Le fatture viaggiano a ritmi lenti e coinvolgono sempre più aziende. Il 40% delle pmi ha riscontrato ritardi, soprattutto nel Nord Est dell’Italia, principalmente in micro imprese che operano nel B2B e nel B2B+B2C, solitamente impegnate nei settori della manifattura e della produzione. Le cifre parlano da sé. Sono quasi 10 mila gli euro persi in media ogni anno dalle pmi per i ritardi nei pagamenti e la conseguente carenza di liquidità.
Le fatture pagate in ritardo, per le pmi, ammontano a circa 17 mila euro all’anno. Somme considerevoli in rapporto alla dimensione delle realtà coinvolte. E ancora: due aziende su cinque ogni giorno si scontrano con un pagamento effettuato oltre i termini.
A delineare il fenomeno è l’indagine condotta da Bva-Doxa per Sap Concur, azienda specializzata in soluzioni tecnologiche per la gestione delle spese (dai viaggi ai rischi, passando per le note), su un campione di 300 intervistati tra imprenditori, dirigenti e responsabili di attività con meno di 250 dipendenti.
Perché tanti ritardi? Gli acquirenti ritardatari fanno riferimento a problemi di liquidità, più frequenti nel Centrosud. Anche se il Nord non è immune e qui, anzi, la problematica crea ulteriori ritardi a cascata: ciò significa che l’acquirente non salda la fattura finché a sua volta non viene pagato. Con identica incidenza tra privati p.a.: i pagatori poco virtuosi si aggirano intorno al 55% sul totale.
I settori più colpiti dalla mancanza di liquidità sono la manifattura e la produzione, mentre nei servizi si rileva il problema della complessità delle procedure che, di riflesso, porta a ulteriori ritardi nei pagamenti.
Le aziende B2C segnalano inoltre difficoltà con le banche. Gli effetti dei ritardi sono evidenzi in primo luogo sul cash flow, cioè la differenza tra entrate e uscite di cassa, ma non mancano ricadute su investimenti e taglio delle spese, colpendo in particolar modo le aziende B2B.
Da segnalare, poi, come i ritardi nei pagamenti siano più frequenti nel settore dei servizi e in Lombardia. Proprio nella regione locomotiva d’Italia, infatti, l’elevato numero di transizioni, il monte di lavoro e le attività commerciali, fanno aumentare il rischio che ci siano ritardi. E spesso la virtualizzazione dello scambio della merce porta a una superficialità nei pagamenti.
Roxy Tomasicchio, ItaliaOggi Sette