Benaglia: La contrattazione non può andare in cig, adesso rinnovare il contratto dei meccanici

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La Cisl chiama Roberto Benaglia per rafforzare la categoria dei meccanici. Eletto a larghissima maggioranza dal consiglio generale della Fim, succede a Marco Bentivogli che si è dimesso nelle scorse settimane

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Il suo primo giorno di lavoro da segretario generale della Fim, Roberto Benaglia lo inizia con la visita allo stabilimento di Leonardo a Roma.Il sindacalista è stato eletto a larghissima maggioranza alla guida delle tute blu della Cisl. Succede a Marco Bentivogli che si è dimesso nelle scorse settimane e, fin da subito, connota il suo mandato scendendo in fabbrica. «La contrattazione non può andare in cassa integrazione», dice.

Anche se arriva a trattativa del rinnovo del contratto dei metalmeccanici iniziata, ha le idee molto chiare sull’importanza della contrattazione anche in fase di crisi e dell’unità del tavolo negoziale: «Da soli non si va da nessuna parte», sostiene.

Federmeccanica ha rappresentato ai sindacati una situazione davvero difficile, testimoniata dai dati della produzione e della cassa integrazione. Lei arriva a piattaforma per il rinnovo del contratto già approvata e presentata. Ritiene che ci sia qualcosa da cambiare?

La piattaforma è quella. Non c’è dubbio che dobbiamo allargare il confronto su come rilanciare questo settore che è stato profondamente colpito dalla crisi, dovuta a questa emergenza sanitaria. Io però credo che la contrattazione non possa andare in cassa integrazione. Il confronto deve entrare nel merito, i temi della piattaforma possono essere utili anche per rilanciare il settore.

Il patto per la fabbrica resta un punto di riferimento così come è?

Per noi il patto per la fabbrica non è una camicia di forza che dobbiamo soffrire. Va applicato ma ha bisogno di svilupparsi anche sulle parti normative. Contiene infatti indicazioni su welfare, formazione continua e politiche attive, oltre che sui salari. Su quest’ultimo tema coniuga le regole per la contrattazione dei salari con il fatto che i salari devono crescere.

E la produttività?

Certamente c’è un rapporto con la produttività. Però adesso più che occuparci di architettura contrattuale dobbiamo occuparci di merito contrattuale.

Crede comunque che in questo momento ci siano le condizioni per impostare la trattativa di rinnovo del contratto collettivo nazionale che nel manifatturiero interessa il numero più alto di addetti e imprese? Ci sono molti contratti scaduti, alcuni negoziati avviati ma, fatta eccezione per il contratto ponte dell’alimentare, ancora non ci sono trattative realmente avviate verso la loro conclusione. Come mai?

Sono l’ultimo arrivato, non posso fare una previsione oggi. Ma per il contratto dei metalmeccanici abbiamo una volontà forte di entrare veramente nel merito del negoziato, pur in una condizione difficile.

Il lavoro da remoto è stata una delle maggiori leve di cambiamento di questi mesi. Nel vostro negoziato ritiene che debba esserci spazio per parlare della trasformazione del lavoro da remoto in smart working?

Ci deve essere spazio perchè la grande generalità di imprese che hanno dovuto affrontare l’organizzazione del lavoro da remoto ci chiede regole moderne. Ci vuole più contrattazione in questo momento perché dobbiamo affrontare temi nuovi che fino a poco tempo fa erano sperimentali e oggi sono divenuti di massa. Il lavoro agile è uno di questi e chiaramente non deve essere un cottimo decentrato a casa.

Con questi livelli di produzione e di cassa integrazione teme che dopo il blocco dei licenziamenti possa partire un vortice di vertenze per la riduzione dei posti di lavoro? Che autunno ci aspetta ma soprattutto che cosa dovrebbe fare il paese e non sta invece facendo?

In questo momento la priorità del sindacato è tutelare l’occupazione che però non si difende per decreto. È giusto prolungare gli ammortizzatori ma dobbiamo usare il tempo che ci separa dalla loro scadenza per confrontarci tra sindacati e controparti su come mettere in campo investimenti e supportare le imprese che cercano il rilancio. Non basta rinviare i licenziamenti.

Non trova che siamo in ritardo sulla riforma degli ammortizzatori sociali e sulle politiche attive? Destinare le risorse solo ai sussidi e al sostegno al reddito ci mette momentaneamente al riparo dall’emergenza sociale. E poi dove si va se non si sono fatti gli investimenti giusti, capaci di garantire una prospettiva a imprese e lavoratori?

Sulle politiche attive scontiamo un grave deficit: è un tema di cui si è molto scritto ma che si è praticato poco. Sugli ammortizzatori invece oggi la gravità della situazione chiede qualcosa di eccezionale. Bisogna fare non le riforme sulla carta, ma accompagnare le imprese nel difendere le competenze e rendere occupabili le persone. Questa è la sfida: non possiamo avere solo ammortizzatori che danno reddito ma dobbiamo avere la possibilità di riportare le persone al lavoro e per questo servono investimenti.

Per esempio, a che punto è il tavolo auto?

È stato annunciato ma non ha mai camminato con un adeguato coinvolgimento delle parti sociali. Tra le misure che il governo dovrebbe adottare ci può essere un forte piano di investimenti, non a pioggia ma mirato e di sostegno all’automotive, favorendo il ricambio delle auto nel paese e puntando anche sui tipi di auto più ecologici.

Benaglia quale eredità raccoglie e dove vuole portare la Fim Cisl che è sempre stata una categoria dall’identità molto forte?

Il patrimonio della Fim è sempre stato aperto all’innovazione contrattuale che ha forti valori e cerca sempre di esserci e accompagnare le trasformazioni del lavoro. Dobbiamo andare avanti in questa direzione. Proprio perché la crisi sta colpendo duramente il mondo del lavoro è necessario avere un forte dialogo reciproco con le altre categorie. Nessuno salva i posti di lavoro da solo.

Cristina Casadei, ilsole24ore.com