La Toscana ha un primato: è l’unica Regione, in compagnia del Trentino Alto Adige, dove il tasso di occupazione è oggi più alto di quanto lo fosse nel 2008, prima della crisi.
“Sono numeri che in altri momenti storici non metterebbero il sorriso sulle labbra– spiega in apertura della Fiera toscana del lavoro a Firenze Stefano Casini Benvenuti, direttore di Irpet (istituto di programmazione economica della Regione) – Ma è pur sempre un segno più. Sono 36 mila posti di lavoro in crescita e se considerassimo gli ultimi trimestri potrebbero diventare anche più di 40 mila”.
Nonostante il segno positivo, la crisi ha però mostrato i suoi effettui sul tipo di lavoro svolto: è stato l’export a fare da traino, continuando a crescere in questi anni addirittura più della Germania. Hanno ‘tirato’ la pelletteria ma anche il calzaturiero, in ripresa dopo anni di stasi. Ha triplicato le esportazioni la farmaceutica, un caso quasi unico nel panorama nazionale. Soprattutto il lavoro anche in Toscana si è polarizzato: crescono i lavori altamente qualificati e molto pagati, crescono anche i lavori pochissimo pagati ed è in flessione tutto ciò che sta nel mezzo, che poi vuol dire la classe media. I lavoratori in dieci anni sono anche invecchiati (da 42 a 45 anni), il che vuol dire che meno giovani hanno trovato occupazione anche se la disoccupazione giovanile è comunque diminuita. Rispetto al 2008, sottolinea ancora il direttore di Irpet, tra i nuovi e vecchi occupati si registrano però più part-time: le ore complessivamente lavorate sono diminuite rispetto a dieci anni fa, ci sono più tempi determinati e sono cresciuti i posti di lavoro nei servizi. Condizioni di cui hanno approfittato più le donne che gli uomini. Sono aumentate i ‘liberi professionisti senza dipendenti’, ovvero le partita Iva (20 mila in più) che sono magari pur sempre “un precariato a volte privilegiato”, si commenta sul palco, ma “pur sempre precari”. “Si sono affermate insomma – sintetizza Casini Benvenuti – forme di lavoro più deboli”. La media delle retribuzioni è scesa. “Mediamente ogni toscano, in dieci anni, ha perso al netto dell’inflazione 250 euro al mese – dice – ed è nata una categoria che pr ima non c’era: quella dei lavoratori poveri, mentre prima i poveri erano solo quelli che non lavoravano”. Infine rimane irrisolto il problema del disallineamento tra chi offre e chi cerca lavoro. I numeri li dà ancora una volta Irpet. Tra gli under 30 il 59 per cento dei laureati svolge un lavoro per cui non è richiesta la laurea e il 37 per cento dei diploma ha un’occupazione per cui il diploma non sarebbe servito. C’è poi, uno su cinque, chi si è laureato e formato in un campo ma poi ha trovato un posto di lavoro per cui il profilo della laurea conseguito non è quello richiesto. Dalla parte delle imprese, 59 su cento confessano che hanno difficoltà a trovare le figure professionali ricercate. E la metà sostiene addirittura che negli ultimi tre anni la situazione è peggiorata. Il problema non sarebbe tanto lo scorso numero di domande, quanto il fatto che non si trovano le competenze richieste. Le più difficili da reperire sono quelle tecniche; spesso le aziende cercano inoltre personale con esperienza-