Dai mille amanti all’alcolismo, i demoni dell’Angelo azzurro
La grande attrice di Hollywood era atea, bisessuale e ossessionata dall’aspetto fisico Sedusse Ernest Hemingway, John Wayne e Greta Garbo, ma si perse nelle sue fobie
(di Cesare Lanza per LaVerità) Dietro al sensuale «Angelo azzurro» si celavano un pessimo carattere, varie fobie, alcolismo, pesanti ritocchini estetici, omosessualità, molti amanti e un poco raccomandabile spirito materno. Maria Riva, figlia unica della grande cantante e attrice Marlene Dietrich, in un libro rivela che dietro la bellezza sofisticata e sensuale della mamma si nascondevano brutte verità. A 25 anni dalla scomparsa, nel libro Marlen Dietrich: the life, Maria descrive la spietatezza di Marlene per diventare una grande diva. La Dietrich non era affettuosa, gentile o semplicemente umana, non rideva mai, gli sguardi gelidi erano la sua specialità. «Era come una regina. Quando parlava tutti l’ascoltavano. Non ha mai fatto una fila in aeroporto, non hanno mai controllato il suo passaporto e rimaneva stupita dalla bruttezza delle persone comuni quando le vedeva in luoghi affollati». Era una «terribile egoista, che parlava raramente con gli altri poiché ciò avrebbe implicato un certo interesse per le loro opinioni», scrive la Riva.
UNA MADRE TERRIBILE
Aveva anche fobie: era terrorizzata dai germi, ad esempio, passava al setaccio i bagni, si lavava con forti detergenti e antisettici. La prima cosa che faceva in una stanza, anche se si trattava dell’hotel Ritz, era inginocchiarsi a strofinare il bagno, per pulirlo alla perfezione. Tra gli aspetti meno noti c’è il suo alcolismo. Spiega la figlia: «Quando cessa l’effetto dell’alcol si è depressi e furiosi. È la tragedia dell’alcol, la tragedia di mia madre. La sua fine è stata una vera tragedia». Marlene Dietrich è morta per un attacco cardiaco. Non si era mai fidata dei medici. Aveva ragione… Mezz’ora prima della fine un famoso cardiologo l’aveva visitata complimentandosi: «Lei ha il cuore di una ragazza, Marlene». Come madre, Marlene era terribile; non voleva che la figlia avesse amici o si avvicinasse a un cane. L’attenzione doveva essere tutta per lei, anche quando Maria, da adulta, attraversava una fase di alcolismo, zero autostima e disperazione. Il nipote David descrive Marlene come una donna incapace di proteggere sua figlia dalle molestie sessuali di una tata lesbica che violentò Maria, quando aveva solo 13 anni. La ragazzina corse a raccontare il fatto alla madre (omosessuale) che rispose: «Bè, non sei morta. Facci pace». Secondo Il Foglio, era anche una scialacquatrice: appena metteva le mani su una mazzetta di banconote, la polverizzava comperando di tutto, per sé ma anche per gli altri e in particolare per la figlia Maria, con la quale aveva un rapporto tempestoso: non la incontrava per anni, quando le parlava per telefono 0 le scriveva la copriva di insulti (ricambiati). «Maria mi esecra. Non mi perdona di essere stata la testimone della mia giovinezza incosciente, delle mie follie». Diceva anche di amarla. «Non posso lasciarle soldi ne immobili né altro. Ma le lascerò l’esclusiva dei miei eccessi. Potrei ricavare un sacco di quattrini dal racconto di quel mucchio di letame che ho sempre tenuto nascosto. Se è furba potrà arricchirsi». Ancora: i ritocchini. La super diva degli anni Trenta, per avere il suo aspetto da sensuale e tenebrosa femme fatale, ricorreva a diversi espedienti. Per avere lo zigomo più esposto e un viso più scavato si fa estrarre i denti molari (come Joan Crawford) e ricorre a un marcato uso del contouring (l’effetto ottenuto sfumando una terra scura nel solco sotto lo zigomo). Durante le riprese del film Kismet del 1944 Marlene ha 43 anni e decice di farsi fermare alcune ciocche di capelli con delle spille in modo che tirassero molto la pelle, per una sorta di effetto lifting (certe volte però provocando dolorosi sanguinamenti). E Marlene è anche una delle prime ricorrere al nastro chirurgico per tirare indietro la pelle del viso, nascondendolo fra i capelli o sotto una parrucca, e lo usa anche per indossare abiti senza spallini per creare una sorta di reggiseno. Quando di anni ne ha 50 arriva addirittura a indossare una sottile catena d’oro che le passa sotto il mento e dietro le orecchie, nascondendosi tra i capelli, per tirare su la pelle del collo. Pochi sanno che Marlene Dietrich non aveva molti capelli. E quindi spesso, soprattutto sul set, utilizzava provvidenziali parrucche. Ma aveva un trucco: usare della polvere d’oro puro per far sembrare la chioma irresistibile.
GLI AMORI SCABROSI
Infine, lo scabroso capitolo degli amori bisessuali. Dichiaratamente atea e bisessuale, ebbe molti amanti famosi: Hemingway, John Wayne, Kirk Douglas, Frank Sinatra, Greta Garbo ed Edith Piaf. Ebbe anche molti amici tra gli omosessuali: le donne erano affascinate da lei e gli uomini ammaliati dal suo fascino. Sedusse Greta Garbo, che considerava la segretezza come l’essenza del sesso, nei camerini della Compagnia del teatro di Berlino di Max Reinhardt «usando solo la bocca», per poi metterà in giro la voce che la Garbo «era grande lì sotto» e che portava biancheria poco pulita. Fu legata anche allo scrittore Erich Maria Remarque, il cui amore non era tuttavia ricambiato. Lo scrittore era molto geloso di Jean Gabin, reduce da una lunga relazione con l’attrice; nonostante ciò Remarque e la Dietrich ebbero anche in seguito una lunga corrispondenza. Si sposò solo una volta, nel 1923 con il produttore statunitense Rudolf Sieber. Gli restò in qualche modo legata fino alla sua morte, avvenuta nel 1976. Sieber non divorziò mai dalla Dietrich, nonostante tutte le sue infedeltà, perché, a quanto pare, sopportava le relazioni extraconiugali della moglie.
