La fata nemica di sé stessa condannata a fingersi felice
Dietro una patina di perfezione, la diva nascondeva incubi e paranoie. Fuori dal set era odiosa e depressa. E ogni giorno ingaggiava una guerra con il cibo e con l’amore
(di Cesare Lanza per LaVerità) Non era quel fiorellino elegante che ha illuminato tanti celebri film. Non somigliava affatto, nella vita d’ogni giorno, alla diva incantevole che entusiasmò milioni di uomini e donne. Audrey Hepburn era depressa, angosciata, paranoica al limite della schizofrenia per le fissazioni, disperata per l’anoressia e i disturbi alimentari, ossessionata dal timore di non poter avere figli; era arrogante, superba, sgraziata con i dipendenti, spesso acida, sempre malinconica e scontenta. Marie Claire, famosa rivista femminile, ha scritto: «Audrey Hepburn non era la donna perfetta. Nessuna di noi lo è. Lei però è stata condannata dalla storia a impersonare un modello di grazia ed eleganza da imitare, ed è vietato ricordare (o immaginare) cosa si nascondesse dietro alla sua immagine. Ma di problemi ne aveva tanti, un groviglio, di quelli che nessuna madre si augura di veder ripetere da una figlia». Chi la conosceva sapeva che trovava sempre scuse per saltare il pasto («Non ho tempo», «Non ho fame»} e si arrabbiava quando la stampa di gossip la accusava di mantenere quella figura snella in modo insano. Alle origini delle sue ansie tormentose c’era stata la guerra, il terribile «inverno della fame» del 1944, quando l’embargo di Adolf Hitler all’Olanda aveva lasciato la popolazione allo stremo. La famiglia di Audrey era stata investita dal dramma, la futura star di Hollywood aveva le mani e i piedi sempre pieni di geloni, soffriva di una forte anemia: in casa si preparava il pane con la farina dei bulbi di tulipano. Sembrava devota al digiuno come a una religione, quasi temesse di riabituarsi a mangiare per ritrovarsi ancora spiazzata in caso di un’altra guerra. Lei negava, dichiarava di mangiare regolarmente e di essere magra solo grazie a un metabolismo molto veloce. Lo negava pure dopo aver sposato lo psichiatra italiano Andrea Dotti, specializzato proprio in disturbi alimentari degli adolescenti. E tutti l’ammiravano come un modello fisico inarrivabile, invidiatissimo. In un lampo di sincerità dichiarò: «Se in passato sono riuscita a sopravvivere senza quasi mangiare, potrei farlo anche ora. Sono obbligata a controllare la mia ingestione di cibo». Di certo era una donna molto intelligente e sensibile; è sempre riuscita a immedesimarsi nei ruoli che ha scelto, sapeva trasmettere nei film quell’emotività capace di catturare lo spettatore. Ma c’erano dolorosi retroscena che il pubblico non conosceva. La tristezza per Audrey era una compagnia abituale. La depressione cambiò la sua vita. Altro tormento: la maternità, l’incubo di non riuscire ad avere figli serenamente. Ebbe i primi due aborti spontanei nel 1955 e nel 1959, vivere sottopeso non la aiutava molto, anche se il secondo aborto era stato la conseguenza di una brutta caduta da cavallo sul set del film Gli inesorabili (1960). Con la terza gravidanza, Audrey si sottopose a un periodo di riposo strettissimo, con l’hobby di dipingere paesaggi e nature morte. E finalmente, nel luglio del i960, riuscì ad avere Sean dal matrimonio con Mel Ferrer. Nel 1965 e nel 1967, altri due aborti. Riuscì ad avere il secondo figlio, Luca, (da Andrea Dotti) nel 1970, a 40 anni.
