Ha fatto male agli investimenti, alla produttività nazionale, alla sterlina. La Brexit è stata tirata troppo per le lunghe e il processo di divorzio dall’Unione europea sta danneggiando sempre più l’economia britannica, ostacolandone la crescita. Goldman Sachs ci va giù duro e in una nota ai clienti critica pesantemente l’insicurezza causata dai ritardi di questa separazione, decisa con il referendum del giugno 2016: dopo quasi tre anni, non è ancora chiaro quando, come e se Brexit si realizzerà. E mentre nel governo e al Parlamento si continua a discuterne, Londra strizza l’occhio alla Cina, preparandosi per un futuro da potenza commerciale globale distaccata dall’Ue.
Inizialmente l’uscita dell’isola inglese dall’Unione era prevista per il 29 marzo scorso, ma la premier Theresa May non era riuscita a ottenere l’approvazione della Camera dei Comuni all’accordo negoziato con Bruxelles, il Withdrawal Agreement. E così dopo ulteriori trattative, per scongiurare lo scenario nefasto del no Deal, una serie di nuove trattative hanno permesso di spostare la data della separazione al 31 ottobre.
Secondo gli analisti della banca d’affari, l’intesa per il divorzio dovrebbe essere ratificata entro il 22 maggio, ma c’è il rischio che bisognerà aspettare fino al prossimo ottobre prima che la Brexit si realizzi completamente. Come spiegato nel report di Goldman illustrato da Reuters, “tutto il processo si è protratto sempre più e, come conseguenza, gli effetti collaterali sull’economia del Paese si sono intensificati”.
Dalla metà del 2016 a oggi, il Regno Unito ha perso quasi il 2,5 per cento del Pil rispetto ai valori registrati nel periodo precedente al referendum. Ad incidere su questa performance il calo degli investimenti da parte delle imprese, che si sono limitate ad assumere lavoratori: una distribuzione incorretta della risorse che alla fine potrebbe rendere il processo produttivo meno efficiente, si legge nella nota.
Gli investimenti delle aziende sono infatti cresciuti solo dello 0,3 per cento dal giugno del 2016 e il 2018 è stato il primo anno in mezzo secolo che li ha visti contrarsi ogni trimestre senza che fosse in corso una recessione. In particolare, come mostrano i dati dell’Office for National Statistics, gli investimenti delle imprese sono diminuiti dello 0,4 per cento tra il 2017 e il 2018. Inoltre, in termini di volume, questi si sono ridotti dello 0,9 per cento a 46,7 miliardi di sterline tra il terzo e quarto trimestre dell’anno scorso. Un fenomeno che si è riverberato negativamente sulla crescita del Paese, che già nell’ultima decade ha dovuto fare i conti con una produttività che è rimasta indietro rispetto a quella statunitense, tedesca e francese.
Gli oltre due anni di trattative, scontri in Parlamento e continua incertezza sull’esito della Brexit hanno avuto contraccolpi anche sulla sterlina, che ora è stata trascinata giù dagli improduttivi colloqui tra il governo di Londra e l’opposizione laburista. La ripresa del biglietto verde – il cambio è bloccato a 1,29 dollari – ha eroso ulteriormente l’interesse per il pound a pochi giorni da una riunione della Banca d’Inghilterra la prossima settimana che probabilmente lascerà i tassi d’interesse inalterati.
Per riguadagnare terreno in fretta dopo la Brexit, Londra guarda a Est, in direzione di Pechino. In fondo, uno degli obiettivi di questa separazione dall’Unione europea è re-inventare la potenza britannica, almeno secondo i breexiter più convinti: liberarla dai legami più ingombranti con il vecchio continente e trasformarla in una grande forza commerciale globale. In quest’ottica, forgiare relazioni più salde con la Cina, negoziando un nuovo accordo commerciale, è prioritario. Ecco perché Londra ha sostenuto la Belt and Road Initiative (BRI), il mega progetto infrastrutturale cinese che mira a creare una nuova via della seta tra oriente e occidente, e ha offerto il suo aiuto per realizzare la “visione” del gigante asiatico.
“La Bri ha un enorme potenziale per portare prosperità e sviluppo sostenibile, visto che è un progetto che può toccare il 70 per cento della popolazione mondiale, un piano dalle ambizioni epiche”, ha sottolineato il Cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond al forum sulla Belt and Road Initiative a Pechino. E ha spiegato che per favorire lo sviluppo di questo piano infrastrutturale i finanziamenti privati devono svolgere un ruolo maggiore: per questo, il ministro ha offerto alle autorità cinese l’esperienza e la conoscenza britannica in tema di project financing. “Noi vorremmo mettere insieme il meglio della manifattura e ingegneria cinese con il meglio dei servizi finanziari, legali e tecnici del Regno Unito”, ha precisato Hammond.
In quest’ottica, i due paesi si incontreranno di nuovo a metà giugno, nell’ambito del Dialogo economico e finanziario (Economic and Financial Dialogue – Efd). Chissà se a quel punto si saprà qualcosa di più certo sulla Brexit e sul futuro della Gran Bretagna.
Marco Cimminella, Business Insider Italia