La regista che prese un figlio sdoganando l’utero in affitto
Ultrasessantenne «ebbe» una bambina concepita dal marito con una portinaia francese Carattere fortissimo e ribelle: morsicò De Crescenzo e non risparmiò il «vaffa» a Moretti
(di Cesare Lanza per LaVerità) Nel 1991 Giorgio Pallaviciai, presidente nazionale dell’Anfaa (associazione che riunisce i genitori adottivi e affidatari), firma un esposto indirizzato alla Procura della Repubblica per i minori a Brescia. Nel mirino dell’associazione non c’è una coppia di genitori qualsiasi, che per portare a casa un bambino potrebbe aver violato la legge, ma la regista Lina Wertmüller e suo marito, lo scenografo Enrico Job. Qualche mese prima i rotocalchi avevano iniziato a pubblicare le prime immagini rubate, col teleobiettivo dietro le grandi finestre della casa romana della coppia, che non ha figli: al di là dei vetri, si distingueva la regista con un neonato tra le braccia. Il neonato si chiama Maria Zulima Angelica Antonia Job, la bimba risulta essere nata il 17 gennaio 1991 all’estero, in una località non meglio precisata, ed è stata iscritta all’anagrafe come unica figlia della regista e dello scenografo. Chiarito un problema, se ne sono però aperti molti altri. Che la piccola possa essere figlia naturale della coppia Wertmuller-Job, infatti, appare concretamente impossibile avendo la regista compiuto i 62 anni di età. Altra ipotesi potrebbe essere quella di un utero in affitto, ipotesi non priva di difficoltà e incognite, visto il vuoto legislativo. Se la piccola Maria Zulima fosse stata adottata da Lina Wertmiiller ed Enrico Job, come il buonsenso lascia credere, c’è da chiarire, per prima cosa, come e quando il Tribunale dei minori di Brescia abbia convalidato questa adozione, avvenuta all’estero. Le poche cose che si smno sulla storia di Maria Zuima Job sono comunque sufficienti afar balzare agli occhi le contraddizioni tra la legge italiana sulle adozioni e il caso della piccola, prima fra tutte l ‘età: le nostre norme prevedono che tra figlio e genitore adottivo non possano esserci più di quarantanni di differenza. Altro problema: per adottare un figlio all’estero, occorre essere stati dichiarati idonei a , diventare genitori dai magistrati in Italia, una condizione che le dichiarazioni rilasciate dalla celebre regista neomamma a un settimanale non hanno precisato. Per rendere valida in Italia una simile adozione, avvenuta sulla base di leggi straniere (alcuni Paesi, come la Polonia, non fissano regole per quanto riguarda il rapporto tra le età), il Tribunale dovrebbe averia fatta rientrare nella categoria dei casi particolari, previsti dalla legge. È proprio a causa delle difficoltà, e dì alcune lentezze, nell’applicazione della legge, interpretata per lo più con rigidità nell’intenzione di tutelare i bambini, che molte coppie ricorrono a riconoscimenti e procedure alquanto dubbi. A calmare le acque non bastano le dichiarazioni della Wertmuller, che prima ha concesso foto e documenti a un settimanale e ha raccontato estasiata che questa bambina è figlia della felicità e dell’amore, e successivamente, raggiunta al telefono nella sua casa romana, ha dichiarato di non poter più parlare di questa storia, troncando la comunicazione senza aggiungere altro (da La Repubblica, 1991). Per concludere, alla fine si è accertato che Maria Zulima in realtà è la figliastra della Wertmuller, nata dal concepimento tra Job (il marito) con un’altra donna, anche se la vicenda è sempre stata avvolta dal massimo riserbo. Lina ha dichiarato di amare moltissimo sua figlia. «È una signora parigina di 35 anni, moglie di un portinaio e madre di tre figli, la donna che ha dato alla luce, nella clinica La Renaissance di Marsiglia, Maria Zulima, figlia dello scenografo Enrico Job, 58 anni, marito della regista Lina Wertmuller, 62 anni», rivelò il settimanale Oggi. E il giallo creatosi intorno ai genitori Job-Wertmuller l’indomani del battesimo della piccina, sembrerebbe così risolto. Oggi racconta come sia stata rintracciata la madre naturale di Zulima, Yvette Bourdis, che vìve con i suoi in un paesino vicino a Parigi. La signora sarebbe una mère porteuse, una madre in affitto. Ossia, una donna disposta, dietro compenso, a farsi inseminare artificialmente e a portare avanti la gravidanza, per donare poi il bimbo a una coppia. La signora sarebbe diventata madre portatrice nell’88, dopo aver dichiarato la sua disponibilità all’Alma Mater, organizzazione senza fini di lucro diretta dal dottor Sacha Geller, con sede a Marsiglia. Alma Mater fu poi sciolta dai giudici della Provenza, ma il fenomeno non cessò, anzi diede origine a un mercato clandestino di uteri in affitto.
