Salgono la tensione e l’incertezza in Bolivia, dopo le dimissioni del presidente Evo Morales, che ieri ha denunciato di essere stato vittima di un colpo di stato, sollecitando i suoi sostenitori a resistere. Morales è scappato, è volato in Messico che gli ha concesso l’asilo, su un aereo del governo di Città del Messico inviato a La Paz. Lo ha confermato il ministro degli Esteri del Paese centroamericano Marcelo Ebrard, dopo che lo stesso Morales aveva annunciato su Twitter: «Sorelle e fratelli, parto per il Messico. Mi ferisce lasciare il Paese per ragioni politiche, ma sarò sempre vigile. Presto tornerò con più forza ed energia». Il dipartimento di Stato americano, durante un briefing con i giornalisti, ha auspicato che la transizione sia guidata dalle autorità civili e porti al più presto a nuove elezioni.
Morales ha lasciato la sua carica domenica, dopo che il capo delle forze armate boliviane Williams Kaliman lo aveva invitato a farsi da parte, per mettere fine alle proteste scoppiate in seguito alla rielezione del presidente attraverso un voto macchiato dai brogli. Ciò ha creato un vuoto di potere, perché in rapida sequenza si sono dimessi anche il vice presidente Álvaro García, la leader del Senato Adriana Salvatierra e quello della Camera Victor Borda. Questo in teoria ha messo Jeanine Añez Chavez, seconda vice presidente del Senato, in condizione di diventare il capo dello Stato ad interim, per convocare nuove elezioni entro 90 giorni, entro il 22 gennaio. Il problema è che, per assumere questa carica, Chavez avrebbe bisogno di un mandato del Parlamento, dove però il movimento Mas di Morales ha la maggioranza, e quindi può bloccare qualsiasi decisione.
Il messaggio dal nascondiglio
A questa incertezza procedurale, si aggiunge quella legata al comportamento di Evo. Secondo fonti a lui vicine, l’ormai ex presidente si sarebbe rifugiato nella zona di El Chapare, cioè la regione rurale dello stato di Cochabamba dedita alla coltivazione della coca, dove lui ha la propria base elettorale. Con un messaggio pubblicato dal suo nascondiglio, Morales ha sollecitato l’opposizione a «garantire la stabilità politica», ma nello stesso tempo ha incitato i suoi sostenitori dentro e fuori dal Paese a ripudiare quello che ha definito come «un colpo di stato», denunciando il fatto che la polizia era pronta ad arrestarlo. Cuba e Venezuela si sono subito schierate a suo favore, anche perché la caduta di Evo aumenterebbe in particolare l’isolamento di Maduro, ma anche il nuovo presidente argentino lo ha difeso. Tutto questo accresce l’incertezza e il pericolo di violenze, se l’ex presidente tentasse di tornare al potere, o se i militari decidessero di assumere la guida della Bolivia con la forza. Il dipartimento di Stato ieri ha tenuto un briefing per spiegare la sua posizione. Washington ritiene legali le dimissioni di Morales, chiede alle forze armate di non prendere iniziative politiche, e appoggia una transizione guidata dalle autorità civili verso nuove elezioni.
Paolo Mastrolilli, La Stampa