
Oltre la metà dei tirocini a sei mesi dalla conclusione porta a un posto di lavoro. Nel 13,1% dei casi, a offrirlo è la stessa azienda nella quale si è svolto lo stage e si tratta prevalentemente di occupazione stabile, sotto forma di contratti a tempo indeterminato o apprendistato. Per 11 tirocinanti su 100, invece, a sei mesi dal termine del tirocinio si riaprono le porte dello stage. Numeri che salgono considerando gli esiti occupazioni a un anno dalla fine dell’esperienza, quando il 59,4% dei tirocinanti ha un contratto e il 14,4% replica lo stage, portando a oltre il 70% la percentuale di persone che fanno il loro ingresso nel mercato del lavoro. Perché, come spiega il rapporto annuale «Il mercato del lavoro 2019», elaborato da ministero del lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal, se è vero che il tirocinio non è un contratto di lavoro rientra, per obiettivi e funzioni, nella «pluralità di traiettorie di ingresso al mercato».
Il rapporto quantifica in 1 milione e 615 mila i tirocini attivati nel quinquennio 2014-2018, partendo dai 227 mila del 2014 fino ai 349 mila del 2018, con una crescita del 53,9%. A far lievitare i numeri degli stage, l’entrata a regime nel 2015 del programma Garanzia giovani, tanto che la maggior parte dei tirocini attivati nel periodo (il 63,5%) riguarda proprio i giovani tra i 20 e i 29 anni. Le imprese interessate sono state invece quasi 470mila, impegnate in media ad attivare nei cinque anni 3,5 tirocini ciascuna. L’ampliamento del volume delle esperienze e delle persone coinvolte viene spiegata dal Rapporto con la molteplicità di obiettivi a cui il tirocinio risponde, da quelli formativi e di avvicinamento al lavoro a beneficio delle persone, a quelli a favore delle imprese per quel che riguarda la disponibilità di forza lavoro a costi contenuti, una «sorta di reciproco vantaggio».
Per quanto riguarda in particolare i giovani, il rapporto si sofferma sugli effetti del tirocinio quale strumento per facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro delle persone nella fascia di età 15-29 anni. Nel quinquennio considerato, 3 milioni e 401 mila giovani hanno avuto la loro prima esperienza lavorativa: di questi solo il 17,5% lo ha fatto con un tirocinio extracurriculare. Tra questi, nel 27% dei casi la prima esperienza ha visto lo svolgimento di attività lavorative caratterizzate da livelli di competenza medio-alti o alti, valore che, sottolinea il Rapporto, attesta una maggiore qualificazione dell’attività rispetto a quanto avviene con i primi ingressi regolati da rapporti a tempo indeterminato, determinato o apprendistato. Confrontando poi i giovani alla prima esperienza con quelli di età corrispondente che avevano maturato almeno una esperienza di lavoro, il Rapporto certifica che i secondi hanno più chance per il successivo inserimento al lavoro: chi è alla prima esperienza continua a mantenere uno svantaggio rispetto a chi accede alla misura del tirocinio dopo aver già lavorato e che probabilmente hanno portato a termine l’esperienza incrementando e moltiplicando il bagaglio di competenze tecniche e soft skill già acquisite.
Anna Linda Giglio, ItaliaOggi Sette