La grande regista ha sempre scelto, senza il minimo timore, comportamenti controcorrente, dettati dalla sua coscienza e dal desiderio di giustizia. Come, di recente, nel caso – universale – in seguito alle denunce di molte attrici su molestie sessuali subite sul lavoro. «Le molestie», ha detto la Wertmuller, «ci sono sempre state. Oggi vengono amplificate dai media e forse ultimamente si è esagerato con la caccia alle streghe. Ma spero che tutto questo serva almeno a cambiare le cose, a garantire più rispetto». Un altro capitolo, interessante e perfino divertente, riguarda l’aggressività, sul set, di Lina Wertmuller. Grazie al suo carattere fortissimo: una volta, addirittura, fu protagonista di un morso a Luciano De Crescenzo. «Farsi obbedire», ha detto, «non è questione di sesso. Ci vuole carattere. Sapevo il fatto mio. Ero capace di impormi. E, quando serviva, menavo». E ha citato un episodio accaduto durante le riprese di uno dei suoi film più celebri, Sabato, domenica e lunedì, tratto dalla commedia di Eduardo De Filippo. De Crescenzo interpretava il geologo Janniello: «Sul set non la finiva più di gesticolare, così gli morsi un dito. E lui smise immediatamente di agitare le mani». Con Nanni Moretti ci fu un battibecco qualche anno fa: «Non ho cambiato idea su di lui. Fu cafone. Mi aveva preso in giro in Io sono un autarchico. Quando lo incontrai a Berlino, sul red carpet, mi avvicinai per stringergli la mano e riderci su. Lui se ne andò. E allora gli dissi: “A Moretti, ma vaffa…”». Ben più clamoroso l’incidente con Monica Vitti. «Eravamo a Parigi, in teatro. Tutti dovevano recitare in tuta, lei non voleva. Scoprii che le era arrivato un abito di voile azzurro e che lei aveva tagliuzzato la tuta. Allora, tagliuzzai l’abito, feci rammendare la tuta e le dissi «Mettiti questa, Ceciarelli, sennò ti spacco la faccia». (Ceciarelli era il vero cognome della Vitti). Un carattere ribelle fin da bambina. «Sono stata cacciata da undici scuole. La volta più clamorosa all’asilo, quando venne la “vigilatrice” a esaminarci. Avevo chiesto di uscire per fare la pupù, non mi avevano dato il permesso. Ripetei la richiesta, niente. Al che, mi calai le mutandine e la feci davanti alla vigilatrice». Molto profondo, il legame con Enrico Job: è stato un grande amore, un «colpo di fulmine», ma soprattutto «un regalo della vita. O un regalo di Dio, per chi ci crede». Anche se su Dio non si sbilancia: «sono piena di dubbi ». Nel 1965 tutto ebbe inizio. Entrambi già famosi, lui più giovane di cinque anni. La stessa sera in cui si incontrarono, Lina ebbe subito la sensazione di aver fatto l’incontro della sua vita, «con quella magica certezza che fosse per sempre. È un mistero, l’amore». Oggi però Lina è scossa da un rimorso, di «averlo sottratto alle arti più nobili per il cinema». Grazie ad Enrico la vita della Wertmuller cambiò radicalmente. Furono gli anni in cui frequentavano Federico Fallini e Giulietta Masina, ma anche Woody Alien. Poi, quando sia lei che Jcb erano ormai anziani, arrivò la loro figlia, Maria Zulima. «È arrivata, sì. Succede alle coppie che si vogliono bene», spiega. «Oggi è adulta ma la incontro quotidianamente, anche solo per un bacio.» Enrico, invece, continua a mancarle in modo incredibile, dice con amarezza: «Il tempo non può fare niente. Può solo permetterti di capire che hai davanti un abisso».
