Il libro di Guerrera spiega come stia cambiando il Regno Unito
IL POPOLO CONTRO IL POPOLO È L’ULTIMO LIBRO DI GUERRERA
(di Cesare Lanza per Il Quotidiano del Sud) Antonello Guerrera (Benevento, 11 dicembre 1983) è corrispondente di Repubblica da Londra. Alla libreria Tlon di Roma ha presentato «Il popolo contro il popolo.Perché dopo la Brexit la democrazia e l’Europa non saranno più le stesse» (Rizzoli). Paola Peduzzi ha scritto su Il Foglio: «Saggio che racconta come la Brexit abbia trasformato non soltanto il Regno Unito e l’Unione europea, ma la democrazia stessa. Questo è un libro in presa diretta sulla Brexit, pieno di conversazioni, di luoghi, di sguardi che raccontano la disperazione di essersi trovati in una situazione unica,speciale eingestibile. Robert Harris, che Guerrera definisce “uno dei più grandi scrittori inglesi viventi”, dice in uno dei pranzi che ogni tanto si concedono insieme a Kintbury, un centinaio di chilometri dallacapitale, cheglipare distare in mezzo ai patrizi della fine dell’Impero romano “che cercarono di far rivoltare il popolo contro le élite. A Roma finì malissimo”. Harris è impietoso con tutta la classe dirigente britannica, Guerrera lo ascolta, come fa con i suoi tanti interlocutori, ma conserva il suo occhio indulgente che ha descritto all’inizio di questo suo viaggio nel significato culturale della Brexit: non sappiamo chi ha ragione, non sappiamo se questo divorzio sarà un disastro o un’opportunità o persino entrambe le cose, come spesso accade con le questioni importanti della vita, che non sono né bianche né nere».
LA BREXIT RIGUARDA TUTTI NOI E APRE UNA DOMANDA DECISIVA
«Quel che Guerrera sottolinea con forza però è che la Brexit ci riguarda tutti, e leggere queste pagine ha l’effetto di una sveglia: addormentarsi sulla Brexit non è una possibilità. Perché, scrive l’autore, c’è «una linea rossa che lega la Brexit, i sovranismi e la xenofobia in Occidente, e dunque la recente emersione di partiti e leader populisti, di destra e sinistra, in Europa e negli Stati Uniti. Tutti questi fenomeni condividono una reazione alla “perdita di controllo”». Il format della Brexit nonè soltanto frutto di una contaminazione- Guerrera intervista il milionario “pro leave” Arron Banks, che dice di essersi ispirato, anzi di avere proprio “copiato” la Casaleggio Associati nella costruzione della mobilitazione a favore della Brexit -, ma è anche causa di questo contagio che stravolge ogni cosa e trova quiete soltanto di fronte a leader che promettono che il controllo tornerà nelle mani dei cittadini,delle nazioni. La quiete assicurata da leader incendiari? Il paradosso è tutto qui, ed è qui che le democrazie corrono i rischi più grossi, perché non trovano la sintesi tra il desiderio di controllo e la spinta verso una politica che fa del subbuglio la sua folgorazione. Il Regno Unito con la Brexit ha la sua specificità, un paradigma che tutti studiamo per capire se ci salverà- non vorrete finire tutti come gli inglesi? o ci condannerà – guardate gli inglesi, ce l’hanno fatta-. e intanto tiriamo il filo del controllo che indica Guerrera»
RICCARDO MUTI, É RITORNATO A MILANO E TRIONFA ALLA SCALA
Riccardo Muti (Napoli, 28 luglio 1941) è tornato dopo molto tempo alla Scala. Fiorella Minervino ha scritto al direttore di “Anteprima” Giorgio Dell’Arti: «Caro Giorgio, l’altra sera ero al concerto di Riccardo Muti alla Scala, inutile dire che è stato un tripudio. Lui ha diretto con bravura e foga davvero strepitose, ma la meraviglia è stata come harisposto senza la minima sbavatura, ottoni e legni superbì,l a sua Chicago Symphony Orchestra grandiosa, sontuosa. Un piacere insomma ascoltare l’Ouverture dell’Olandese volante di Wagner e la Terza Sinfonia di Prokofiev, ma il massimo mi pare Muti l’abbia offerto soprattutto con Hindesmith, la sinfonia di Matis der Maler nella Crocifissione dedicata a Matthias Grünewald, l’arti sta mirabile dell’Altare di Isenheim».
UNA FOLLA DI AMMIRATORI. ALLA CACCIA DI UN AUTOGRAFO
«A Milano il Maestro ha diretto la Scala per 20 anni, cioè dal ‘86 al 2005, se n’è andato via per dissidi, non tornava comunque dal 2017; nel Palco Reale c’erano il Sindaco Sala e il ministro Franceschini plaudenti, e a riceverli per la prima volta il Soprintendente Dominique Meyer, con il suo prossimo ‘vice’, il ladino Andre Comploi; ma la cosa rara è stata il tripudio che gli hanno rivolto i milanesi e l’orchestra,Una standing ovation rara, e tutti a ringraziarlo di essere tornato a casa. Lui alla fine, un po’commosso o stanco, ha parlato con i bambini di un’Accademia in periferia, poi si è seduto a un tavolo all’entrata del Teatro a ricevere una massa di gente assatanata di una sua firma. Ma «che cosa può firmare?» ho chiesto. Mi hanno risposto «di tutto», in effetti la fiumana scatenata di ogni età e tipo ha continuato ad assediarlo per un’ora circa, mentre lui siglava manifesti, manifestini, vecchie foto, libri, qualche programma della serata e anche dei santini. Quando quasi tutti erano usciti, si è’ rivolto a noi giornalisti e ha ripetuto quello che più o meno aveva spiegato a Napoli e a Firenze: che era tornato a casa, che aveva avvertito il calore del pubblico e della sua orchestra. Infine ha salutato per correre a cena da Miuccia Prada. Sempre lo stesso Muti, forse un poco più stanco».