Conquistare l’Europa per annullare l’effetto dei dazi. È questo l’obiettivo che la Cina intende perseguire, soprattutto per quei suoi settori economici scossi maggiormente dalle tariffe degli Stati Uniti. L’assioma è semplice: dal momento che non è più possibile riversare i prodotti made in China a Washington e dintorni a prezzi convenienti, Pechino deve puntare gioco forza su altri mercati. Nel frattempo Donald Trump ha calato sul tavolo una nuova carta, mettendo nel mirino l’Unione europea. Alla Casa Bianca si sono accorti che il deficit commerciale tra Stati Uniti e Vecchio Continente relativo al 2018 è stato di 169 miliardi di dollari, un valore troppo sbilanciato a favore dei Paesi dell’Eurozona, e che The Donald vuole ricalibrare
Anche in questo caso, così come per la Cina, l’arma usata da Trump è quella dei dazi. Guerra commerciale contro il Dragone e guerra commerciale contro Bruxelles: unendo questi due punti balza all’occhio il rischio che corre il mercato dell’automotive globale. Già, perché Trump si lamenta allo stesso tempo sia per le troppe Mercedes che transitano sulle strade di New York, quanto per la “competizione sleale cinese”. In entrambi i casi la ricetta degli Usa è la stessa: chiudersi ermeticamente a riccio. La conseguenza è che gli attori colpiti dal comportamento americano, nel nostro caso Europa e Cina, saranno costretti ad appoggiarsi l’uno all’altro per far fronte alle rispettive esigenze. E la sensazione è che l’abbraccio cinese al Vecchio Continente possa essere molto più pericoloso che non viceversa.
La guerra dei dazi cambia gli equilibri
Il rischio che Washington imponga tariffe del 25% sulle auto europee al fine di spingere le case a produrre maggiormente negli Stati Uniti non è certo da prendere sotto gamba. In attesa di capire se il tycoon farà davvero scattare la mannaia dei dazi sui veicoli e parti importati dall’Europa in base a una legge commerciale risalente addirittura alla Guerra fredda, Bruxelles resta con il fiato sospeso. Già, perché secondo alcune stime, le ipotetiche tariffe del 25% sulle quattro ruote provenienti dal Vecchio Continente potrebbero avere effetti devastanti sull’industria dell’auto europea, oltre che provocare un aumento del costo delle stesse automobili per i consumatori americani tra i 1.400 e i 7mila dollari. Stando alle indiscrezioni riportate da Reuters e Politico, Washington dovrebbe concedere all’Ue una proroga di sei mesi di tempo per trovare un accordo sui dazi. Ma, prima o dopo, in un modo o in un altro, il nodo auto dovrà essere sciolto.
La Cina scende in campo
In particolare, Trump ha messo nel mirino la Germania. In altre parole è colpa di Berlino se l’inquilino della Casa Bianca vuole vendicarsi dell’intero settore automobilistico europeo, perché gli Usa hanno un deficit con i tedeschi pari a 68 miliardi di dollari, la maggior parte dei quali derivanti proprio dall’automotive. Che c’entra la Cina in tutto questo? L’economia del gigante asiatico non si basa certo sull’esportazione di auto made in China negli Stati Uniti. Però è anche vero che i dazi di Trump hanno rallentato la locomotiva cinese e paralizzato i consumi della sua classe media, adesso molto più attenta al consumo dei soldi. Il mercato interno delle auto del gigante asiatico ha subito un contraccolpo non indifferente: si parla di una contrazione del 5% che si aggiunge al già pessimo 2018. Senza più bersagli con gli occhi a mandorla da colpire (leggi come: consumatori), le grandi case produttrici cinesi sono costrette a guardare oltre la Muraglia per mantenere i bilanci attivi.
Guerra all’ultima auto
E così i marchi cinesi sono pronti a sbarcare in Europa. In realtà alcuni brand sono già attivi, anche se l’intenzione del Dragone, adesso, è quella di renderli veramente competitivi. Negli ultimi 15 anni abbiamo avuto diverse manovre di mercato degne di nota: nel 2005 Nanjing-SAIC acquista il marchio Mg dal costruttore inglese Rover, mentre due anni più tardi Nanjing viene acquisita dalla stessa Saic. Al momento l’azienda sta effettuando test per lanciare un crossover compatto elettrico, l’Mg Ez, in vari Paesi europei, tra cui Spagna, Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo e Regno Unito. Zhejiang Geely Holding Group ha venduto il suo primo prodotto nel Vecchio continente nel 2017: un crossover chiamato Lynk & CO, marchio gestito da Geely, a sua volta sussidiaria di Volvo. In occasione dell’ultimo salone dell’auto di Francoforte sia la startup Aiways sia Great Wall hanno annunciato di esser pronti a gettarsi nella mischia per ritagliarsi una fetta di mercato all’interno del Vecchio Continente. I brand europei devono ingegnarsi, altrimenti rischiano di fare la stessa fine che nel campo della telefonia mobile hanno fatto i vari Nokia e Motorola, messi fuori gioco dal cambiamento tecnologico e dalla sagacia di aziende come Apple. Ricordiamo inoltre che numerosi costruttori cinesi quotati in Borsa possono contare su un valore di mercato ben superiore rispetto a quello dei concorrenti occidentali. Dongfeng, ad esempio, vale più di Ferrari, così come Changan Group, Guangzhou Auto, SAIC e Faw surclassano Bmw, Mazda e Subaru.