Su Lina, molte interessanti curiosità. Soffre di insonnia, «ma per scelta». A un Golden Globe, Robert Altman si alzò, le si inginocchiò davanti e le baciò i piedi. Ha rifiutato un milione di dollari dagli inglesi di Penthouse per girare Caligola. Quando era piccola ha incontrato Benito Mussolini e ha dato uno zuccherino al suo cavallo. Ha pagato a rate 5.000 pezzi dei suoi occhiali bianchi. Ha scritto per Mina la canzone Mi sei scoppiato dentro al cuore dedicata a suo marito. Dava ai suoi film titoli lunghissimi per dispetto alle case produttrici, e si divertiva, sapendo che il pubblico non avrebbe ricordato il titolo.Per conoscere meglio il suo carattere, ecco ciò che ha detto nel corso della sua vita. «Amare è essere impegnati, è lavorare, è avere interessi, è creare». «Sappiate che se mi piglia un colpo, me ne vado come un commensale sazio.» «All’inizio del Novecento eravamo più 0 meno un miliardo, alla fine del secolo quasi sette miliardi e questo è l’inizio della fine del mondo se continua così, quindi vorrei che si parlasse di più di preservativi». «Amo tantissimo scrivere e quindi adoro tutte le attività legate alla scrittura e al mondo dello spettacolo». «Sul set comandavo io. Devi importi per farti ascoltare. Io gridavo e picchiavo».
Lina è nata a Roma il 14 agosto 1928, all’anagrafe Arcangela Felice Assunta Wertmiiller von Elgg Spanol von Braueich, discendente, per parte di madre, da una nobile famiglia svizzera. Figlia di Federico, giornalista costretto a diventare avvocato per le sue idee antifasciste, a sua volta, trascinata da Miriam Mafai, s’infiammò per le manifestazioni politiche degli anni Quaranta. Al liceo Cicerone incontrò Flora Carabella, futura moglie di Marcello Mastroianni, con cui s’iscrisse all’Accademia teatrale. Fu aiuto regista di Fellini per Otto e mezzo, nel 1963 esordì con I basilischi (premiato al festival di Locarno), nel 1964 diresse per la tv Gianburrasca con Rita Pavone. Poi Mimi metallurgico ferito nell’onore (1972), Film d’amore e d’anarchia: ovvero stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza (1973) e l’anno successivo Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto e nel 1975 Pasqualino Settebellezze. Dopo una serie di film di normale risonanza, nel 1990 diresse Sabato, domenica e lunedì, con Sophia Loren e ottenne un grande successo. Poi lo speriamo che me la cavo (1992). Apparve da ultimo nel 2013 in un cameo per il film Benvenuto Presidente, con Claudio Bisio. Il prossimo 27 ottobre riceverà l’Oscar alla carriera come migliore regista. È la prima donna a ricevere questo premio. «Non ho mai amato i premi, ma questo corro a prendermelo!», ha detto. La motivazione: «… Per onorare il modo in cui si è distinta nel perseguire i suoi obiettivi nella vita, per il contributo straordinario all’arte cinematografica e per il servizio eccezionale reso all’Academy». Avrà anche una stella sulla Walk of fame. «Sono molto emozionata», ha commentato «e ricordo che nel 1977 sono stata con mio marito al Walk of fame e scherzando gli dissi: “Mi piacerebbe avere una mia stella un giorno”. Mi divertii molto a mettere le mani nelle stelle degli altri! Ora sono contenta perché la mia stella sulla Walk of fame resterà anche per le future generazioni».