La trasformazione è solo all’inizio. Oggi agli assistenti vocali si possono chiedere molte cose ma ci si deve comunque rivolgere a uno smart speaker o a un cellulare, i depositari di Alexa, Google Home e degli altri insieme con qualche nuovo elettrodomestico. Domani basterà pronunciare il comando davanti a un’interruttore, a una lampada, allo spazzolino elettrico, al tostapane, persino alla tazza da colazione. Perché nel mondo degli assistenti vocali qualcosa sta per cambiare e ancora una volta pioniera sarà Amazon.
Il gigante americano ha infatti annunciato ai produttori di dispositivi connessi la possibilità di integrare Alexa in maniera più semplice e meno costosa di quanto accada oggi. In pratica con Alexa voice service (Avs) integration non servirà più un processore potente e tanta memoria, ma basteranno componenti di base e gli oggetti potranno essere sostanzialmente «tonti»: tutto sarà trasmesso nel cloud di Amazon e lì avverrà l’elaborazione. Allora l’interruttore o la lampada serviranno semplicemente da collettore, da microfono per le richieste ad Alexa che saranno elaborate nei server di Amazon per poi tornare sotto forma di comando agli apparecchi connessi in casa.
Uno scenario che è chiamato «ambient intelligence» o «ambient computing space», in cui l’intelligenza è distribuita. L’interruttore, o qualsiasi altro oggetto, dovranno avere solo due capacità: primo mettersi in funzione quando viene pronunciata la parola chiave (Alexa, in questo caso), secondo essere connessi per trasmettere il resto.
Funzioni, però, non da poco, soprattutto la prima. Perché da quella dipende l’attivazione della registrazione e quindi la trasmissione al cloud delle frasi degli utenti mentre dalla percezione di sicurezza e privacy da parte degli utenti dipenderà l’adozione di questi sistemi.
Parlando di privacy, il country manager Alexa di Amazon Italia, Gianmaria Visconti, qualche settimana fa aveva sottolineato a ItaliaOggi come sia una «priorità assoluta»: «Siamo davvero ossessionati e concentrati su questo», ha aggiunto. «Noi ci siamo impegnati a realizzare strumenti per il controllo da dare a clienti e soprattutto trasparenza. Alexa, contrariamente a quello che si dice, non è sempre in ascolto: i dispositivi sono inattivi e si attivano solo pronunciando la parola d’attivazione o toccando il pulsante. Quando si attiva ho un indicatore molto visibile. Poi c’è un pulsante che esclude il microfono elettricamente. Diamo poi la possibilità di rivedere lo storico delle interazioni e cancellarle e andiamo avanti ad aggiungere funzioni di controllo della privacy in continuazione».
Può capitare comunque che gli smart speaker si attivino accidentalmente, perché confondono una frase o un rumore per un comando chiave. Google, per esempio, tranquillizza gli utenti che si lamentano di questo sui social pescando i tweet e rispondendo di volta in volta. Segnale che le aziende si stanno rendendo conto che la privacy deve esserci e deve essere percepita. Sarà questo sicuramente un ambito in cui si farà strada, sia in termini di accorgimenti offerti dai produttori che di regolamentazione, per ora del tutto assente su questi sistemi.
In ogni caso gli smart speaker stanno avendo una crescita enorme: secondo l’ultima analisi di Canalys, nel terzo trimestre di quest’anno ne sono stati venduti 28,6 milioni in tutto il mondo, un crescita del 44,9% sullo stesso periodo dello scorso anno. Ed è Amazon la regina incontrastata del settore: 10,4 milioni, +65,9%, mentre Google, unico in calo secondo la società (3,5 milioni, -40%) è quarto in classifica dopo i cinesi di Alibaba (3,9 milioni, +77,6%) e Baidu (3,7 milioni, +290,1%). Il boom si avrà però in questo trimestre fra black friday e il seguito fino a Natale.
Andrea Secchi, ItaliaOggi