Da una recente indagine, su 19 mila piccole e medie aziende italiane, solo il 23% adotta qualche forma di cloud computing. Perché dovrebbero invece portare il loro business sulla nuvola? “Essenzialmente per due motivi: agilità e scalabilità”, risponde Miguel Alava, managing director di Amazon Web Services, a margine dell’evento Re:invent 2019 in corso a Las Vegas. «Agilità è la capacità di muoversi velocemente verso soluzioni diverse, quindi seguire la velocità e l’innovazione. La scalabità è la possibilità di avere risorse potenzialmente infinite, senza dover cambiare hardware o software, solo per il tempo necessario e spendendo l’indispensabile».
Una region sotto casa
AWS, il maggior fornitore di servizi cloud al mondo, opera in Italia da anni, ma nel 2020 («molto presto») aprirà una nuova region locata fisicamente a Milano. «Quello di investire in Italia è un ulteriore passo verso una visione più completa», dice il manager. L’azienda di Seattle si aspetta che, grazie a questa presenza, «le imprese riescano a creare un polo di innovazione in Italia, che produrrà l’effetto di richiamare innovatori e talenti che verranno nel Paese sempre in numero maggiore, richiamando a loro volta altri talenti che si uniscano al sistema».
Ma serve un cambiamento che è prima di tutto culturale: «L’innovazione è una funzione della cultura aziendale, e non il compito del solo responsabile dell’innovazione o di un dipartimento apposito». Innovare costa impegno, tempo, denaro, e il fallimento è sempre dietro l’angolo, ma non è detto che sia necessariamente un male. Qui le parole di Avala ricordano quelle del Ceo di Amazon Jeff Bezos: «Se non hai mai fallito – dice – significa che non hai insistito abbastanza».
Tre motivi
E così, a Seattle insistono: «Da tempo vogliamo investire in Italia. Abbiamo uffici a Milano da anni, abbiamo alcune infrastrutture anche a Roma e Palermo, abbiamo acquisito una società, Nasti», spiega. In realtà, dice ancora Alava, «abbiamo deciso di venire in Italia anche su spinta dei clienti stessi. Ci sono diverse motivazioni per cui abbiamo deciso di costruire il data center. La prima sembra una cosa irrazionale, ma i nostri utenti avevano bisogno di sentire Amazon Web Services più vicina. È un fattore psicologico, le persone si sentono più a loro agio se sanno che i loro dati non sono archiviati lontano. Bisogna ricordare – aggiunge – che i dati appartengono ai clienti, i quali possono decidere dove tenerli: rimarranno là finché non si deciderà di fare diversamente. Insomma, è una loro scelta, ma il fattore psicologico conta». Il secondo motivo per cui Aws ha scelto l’Italia è legato a questioni normative. «Alcune aziende hanno ottenuto certificazioni di conformità che prevedono che i dati siano sul suolo nazionale. Per cui la nostra presenza diventa giusta e importante e permette loro di rispettare le richieste». Il terzo, continua Alava, è per una questione tecnica, quella della latenza. «I clienti ci chiedevano tempi di risposta ancora più brevi. In Italia sono bassi, soprattutto nelle connessioni con altri data center a Francoforte o Parigi. Una bassa latenza serve quando vengono utilizzate applicazioni bancarie o quelle che chiedono azioni in tempo reale».
Una catena di valore
Quanto all’impatto sull’economia locale, il data center impiegherà centinaia di persone che lavoreranno alla sua costruzione e al trasporto di tutti i materiali necessari. «Poi ci saranno tutti gli impiegati al suo interno, dal management agli addetti alla sicurezza – prosegue Alava – ma la vera cosa importante è una: a cosa darà vita questo data center? Riuscirà – si chiede ancora il manager – a replicare questa catena di valore per le aziende? Abbiamo formato gratuitamente 5 mila persone attraverso i nostri due programmi. Abbiamo già accordi con le università come La Sapienza e il Politecnico di Milano, ne stipuleremo altri con almeno 30 istituti. Amazon Web Services sta lavorando per portare benefici all’Italia».
E il GDPR è stato un problema? «Onestamente non è cambiato molto, fin dall’inizio abbiamo seguito la linea della massima sicurezza e protezione dei dati. I servizi Amazon sono stati conformi fin dal primo giorno, semmai le regole europee hanno spinto i clienti a riflettere più a fondo sull’importanza del trattamento corretto dei dati. Anche negli Stati Uniti la nostra offerta si allinea con i principi del GDPR», spiega Alava.
Fabio Giannese, La Stampa