Tra poco più di un anno scatterà un nuovo adeguamento per gli importi: tutte le novità. Cosa cambia fascia per fascia
La rivalutazione degli assegni previdenziali è uno dei nodi che presto dovrà sciogliere il governo giallorosso. Non è una questione secondaria ed è forse la più importante nel panorama dei vari ricalcoli che negli ultimi anni hanno coinvolto gli assegni delle pensioni. Per capire cosa ci aspetta bisogna fare un passo indietro.
Come è noto ogni anno l’assegno previdenziale viene rivalutato in base all’inflazione. Ma diversi governi (anche gli ultimi) hanno posto un blocco alla rivalutazione piena degli assegni per esigenze di cassa.
E così fino a fine 2019 la rivalutazione prevista era questa: per le pensioni superiori a 3 volte il minimo e inferiori a 4 la rivalutazione sarà del 97%, del 77% per gli importi tra 4 e 5 volte il minimo, del 52% tra 5 volte e 6 volte il minimo, del 47% oltre 6 volte, del 45 oltre 8 volte e solo del 40% oltre 9 volte il minimo. Con l’ultima legge di Bilancio è stato apportato un ritocco che ha il sapore della mancia. La rivalutazione piena al 100 per cento è stata estesa anche agli assegni fino a 4 volte il minimo. Un ritocchino che ha portato la rivalutazione dal 97% al 100%. Spiccioli nel vero senso letterale della parola. In tutto questo vanno sottolineate le raffiche di ricorsi che sono stati mandati avanti per recuperare gli importi sottratti dallo Stato negli ultimi anni.
Ricorsi che hanno seguito poi parallelamente anche quelli messi sul campo contro il taglio delle pensioni d’oro che ha avrà una durata di ben 5 anni. Su questi due fronti la Consulta potrebbe intervenire e dare il via libera ai rimborsi innescando uno stato d’allerta per le casse dell’Erario. Su questo punto ci ha spiegato come stanno le cose l’avvocato Celeste Collovati dello studio Dirittissimo: “Siamo di fronte a una violazione della Carta che interessa le pensioni più alte (ma che poi alte non sono), e in particolare quelle che vanno dalle sei volte in su il minimo Inps. Gli assegni pari ai 3mila euro lordi circa sono stati colpiti in modo evidente dal blocco rivalutativo. Una vera discriminazione all’interno del mondo dei pensionati”.
E adesso veniamo a quale futuro ci attende proprio per gli assegni. L’ultimo ritocco con aumento è arrivato lo scorso aprile con l’incremento degli importi a rivalutazione piena compresi tra i 1.522 euro e i 2.029 euro lordi mensili.
Tra poco più di un anno queste cifre cambieranno ancora. Scatterà un adeguamento per gli assegni tra i 2.029 e i 2.538 al mese con una rivalutazione al 90 per cento. Il tutto con una variazione che parte dalla rivalutazione precedente al 77 per cento per toccare quella al 90 per cento del 2022. Si tratta anche qui di pochi euro e viene nuovamente messo da parte il diritto dei pensionati di ottenere una rivalutazione piena al 100 per cento indipendentemente dalla quota che incassano. Ma le novità non finiscono qui. Sempre dal 2022, come ricorda il Messaggero, verrà esteso al 75 per cento il tasso di rivalutazione per tutti gli assegni che superano la quota di 2.538 euro. Piccoli ritocchi questi che però non risolvono il problema principale: 9 anni di importi tagliati a colpi di manovre che hanno eroso sempre di più il potere di acquisto dei pensionati. Solo un verdetto in tribunale potrebbe far “regalare” la speranza di recuperare le somme perdute a milioni di pensionati.
Ignazio Stagno, Ilgiornale.it