Gli ultimi anni del leader del Partito socialista sono tornati di attualità grazie al film
MARCELLO SORGI RICOSTRUISCE GLI ULTIMI GIORNI DI BETTINO CRAXI
(di Cesare Lanza per Il Quotidiano del Sud) Marcello Sorgi (Palermo, 31 marzo 1955) al Teatro Franco Parenti di Milano ha presentato “Presunto colpevole. Gli ultimi giorni di Craxi” (Einaudi). Mario Ajello ha scritto su ‘Il Messaggero’: «Ci furono o non ci furono le influenze degli Stati Uniti sui giudicidi Mani pulite e sull’inchiesta che portò alla liquidazione di Craxi? Molti socialisti hanno sempre pensato e detto di sì. Prendendosi spesso l’etichetta di cospirazionisti. Eppure, leggendo le carte della Cia e mettendo insieme con la tecnica dello storico sperimentato i vari documenti e i tasselli riguardanti l’epilogo di Bettino, Marcello Sorgi, che non è certo un dietrologo, offre nuovi spunti di ragionamento e particolari trascurati o sconosciuti su questa vicenda.
DIETRO LE INDAGINI DI MANI PULITE CI FU LO ZAMPINO AMERICANO?
“Che qualcosa ci sia stato, e il lavoro dei pm di Mani pulite abbia potuto essere monitorato dall’occhio attento degli osservatori Usa, questo è sicuro”: così scrive Sorgi, nel suo bel libro. […] È intrigante la riflessione, condotta con lo sguardo del cronista e senza svolazzi politologici, sui destini paralleli di Craxi e Moro, sulle due trattative fallite per liberarli. Gennaro Acquaviva che sorprende Craxi in lacrime – mentre sta leggendo la lettera dalla “prigione del popolo” in cui Moro gli chiede di attivarsi per la liberazione – è una scena forte del libro. Così come lo sono quelle contenute nelcapitolo “La Cia in casa”. Leggendo queste pagine, non si riesce a credere che Tangentopoli possa essere stata soltanto il frutto di un’inchiesta giudiziaria, per quanto molto potente. Senza il concorso di fattori internazionali, non si azzera una classe dirigente, non si destabilizza il Paese. Ecco, allora, il racconto degli intrecci tra i magistrati della Procura di Milano e il consolato americano a Milano guidato da Peter Semler. O quanto aveva scritto Daniel Serwer, incaricato d’affari presso l’ambasciata americana a Roma, in un dispaccio inviato a Washington nel ’93, sulla base di informazioni ricevute da parte di magistrati di Milano: “Si dice che un protagonista dell’inchiesta potrebbe essere un pupazzo manovrato dagli Usa”. Probabilmente il riferimento è a Di Pietro. E ancora Serwer, in un’intervista molto successiva: “I politici che cadevano, Andreotti, Craxi, Martelli, erano nostri amici, ma non facemmo nulla per proteggerli. L’impressione generale è che fosse venuta l’ora di ripulire le cose”. Di più: “Se Di Pietro ci avesse chiesto aiuto glielo avremmo dato,nell’ambito di ciò che consentivano le nostre leggi”.
ESAMINATI I RAPPORTI DI DI PIETRO CON UNA LISTA DI PERSONE E INDIZI
I rapporti tra Di Pietro e il console Semler erano stati fitti sia prima che nella fase calda dell’inchiesta. Alla fine del ’91, il pm aveva anticipato alconsole l’arresto di Mario Chiesa e praticamente gli aveva predetto tutto il cataclisma che stava per accadere. “Mi disse –ha raccontato l’amico americano –che le indagini avrebbero raggiunto la Dc e Bettino Craxi”. Il plot che Sorgi, senza arrivare a giudizi sommari, riesce a costruire è fatto di visite e incontri tra Di Pietro e Semler, si avvale delle testimonianze cruciali dell’ex ambasciatore Reginald Bartholomew e contiene le azioni dell’agente segreto Stolz e di altri specialisti della Cia, che operano inItalia conparticolare attitudine nel campo del “regime change”. E la lista degli indizi e dei personaggi,su cuiSorgi lavora non per gridare al complotto ma per sviscerare la complessità della storia, è piuttosto lunga e articolata. […] Di sicuro la pistola fumante dell’eliminazione di Bettino nelle mani americane non è stata trovata, ma gli indizi che portano a credere che potesse esserci erano e restano tanti. E Sorgi ci gioca, senza nulla togliere alla tragedia».
MICHELE PARTIPILO A BARI STUDIA LA DEONTOLOGIA DEL GIORNALISMO
Michele Partipilo è nato a Carbonara (Bari) il 7marzo del 1961. Vive e lavora nel capoluogo pugliese. Si è laureato in filosofia discutendo una tesi su Benedetto Croce e l’età barocca. Dal 1986 lavora nella redazione centrale della Gazzetta del Mezzogiorno: inviato con numerosi reportage da Iran, Iraq, Israele, Libano e Siria. Attualmente è
capo redattore centrale della Gazzetta. Dal giugno 1995 al maggio 2007 presidente dell’Ordine dei giornalisti della Puglia. Si occupa in particolare di diritto dell’informazione, deontologia e privacy. Ha curato il volume “I ferri del mestiere – Le regole della professione giornalistica”. Nel 2005 ha pubblicato “Le notizie e la persona, dalla diffamazione alla tutela della privacy”
. L’ONESTÀ! MONTANELLI NE SCRISSE CON ESEMPLARE CHIAREZZA
Cogliamo l’occasione per ricordare ciò che scrisse Indro Montanelli a proposito della deontologia del giornalista: “La deontologia professionale sta racchiusa in gran parte, se non per intero, in questa semplice e difficile parola: onestà. È una parola che non evita gli errori: fanno parte del nostro lavoro. Perché è un lavoro che nasce dall’immediato e che dà i suoi risultati a tambur battente. Ma evita le distorsioni maliziose quando non addirittura malvagie, le furbe strumentalizzazioni, gli asservimenti e le discipline di fazione odi clan dipartito… Un giornalista che si attenga a questa regoletta potrà senza dubbio sbagliare, ma da galantuomo. Gli sbagli devono essere riparati, ma non macchiano chi li ha compiuti. Sono gli sbagli del servilismo e del carrierismo quelli che sporcano”.