Nel DEF appena varato, si ipotizza un calo degli occupati nel 2020 del 2,1%: quasi mezzo milione di posti persi in un anno

Lockdown e crollo del PIL, un binomio che va, purtroppo, a braccetto. Se prima della pandemia la situazione era tutto fuorchèrosea, a spegnere qualsiasi velleità di ripresa ci ha pensato il coronavirus e le misure restrittive che ne sono seguite, in vigore da quasi due mesi, che hanno letteralmente affossato la speranza di un rilancio della nostra economia. Sono tutti rigorosamente a segno meno i numeri che scattano la fotografia della situazione:
Si va dal meno 8% prospettato dal Governo al –9,1% del Fondo Monetario Internazionale, fino al –15% decisamente più pessimistico dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio.
Toto numeri a parte, in uno scenario ancora di grandissima incertezza che deve tenere conto anche di una possibile recrudescenza della pandemia, quel che è certo è che l’eredità di cui nostro malgrado dovremo farci carico sarà il più grande calo annuale del prodotto interno lordo nell’intera storia repubblicana.
Come noto, il PIL è da sempre considerato una sorta di termometro sullo stato di salute di un Paese. Tradotto: il “paziente” Italia non se la passa affatto bene.
Se già prima della pandemia, era il lavoro la grossa incognita adesso lo scenario è ancora più preoccupante. Nonostante il Governo abbia più volte rassicurato sul fatto che nessuno avrebbe perso il lavoro, i numeri raccontano un quadro ben diverso. L’Istat, nel corso dell’audizione in Parlamento, ha spiegato che su un totale di oltre 23 milioni di occupati in Italia, poco meno di un terzo – 7,3 milioni – si sono fermati a causa del lockdown. Quando le attività riprenderanno, non tutti torneranno al lavoro. Tante le incognite per le imprese tanto che nel Documento di Economia e Finanza appena varato, si ipotizza un calo degli occupati nel 2020 del 2,1%. Quasi mezzo milione di posti persi in un anno.
Ma non finisce qui. La recessione ormai conclamata impatterà anche sulla tenuta dei conti pubblici. Meno persone al lavoro e meno ricchezza prodotta vorrà dire anche meno tasse versate allo Stato.
Infine, per completare il quadro, in un pericoloso meccanismo di reazione a catena, immediate le ripercussioni sul fronte dei consumi delle famiglie e investimenti delle imprese, destinati inevitabilmente al segno meno.
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