Ci ha messo più di altri settori perché è tradizionalista per vocazione. Ma quando il mattone italiano ha finalmente incontrato la tecnologia, l’impatto ha portato una ventata di novità, con una pletora di modelli di business e servizi innovativi che hanno abbassato le barriere all’ingresso e aperto la concorrenza.
Partiamo dall’effetto più evidente: ormai la maggior parte delle ricerche d’immobili avviene attraverso internet. Al contrario dell’e-commerce però, la Rete in Italia resta perlopiù una vetrina.
Siti molto cliccati come immobiliare.it o idealista.it servono per il primo approccio, ma il resto succede perlopiù tramite contatto reale.
C’è però una nuova generazione di agenzie digitali, che si sono affacciate sul mercato negli ultimi due anni per sfruttare la velocità, scalabilità, economicità delle infrastrutture informatiche e la capacità di raccogliere quantità importanti di dati. Homepal, Dove.it, Agencasa.it, Housefy, RockAgent sono alcuni dei nomi che hanno approfittato di questa opportunità per sbarcare sul mercato italiano in maniera estesa e capillare con investimenti inferiori e tempi ristretti rispetto alle agenzie tradizionali. Puntando su automazione dei processi (prenotazioni online delle visite, niente documenti cartacei), disintermediazione (con consulenze limitate e magari da remoto) e servizi innovativi.
La mole di dati a disposizione promette, ad esempio, di stimare con precisione i tempi per chiudere una transazione a un determinato prezzo. Di velocizzare le pratiche. Oppure di ampliare i criteri di valutazione, rendendo i prezzi teoricamente più obiettivi: ai parametri classici come le dimensioni dell’immobile e i dati dell’Osservatorio Immobiliare si possono aggiungere l’età media o lo stile architettonico degli immobili nella zona, la panoramicità, la composizione demografica del quartiere, l’accessibilità dei mezzi. Il tutto giocando sui risparmi assicurati da una gestione centralizzata senza vetrina su strada per offrire prezzi competitivi. Homepal e RockAgent chiedono, ad esempio, un costo fisso anziché la classica provvigione percentuale, indipendentemente dal valore della transazione. Mentre Agencasa.it richiede un fee solo se viene effettuata la vendita o la locazione dell’immobile.
Certo, davanti a un annuncio virtuale che contiene informazioni non immediatamente verificabili di persona occorre fare un poco di attenzione in più. Ma proprio per questo anche le agenzie online offrono quasi sempre qualche tipo di supporto.
“La digitalizzazione cresce e permette di sfruttare servizi innovativi per migliorare l’offerta”, conferma Alessio De Rosa, fondatore di Agencasa.it. “Anche se, nell’arco di transazioni immobiliari complesse, un certo livello di consulenza umana anziché virtuale è ancora richiesto dai clienti, soprattutto in Italia”.
Ma l’impatto non si esaurisce nelle agenzie online. Il fermento è diffuso in tutta la categoria proptech, ovvero le imprese tecnologiche legate all’industria immobiliare. E i big data sono quasi sempre i protagonisti. Secondo i dati pubblicati da Venture Scanner l’anno scorso, i finanziamenti al mercato globale delle proptech sono aumentati con un tasso annuo di crescita composto (CAGR) del +63% dal 2011.
“Oggi la possibilità di raccogliere ed elaborare grandi quantità di dati permette di conoscere meglio i cicli del mercato e le esigenze degli utilizzatori finali”, dice Silvia Rovere, presidente di Assoimmobiliare. “Questo accresce le opportunità e di conseguenza la redditività degli immobili, sia nella fase di costruzione sia in quella di gestione”.
Le infrastrutture tecnologiche hanno ampliato la varietà d’utilizzo dei beni immobiliari, dando vita a nuovi business. Qualche esempio sul mercato italiano: il co-working per WeWork o Talent Garden; co-living e affitti a breve-medio termine per Airbnb, DoveVivo o SweetGuest; instant buying, che offre valutazione e offerta d’acquisto in tempi brevissimi, per Casavo.
La disponibilità dei dati ha fatto il resto: dalla valutazione, alla semplificazione passando per l’analisi del rischio. Oggi le aziende possono monitorare facilmente gli spostamenti dei propri dipendenti all’interno degli uffici. Questo consente di progettare gli spazi in modo diverso, ottimizzando l’immobile e il suo mercato. Nelle grandi catene di negozi, dove gli affitti sono spesso aggiustati in base alle vendite fatturate, i dati sull’affluenza reale dei clienti permettono di compensare il fenomeno di chi visita il negozio ma poi compra online. Partendo dalle immagini di Google Street Map si possono identificare i modelli di automobili che circolano con più frequenza in certe zone per trovare correlazioni con i redditi o stili di vita degli abitanti.
“L’utilizzo intensivo dei dati può sollevare temi di privacy e sicurezza, ma aiuta a rendere i processi più efficienti”, sottolinea Andrea Beltratti, docente responsabile del REInnovation Lab, programma di ricerca e formazione nel settore immobiliare dell’Università Bocconi. “E vero che il settore del real estate italiano è arrivato più tardi di altri ad abbracciare la trasformazione digitale. Ma questo offre ampie possibilità di recupero”.
Nicola Scevola, Business Insider Italia