Questa volta Luigi Di Maio si è arrabbiato davvero. E dopo aver minacciato di togliere la fiducia al governo è pronto a passare all’incasso. Il capo politico dei 5 Stelle arriverà oggi al vertice di Palazzo Chigi con la ferma intenzione di ottenere da Giuseppe Conte un risarcimento concreto dopo «lo schiaffo enorme» dell’editto di Perugia. Quel «chi non fa gioco di squadra è fuori dalla maggioranza» e ancor più il richiamo del premier alle origini del Movimento, che «gridava onestà, onestà», gli hanno fatto male. E ora Di Maio – al quale non è bastato il messaggino di scuse che avrebbe ricevuto sullo smartphone sabato sera e che Palazzo Chigi smentisce – vuole che il premier si impegni pubblicamente a riaprire la manovra in Parlamento.
«Non c’è possibilità di negoziato — è l’avviso che il ministro degli Esteri ha condiviso con i collaboratori —. Conte deve accettare le nostre richieste irrinunciabili, altrimenti non si va avanti». La manovra è chiusa, aveva ammonito il capo del governo. Ma poi Di Maio, forte dell’asse con Renzi, si è messo di traverso, ha ricordato che senza il M5S il governo è morto e i pontieri si sono messi al lavoro per scongiurare la crisi. E così, salvo altri colpi di scena, il premier si mostra pronto ad andare incontro alle rivendicazioni del Movimento. In fondo, ragiona il professore pugliese, la manovra è stata approvata «salvo intese» e la distanza nel merito non è incolmabile. Non c’è alcuna chiusura, c’è anzi la «massima disponibilità» a qualche ritocco mirato.
Per Di Maio la flat tax al 15% non si tocca? E Conte, che sulle prime era favorevole a rosicchiare quattrini al popolo delle partite Iva, è rassegnato al dietrofront. D’altronde la modifica non è una sua battaglia, è stata studiata al ministero dell’Economia dal terzetto Gualtieri, Misiani, Castelli e adesso toccherà a via XX Settembre rimetterci le mani per placare il M5S… Anche su una «cosa simbolica» come le multe ai commercianti che non usano il pos, Conte ritiene non sia il caso di alzare barricate. E la lotta all’evasione, terzo «irrinunciabile» paletto di Di Maio? «Sulla galera andrò fino in fondo», va ripetendo Conte e al vertice spiegherà che «non ha senso dividersi sul nulla» perché lui e il capo del M5S stanno affermando in sostanza la stessa cosa. Tanto che Bonafede porterà in Cdm il pacchetto sul carcere ai grandi evasori.
A un passo dal burrone — con Di Maio che, per vie traverse, gli rinfaccia di aver ingaggiato «una campagna personale sull’evasione», cercando i riflettori ed esagerando con le interviste — Conte ha capito che bisogna frenare. Il premier spronerà la sua squadra a lasciarsi alle spalle il fardello di litigi, veti e sospetti e a ripartire con il piede giusto. «Dobbiamo tutti calmarci e parlarci di più, non sui giornali o dai salotti televisivi — è il monito che il presidente sta mettendo a punto, dopo essersi consultato anche con Zingaretti e i ministri del Pd —. Dobbiamo evitare contrapposizioni e stare uniti, altrimenti fare le cose che abbiamo promesso sarà impossibile». Il richiamo di Conte è rivolto in particolare a Renzi, ma risponderà anche agli acuti di Di Maio, con il quale la competizione ha raggiunto livelli da allarme rosso.
Far sapere all’inquilino della Farnesina che il premier ha usato «toni troppo forti» e che il suo «generico» altolà è stato male interpretato, non è bastato, perché l’ira di Di Maio continua a disseminare scintille. Chi ha sentito il ministro lo descrive «molto rattristato» per le mosse di Conte, che avrebbe dimenticato «chi lo ha messo a Palazzo Chigi e con quali voti governa». Quando si sfoga con i suoi, che descrivono l’avvocato del popolo come «irriconoscibile e nervoso per il Russiagate», Di Maio è un torrente in piena. Al premier rimprovera di aver stretto un accordo con i sindacati che costa tre miliardi di cuneo fiscale, penalizzando le piccole imprese. Lo accusa sottovoce di aver offerto il fianco alle pugnalate di Salvini, ponendosi come il capo di un «governo delle tasse». Si sente «deluso sul piano umano e della lealtà» e richiama il premier al «rispetto dei valori del M5S», che Conte avrebbe tradito per contendere a Renzi il ruolo di anti-Salvini. Ecco, gli umori sono questi. È da qui che il premier dovrà ripartire per rimettere in piedi la sua maggioranza.
Monica Guerzoni, Corriere.it