«INCANTEVOLE E FREDDA»
E cosa hanno detto di lei, quali testimonianze sono state raccolte? David Riva, suo nipote: «Era fredda, emotivamente distaccata. Dormiva con chiunque trovasse attraente, per lei l’intimità era un modo di esercitare potere». Goffredo Fofi, prestigioso critico teatrale e cinematografico: «Fu spiritosa e alla mano, dopo essere stata distante e aureolata, ma restò tuttavia diva, un ideale di donna con una classe conquistata con sforzo, partendo da una calorosa volgarità cui aveva rinunciato per Sternberg, ma cui mai aveva rinunciato del tutto». Ernest Hemingway: «Non avesse altro che la voce, così roca e inquietante, basterebbe solo quella a far strage di cuori. Ma la incantevole Marlene dispone di altri tesori: due gambe stupende, la vigorosa perfezione di un volto che sembra scolpito per l’eternità». Jean Cocteau: «La tua voce, i tuoi sguardi sono quelli di una maga incantatrice. Ma le maghe sono pericolose, quasi sempre nefaste per gli uomini che cadono nella rete dei loro incantesimi. La frustata di quel tuo cognome, così duro da pronunciare, si stempera nella carezza di un nome dolcissimo». Di sé invece lei ha detto: «A qualunque donna piacerebbe essere fedele. Difficile è trovare un uomo a cui esserlo». «Chiunque sia stato sedotto voleva esserlo». «Il bene più prezioso di una donna: il campo magnetico nel quale l’uomo viene attratto». «Quando l’amore è finito, gli alimenti colmano il vuoto». «Soltanto le checche sanno come si fa a sembrare una donna sexy ». «È un privilegio femminile essere insensata». Era nata il 27 dicembre 1901, a Schòneberg, Berlino, Germania. Morì il 6 maggio 1992 a Parigi. Era figlia dell’ufficiale di polizia militare Louis Erich Otto Dietrich e di Elisabeth Josephine Felsing. Il padre muore quando lei ha undici anni e la madre si risposa con Eduard von Losch, un tenente di cavalleria che la adotta. Amante della musica, suona discretamente il violino e il piano e nel 1921 si iscrive all’Accademia di Max Reinhardt per studiare recitazione. Fino alla fine degli anni Venti lavora con successo nel cabaret e contemporaneamente ottiene piccole parti al cinema.
LA CARRIERA
Nel 1930 Joseph von Sternberg decide di farle interpretare il ruolo della cantante Lola Lola nel film L’angelo azzurro. La prima del film si tiene il 1° aprile al Gloria Palast sulla Kufustendamm di Berlino e segna l’inizio esplosivo del mito della Dietrich. L’attrice diventa il simbolo di una femminilità misteriosa, carnale, ma allo stesso tempo ironica e sfrontata. Hollywood la chiama e lei ottiene un contratto con la Paramount, che in quel periodo cercava un’attrice da contrapporre alla divina Garbo della Mgm. Tra il Trenta e il Trentacinque gira sei film con Sternberg, di cui diventa nel frattempo l’amante nonostante nel 1924 si sia sposata con Rudolf Sieber e abbia avuto la figlia, Maria, nata nel 1925. Con il suo primo film americano, Marocco al fianco di Gary Cooper, ottiene la candidatura all’Oscar e diventa la più pagata tra le attrici del suo tempo. Nel 1937 diventa cittadina americana e durante la Seconda Guerra Mondiale gira l’Europa e il Nord Africa per intrattenere le truppe statunitensi (per questo le viene conferita la Medaglia della Libertà). Goebbels la invita più volte a tornare nella Germania di Hitler, ma lei rifiuta e, viste le sue attività antinaziste, nel 1950 la Francia le conferisce la Legion d’onore. Negli anni Cinquanta i suoi impegni cinematografici sono sempre più rari e l’attrice si dedica al teatro con recitals di canzoni a Las Vegas, Broadway e Parigi. La sua ultima apparizione sul grande schermo è del 1979 in Gigolò di David Hemmings. Durante la sua ultima performance dal vivo si rompe una gamba per una caduta dal palcoscenico dovuta probabilmente alla sua dedizione all’alcool. Passa così i suoi ultimi 13 anni costretta in casa, lontana dalla vita di società, ma sempre in contatto con i suoi amici sparsi per il mondo, per telefono 0 per lettera. Maximilian Schell, gira con lei Marlene, un lungo documentario di montaggio attraverso schegge di film con un’intervista fuori campo, uscito nel 1984. Muore il 6 maggio 1992. È sepolta al cimitero Friedhof III di Berlino, accanto a sua madre. La figlia Maria Riva ha venduto tutti i suoi documenti, diari, lettere e ricordi al municipio di Berlino e nel 1993 ha pubblicato una biografia impietosa dal titolo Marlene: an intimate memoir. La Dietrich ha scritto due libri: Marlene Dietrich ABC (titolo italiano: Il diavolo è donna, dizionario di buone maniere e di cattivi pensieri) nel 1961, e un’autobiografia: My life story, nel 1979.