il posto che ti ricorda abbuffate favolose?
Nella zona del Gargano, Peschici, ho mangiato delle verdure favolose. A Vieste ricordo di aver mangiato dei meravigliosi troccoli con fave e pecorino.
Com’era la tua via pre-YouTube?
Per tanti anni, ho insegnato matematica a scuola. A meta anni ottanta, ho fatto l’informatico per l’Università di Venezia. Mi sono interessato a questi temi e per un periodo ho studiato al MIT di Boston.
A questo punto, ti chiedo una riflessione sull’evoluzione digitale della scuola pubblica.
Hanno fatto la scoperta dell’acqua calda. La didattica a distanza è nata a Venezia nel 1998. Io sono per l’integrazione tra la formazione online con la didattica in presenza.
Come hai vissuto l’isolamento forzato dal coronavirus?
Con tranquillità. Vivo bene in casa.
Com’è il tuo rapporto con Napoli?
Napoli è sempre presente. Lì ci sono ancora tutti gli amici, dei miei tempi antichi da musicista. Peppe Vessicchio è un mio grande amico.
Cosa pensi della cucina molecolare?
È ‘na chiavica.
Una riflessione su Luca Pappagallo, un altro chef noto su YouTube.
È un tipo onesto, spiega molto bene le ricette, è simpatico e porta avanti una cucina “replicabile”.
Chi è il tuo chef di riferimento?
Peppe Guida.
Ti piace Masterchef?
No, ma lo seguo comunque. Sono affetto dalla sindrome di Pasquale, hai presente lo sketch di Totò? Lui pigliava schiaffi, per curiosità. “Chissà ‘sto stupido dove vuole arrivare”, pensava.
Hai un tuo mito o comunque un personaggio che segui con devozione?
Sì. È il grande Eduardo De Filippo.
Perché?
Rappresenta l’animo napoletano nel profondo, che è un misto di commedia e tragedia.
Come vive un napoletano a Gaiarine?
Bene, mi trovo in campagna e non soffro i problemi dell’inquinamento.
Mimmo, prima di salutarci, mi vuoi parlare del tuo passato da musicista?
A Napoli, negli anni sessanta, suonavo in un gruppo. Ci chiamavamo I Patrizi. Facevamo le cover dei Beatles.
Prima degli Shampoo?
No, c’erano già. Sono degli amici, miei coetanei. Ma loro suonavano molto meglio di noi. Per qualità, ci battevano 5 a 0.