Una delle conseguenze della Brexit sarà una stangata per i futuri studenti universitari europei che intendono iscriversi ad atenei britannici. Infatti oggi i giovani provenienti dalla Ue sono equiparati ai britannici: dunque pagano la retta «domestica», che è già comunque abbastanza salata, in quanto ammonta a 9.250 sterline, cioè quasi undicimila euro all’anno. Ma con l’uscita di Londra dalla Ue i giovani provenienti dall’Unione saranno equiparati agli extraeuropei, che devono invece sborsare già oggi molto di più (dalle 10 mila alle 25 mila sterline annue, a seconda dei corsi). La cosa ha una sua logica: come ha argomentato il governo, non si vede perché in futuro gli studenti americani o cinesi debbano essere discriminati rispetto ai francesi o agli italiani e trovarsi a pagare di più. Come aveva detto in passato la premier Theresa May, gli europei non potranno più «saltare la coda». Ma nella pratica le cose sono più complesse.
Il governo ha garantito che chi si iscrive nel 2019 continuerà ad usufruire della retta agevolata e che il nuovo regime entrerà in vigore solo nel 2021: ma non c’è chiarezza su cosa accadrà a chi comincerà gli studi nel 2020, quando la Gran Bretagna sarà presumibilmente fuori dalla Ue ma ancora all’interno di un regime di transizione. Inoltre c’è già chi lamenta, anche a Londra, i probabili contraccolpi negativi sul sistema universitario britannico. Nel 2017 erano 135 mila gli studenti europei iscritti in atenei d’Oltremanica: è verosimile che questo flusso rallenterà, con un conseguente impoverimento del sistema universitario britannico. Per questo si stanno levando molte voci che chiedono di mantenere in qualche modo delle forme di agevolazione per gli studenti europei. Come con la Brexit nel suo insieme, si naviga a vista.
Luigi Ippolito, Corriere della Sera