Barcellona ha un problema: non ci sono case. Non ci sono per la classe media, sfrattata dal centro dai turisti in AirBnb, non ci sono per i più poveri, lasciati per strada dalla ormai cronica mancanza di case popolari (sono più di mille le famiglie in lista d’attesa) e dalla sempre più vorace gentrificazione della città. Così il Comune ha preso la strada di una drastica, ancorché foriera di polemiche, iniziativa: trasformare in case i container.
Nel cuore della città, in piena città vecchia, sono iniziati i lavori per le prime 12 strutture che saranno chiamate Aprop, gioco di parole tra il termine che significa “vicino” in catalano e un acronimo che vuol dire “alloggi provvisori locali”. Gli Aprop consistono in ristrutturazioni di container riattati così da essere piccoli ma relativamente accoglienti appartamenti per una o due persone (45mq in tutto).
Il progetto ha spaccato in due l’opinione pubblica. In particolare c’è chi, come l’attivista residenziale Jaime Palomera, portavoce dell’Unione degli inquilini della città, pensa che si tratti di un’idea tutto sommato buona, almeno la migliore possibile per ora, con limitate risorse di tempo e di denaro: “Queste case container sono costruite secondo uno standard più elevato rispetto a gran parte di ciò che è presente sul mercato degli affitti a Barcellona”. Altri, però, hanno mostrato grande perplessità in merito. In particolare per i problemi che questo tipo di alloggio mostra sia dal punto di vista estetico (pessimo) che da quello della dignità dell’alloggio che soprattutto da quello dei consumi (elevatissimi) necessari a riscaldare e isolare le “scatole”.
Polemiche che però sono state messe a tacere dal costo, ridottissimo, dell’iniziativa (900 mila euro per realizzare 12 appartamenti) e dai suoi tempi ridottissimi (un anno, laddove per costruire una palazzina equivalente servono anni). I primi appartamenti dovrebbero essere pronti per il prossimo ottobre e, almeno per 12 famiglie della lista di attesa della città che ne conta più di mille, sarà pronta una casa.
Luciana Grosso, Business Insider Italia