Nel 2018 soltanto da Lotto, Superenalotto e lotterie istantanee 228 milioni di premi non reclamati che tornano allo Stato. Record per i tagliandi da grattare: non riscossi 161 milioni di euro
Un biglietto accartocciato per sbaglio, un tagliando gettato per distrazione, una linea di numeri estratti letta in maniera scorretta. La sbadataggine degli italiani alla fine ha un solo vincitore: lo Stato. Secondo i dati dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nel 2018, solo da Lotto, Superenalotto e Gratta&Vinci gli italiani si sono “dimenticati” di riscuotere oltre 228 milioni di euro. Una montagna di soldi, ma briciole sul totale di 13,4 miliardi di vincite. Risorse finite dritte all’Erario, che dall’intero comparto — incluse slot e scommesse sportive — incassa oltre 10 miliardi di euro l’anno.
Gli smemorati di ambo, terna & Co., hanno dimenticato vincite a Lotto (e 10 Lotto e altri giochi analoghi) per 41,2 milioni di euro, pari allo 0,73% del totale, mentre i vincitori inconsapevoli al Superenalotto hanno lasciato premi per 25,5 milioni (il 2,71% del totale). Ma in valore assoluto è il dato dei Gratta&Vinci a balzare agli occhi: nel 2018 le vincite non reclamate ammontano a 161,6 milioni di euro. . Il dato – spiegano dai Monopoli – esclude i biglietti vincenti che per qualsiasi motivo non siano stati venduti prima della chiusura di una lotteria istantanea, il termine tecnico con cui vengono definiti i Gratta&Vinci. Quindi si tratta con certezza di tagliandi che qualcuno ha comprato, ma non ha incassato.
Per i Monopoli si tratta di “un dato fisiologico” e “se si osserva il numero in percentuale sul totale delle vincite è in linea con il Superenalotto”, spiega un alto dirigente dell’agenzia. Nel dettaglio 2,43% in media negli ultimi 5 anni rispetto al 2,68% del Superenalotto. Lottomatica sulla questione non si esprime direttamente, limitandosi a spiegare che “le vincite non reclamate aumentano la quota di utile erariale”. La legge prevede infatti che Lotterie Nazionali (di Lottomatica) riceva una quota fissa pari al 3,9% del totale raccolto con la vendita dei biglietti e che destini un altro 8% agli esercenti che vendono i tagliandi. Il resto, tolte le vincite pagate, finisce all’Erario. Quindi meno vincitori vuol dire più soldi per lo Stato.
Il beneficio è solo temporaneo, assicurano però dai Monopoli. Se alla chiusura di una lotteria istantanea la quota di vincite pagate è inferiore al previsto — si spiega — nella successiva sarà possibile offrire un payout, la percentuale di somme giocate da restituire in vincite, leggermente più alta. La legge infatti fissa una soglia complessiva massima per tutto l’universo Gratta&Vinci del 75%. Cioè per 100 euro giocati, al massimo 75 devono tornare in premi.
Al massimo, visto che i Gratta&Vinci oggi in vendita offrono ciascuno payout e probabilità di vittoria molto differenti. I dati, disaggregati, sono pubblici sul sito dell’Agenzia dei monopoli. Osservando le 60 lotterie aperte ad oggi, il payout spazia dal 59% all’85%. Vuol dire che non tutte assicurano in percentuale lo stesso livello di premi sul totale delle giocate.
Sul secondo fronte invece dal 2012 il decreto Balduzzi ha introdotto l’obbligo di specificare quanti biglietti è necessario acquistare prima di incontrarne uno vincente. Il decreto dignità ha introdotto una modifica importante: la percentuale va calcolata non tra i tagliandi vincenti, ma tra quelli in cui la vincita è superiore al costo del biglietto, abbattendo così la probabilità mostrata dal 30% al 15% circa. In sintesi: una lotteria di Gratta&Vinci non vale l’altra. In alcune si ha più probabilità di vincere, in altre meno. È tutto scritto sui biglietti, anche se sul retro. La fortuna è cieca ma il giocatore, se vuole, può vederci benissimo.
Repubblica.it