Il cartello è piazzato qui all’ingresso, davanti allo sportello numero uno: «Per una migliore gestione delle richieste del reddito di cittadinanza vi invitiamo a presentare le domande in funzione del cognome dei richiedenti». Segue elenco, sette gruppi per sette giorni. Il 6 marzo si parte con chi ha il cognome che comincia per A o per B. Il 7 marzo si continua con la lettera C, più frequente come iniziale e quindi unica a godere di una convocazione in solitaria. Poi si procede per scaglioni fino al 13 marzo, quando si chiude con il gruppo che va dalla S alla Z. Tutto chiaro? Insomma. In fondo al foglio c’è una postilla, scritta in piccolo: «Le domande presentate in un giorno diverso da quello previsto dal calendario verranno comunque accettate». Tradotto: l’ordine per presentare le domande è questo. Ma in fondo non vale, abbiamo scherzato.
In ordine sparso
L’ufficio postale è quello di via Caffaro, a Roma, zona Garbatella nuova. Il cartello con i sette gruppi per sette giorni non è un’iniziativa estemporanea del direttore di zona. Risponde a una precisa disposizione dell’azienda che però si espone a notevoli variazioni sul tema nei 12.845 uffici postali sparsi in tutta Italia. Basta spostarsi di poche centinaia di metri. In un altro sportello di Roma, quello più centrale di via Arenula, l’avviso c’era fino a qualche giorno fa. Poi l’hanno tolto: «Ci hanno detto che quella regola non vale più», spiega gentilissimo uno degli impiegati.
«Marchio di povertà»
Da via Arenula a via Marmorata, nel grande ufficio postale di Testaccio. Qui l’avviso sui sette gruppi per sette giorni non è stato mai esposto. A chi chiede informazioni viene fatto vedere. Ma dopo una certa insistenza e quasi di nascosto, neanche fosse un segreto industriale. «Non sappiamo se sarà davvero così oppure no — spiegano allo sportello — in ogni caso metteremo un numeretto elimina code dedicato». Ma dall’azienda precisano che il numeretto dedicato non ci sarà, per evitare di rendere identificabile chi chiede il reddito di cittadinanza, che resta pur sempre un «marchio di povertà». Avanti così, insomma, in ordine sparso.
La richiesta al Viminale
Ordine alfabetico sì, ordine alfabetico no, numeretto sì, numeretto no. Una geografia assortita che dimostra quanto il 6 marzo sia atteso da chi deve presentare domanda per il reddito di cittadinanza. Ma anche temuto da chi quelle domande le deve ricevere e gestire. Nei giorni scorsi, dopo le segnalazioni arrivate dalla sicurezza interna di Poste, l’azienda si è mossa. In via riservata e informale ha chiesto al ministero dell’Interno se nei primi giorni in cui saranno ricevute le domande sarà possibile avere qualche agente davanti agli uffici postali. La richiesta viene valutata in queste ore. Non è certo facile garantire un presidio in tutti i 12.845 uffici postali d’Italia. Ma è probabile che nelle grandi città, e negli sportelli dove si aspetta un’affluenza maggiore, ci sarà un potenziamento della vigilanza. In caso di ressa, del resto, sarà anche una questione di ordine pubblico.
Anche i Caf
Mercoledì prossimo le porte del reddito di cittadinanza non si apriranno solo negli uffici postali. Proprio nel tentativo di disingolfare gli sportelli, il governo e l’Inps hanno accelerato nelle ultime ore per chiudere la convenzione che fa entrare nella partita anche i Caf, i Centri di assistenza fiscale che già oggi vengono utilizzati da molti italiani per presentare la dichiarazione dei redditi. Mentre in tv gli spot ricordano ogni giorno che la richiesta può essere presentata anche attraverso il sito internet dedicato. Ma la grande attesa è proprio qui, negli uffici postali del Paese che si stanno trasformando da semplice sportello dove pagare le bollette e ritirare le raccomandate in un avanposto dove lo Stato fornisce i suoi servizi e parla ai suoi cittadini. Forse in ordine alfabetico.
Lorenzo Salvia, Corriere della Sera