Il numero degli asili nido italiani è insufficiente rispetto alla domanda, ben sotto i parametri europei: nell’anno scolastico 2017/2018 sono attivi sul territorio nazionale 13.145 servizi educativi per la prima infanzia, e i posti disponibili – di cui il 51% pubblici – coprono il 24,7% dei potenziali utenti, bambini con meno di 3 anni. Lo rileva l’Istat nel report ‘Offerta di asili nido e servizi integrativi per la prima infanzia – anno scolastico 2017/2018’ pubblicato oggi. Rispetto all’anno precedente si registra un lieve aumento della copertura (+0,7%), dovuto sia al calo dei bambini residenti in Italia sia a un lieve incremento dei posti disponibili (+0,3%). L’eterogeneità sul territorio tuttavia è molto ampia: in Valle D’Aosta 47 bambini su 100 hanno un posto disponibile nei servizi educativi, in Campania meno di 9. L’obiettivo del 33% è stato superato già da alcuni anni in Valle d’Aosta, nella Provincia Autonoma di Trento, in Emilia Romagna, Toscana e Umbria. Al Nord-est e al Centro la ricettività è molto prossima al target europeo mentre nelle restanti regioni del Centro-nord i valori sono inferiori ma non lontani dal 30%. Nel Mezzogiorno si è ancora lontani dall’obiettivo, nonostante alcuni segnali di miglioramento, con la sola eccezione della Sardegna che ha una dotazione di servizi comparabile alle regioni del Centro-nord (27,9%). In Abruzzo e in Molise i posti privati e pubblici nei servizi socio-educativi superano, ma di poco, il 21%; la Puglia ha superato il 15%, la Basilicata si attesta al 14,3% e le altre regioni presentano valori inferiori al 10%, con il minimo di 8,6% in Campania (Tavola1). In buona parte delle regioni è decisivo l’apporto delle strutture private per raggiungere valori di copertura prossimi all’obiettivo europeo, mentre solo in pochi casi il contributo più consistente proviene dai nidi e servizi integrativi pubblici. Nel complesso in Italia i bambini sotto i 3 anni che frequentano una struttura educativa sono il 28,6%, valore inferiore alla media dell’Unione Europea, pari al 34,2%. Il dato comprende anche una piccola quota di bambini che frequentano le ludoteche, nonché gli iscritti alla scuola dell’infanzia come “anticipatari” (il 5,2% dei bimbi residenti tra 0 e 2 anni). La percentuale di bambini sotto i 3 anni che frequentano un servizio educativo specifico non supera dunque il 23,4% della popolazione target.
I servizi educativi comunali o convenzionati con i comuni accolgono il 13,5% dei bambini, si può quindi stimare che il restante 9,9% frequenti servizi educativi privati tout court.
L’accesso anticipato alla scuola dell’infanzia, che comporta l’inserimento di bambini di 2 anni in strutture organizzate per la fascia di età successiva, interessa in misura maggiore le regioni con più basse dotazioni di servizi per la prima infanzia. In particolare, è molto diffuso nelle regioni del Mezzogiorno, più contenuto al Centro-nord. Le differenze di comportamenti sul territorio possono essere spiegate in parte da motivi economici. La carenza di servizi specifici che caratterizza alcune aree può spingere verso le scuole d’infanzia, gratuite salvo la quota relativa alla mensa.
Dal punto di vista dei costi sostenuti dalle famiglie, i servizi educativi per la prima infanzia hanno un impatto significativo: nel 2018 circa 348.200 famiglie dichiarano di aver avuto spese per asili nido pubblici o privati nel corso degli ultimi 12 mesi, per un ammontare di quasi 624 milioni di euro.
Il carico medio che deve sostenere una famiglia per il servizio di asilo nido, pari a 1.570 euro nel 2015, sale a 1.996 euro del 2017[vi]. Questo dato è coerente con le indicazioni desumibili dall’indagine condotta sui comuni: l’importo medio per utente accertato dai comuni come compartecipazione, nel caso dei nidi comunali a gestione diretta, è pari a 2.009 euro l’anno[vii].
I vincoli economici spiegano una parte non trascurabile della mancata iscrizione all’asilo nido dei bambini: nel 2018 sono il 12,4% i genitori di bambini di 0-2 anni non iscritti al nido che dichiarano di non averlo fatto perché i costi sono eccessivi[viii]. Le differenze territoriali sono ampie: questa percentuale è al 17% al Nord, all’11,3% al Centro e al 7,2% nel Sud. Lo scarso utilizzo degli asili nido è spiegato sia dall’offerta limitata, sia da elementi che si collegano più direttamente alle scelte delle famiglie, tra cui l’aspetto economico. Il primo vincolo è più stringente al Sud e nelle Isole mentre il secondo prevale al Nord, dove l’offerta è più ampia.