I finanzieri del Comando provinciale di Vicenza hanno sequestrato disponibilità finanziarie, quote societarie ed un bene immobile per un valore complessivo di circa 1,9 milioni di euro ad una società vicentina operante nel settore del commercio all’ingrosso di bevande e generi alimentari e al suo amministratore pro tempore ed attuale liquidatore.
In particolare, le indagini dei militari del Nucleo di Polizia economico-finanziaria del capoluogo veneto, coordinati dalla procura, hanno accertato la “predisposizione di un meccanismo di frode all’Iva, portando alla luce elementi di prova sottostanti ad una frode fiscale in cui è risultata coinvolta l’amministratore (Z.L., 58 anni) di una società di capitali vicentina”. L’indagata è accusata di “avere indicato, nelle dichiarazioni Iva, fatture per operazioni commerciali, per un valore imponibile di oltre 18 milioni di euro, emesse come non imponibili in ragione di false dichiarazioni d’intento rilasciate da nove imprese clienti, localizzate sul territorio nazionale e rivelatesi essere delle mere ‘cartiere’ e, dunque, falsi ‘esportatori abituali’, ossia soggetti giuridici ai quali la legge consente di acquistare dai propri fornitori in regime di esenzione Iva per effetto di vendite effettuate all’estero in ‘reverse charge'”. I risconti oggettivi effettuati in seno alle varie società hanno messo in luce una serie di “elementi idonei ad attribuire ai cessionari della società indagata il ruolo di società ‘cartiera’: l’assenza di dipendenti, la presenza di numerose pendenze tributarie, la mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali, l’omessa comunicazione di operazioni effettuate con soggetti esteri, l’indicazione di indirizzi palesemente fittizi in quanto inidonei a fungere da sede di società effettiva”. Le fiamme gialle hanno documentato come la donna, per evitare contestazioni fiscali e penali, avesse “strumentalmente precostituito una sorta di ‘protocollo aziendale interno’ che prevedeva la compilazione di doppi documenti di trasporto, uno dei quali da conservare nella contabilità aziendale e l’altro da utilizzare per il trasporto della merce, privo di qualsiasi riferimento all’impresa, così da eludere eventuali controlli su strada”. La società, con questo trucco contabile, avrebbe omesso di dichiarare un debito Iva nei confronti dell’erario di circa 4 milioni di euro, scaturente dalla vendita sul mercato italiano di bevande alcoliche e non e di prodotti per l’igiene, ceduti formalmente alle citate società fittizie. Il provvedimento di sequestro preventivo e’ stato emesso in relazione all’ipotesi di reato di “dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici” ed è stato eseguito attraverso il vincolo di disponibilità finanziarie presenti su 12 conti correnti bancari, di quote societarie e di un immobile. La successiva istanza di riesame proposta dall’indagata contro il sequestro preventivo è stata rigettata dal Tribunale di Vicenza. Respinto dalla Cassazione anche il successivo ricorso.