La gente vicina a lei non la trovava certo irresistibile. Era un capo molto esigente, licenziava i suoi assistenti implacabilmente. Alla fine trovò una donna italiana e un ragazzo olandese, che seguivano con pazienza i suoi ritmi. La mattina presto erano già a casa sua, in Svizzera, per leggerle la rassegna stampa e per organizzare i suoi numerosi impegni umanitari. Era paranoica. Negli anni in cui abitò a Roma con il marito italiano, era dominata dal terrore cne rapissero lei o uno dei suoi figli. Erano gli anni Settanta, non era l’unica a vivere nella paura dei sequestri. Una volta scelta la Svizzera, Audrey non si spostò più per trentanni. Fino a quando, dopo una lunga malattia, la morte la colse a 63 anni, al tramonto, in una stanza con le finestre affacciate su quel paesaggio svizzero che amava tanto e che era diventato il suo rifugio. Anche gli amori furono inquieti. La sua prima relazione sbocciò a 21 anni, nel 1950, con il cantante Marcel Le Bon. Si chiuse in poco tempo, con l’arrivo di James Hanson e l’inizio di una storia più importante. Il fidanzamento è però interrotto da Audrey, irritata per la continua invadenza di James nella sua vita professionale. Divenuta una stella del cinema, è assediata da moltitudini di ammiratori e spasimanti. Arriva Mei Ferrer, attore americano al suo terzo matrimonio: un periodo nero, in cui l’attrice accusa un forte crollo nervoso e, nonostante il matrimonio con Ferrer, l’infelicità ha il sopravvento. Subisce un aborto spontaneo e intraprende una nuova relazione: il sospetto è che i due coniugi, stanchi del rapporto matrimoniale, avessero un tacito accordo sui rapporti extraconiugali. Ad aggravare la situazione, anni dopo, è una nuova gravidanza, che porta alla nascita di un bambino senza vita. Solo nel 1960 Audrey Hepburn riesce a realizzare il suo sogno e a diventare madre. Ma il matrimonio con Ferrer è in crisi e lei vive un flirt con l’attore Albert Finney. Poi lascia il marito definitivamente. Dopo altre relazioni minori, Audrey ritrova l’amore con Andrea Dotti: si sposa e ha un figlio. I continui tradimenti del marito portano a un nuovo divorzio. Il nuovo amore con Robert Wolders è finalmente sereno, fino al giorno in cui le viene diagnosticato un tumore e lei muore il 20 gennaio 1993.
Per capire qualcosa di più della sua complessa personalità» ecco alcune testimonianze. Luca Dotti, il secondogenito: «Era ingenua. Ha sempre guardato la vita senza diventare blasé: ti scordavi che era la Hepburn. Adorava la tv italiana, il varietà, Canzonissima. Non approvava i film d’azione “La violenza non può essere intrattenimento” – e i quiz a premi – “Non è bene pensare che si possano fare soldi senza lavorare”… Quando mamma si trasferì a Roma aveva 40 anni e un passato che l’aveva provata. Inoltre non era serena accanto a mio padre e alla sua vita festaiola. Lei piuttosto che andare a un cocktail preferiva chiacchierare con un’amica. I romani poi erano abituati a spettegolare, a mamma non piaceva. Lei aveva perso la testa per papà. Sposarlo fu una scommessa. Sperava che lui crescesse più in fretta, ma non accadde: era un farfallone. Avevano dieci anni di differenza, ma sembrava che fossero di più. I 40 di mia madre erano pesanti, soprattutto a causa della guerra. Erano troppo diversi: lui mondano e urbano, lei riservata e quasi contadina». Il primo figlio, Sean Ferrer: «Mia madre ha avuto una vita coronata dal successo e segnata da scelte giuste, la prima fu ls sua carriera. Più tardi, invece, scelse la famiglia. E infine, quando noi figli eravamo ormai cresciuti, scelse i bambini bisognosi di tutto il mondo». William Wyler, il regista di Vacanze romane: «All’inizio, recitò la scena del copione, poi si sentì qualcuno gridare “Taglia!”, ma le riprese in realtà continuarono. Lei chiese, “Com’era? Sono andata bene?”. Improvvisamente, si rese conto che si stava ancora girando… Aveva tutto quello che stavo cercando: fascino, innocenza e talento». Lo stilista francese Givenchy parla così del primo incontro con la diva: «Le dissi: “Mademoiselle. mi piacerebbe aiutarla, ma ho poche cucitrici e sto lavorando auna collezione, non posso farle dei vestiti”. Allora lei disse: “Mi mostri quel che ha creato per la collezione”. Si provò i vestiti. “È esattamente ciò di cui ho bisogno!”, esclamò. Tutto le stava davvero bene. Sapeva perfettamente ciò che voleva». Il fotografo Richard Avedon: «Sono e sarò sempre sconvolto dalla presenza di Audrey Hepburn di fronte al mio obiettivo. Non mi è possibile migliorarla. È lei e basta». Enrico Lucherini, addetto stampa: «È stata la sola attrice a farmi uscire di casa alle 7 di mattina. Estate 1952, lei gira Vacanze romane al Colosseo. Ventenne ancora senza fissa occupazione, ci vado solo per vederla… Era timida. A una festa si sedette da sola, sebbene tutti guardassero solo lei». Qui di seguito, alcune sue dichiarazioni, non tutte sincere e persuasive, presumo: i lettori giudicheranno. «La bellezza di una donna non dipende dai vestiti che indossa né dall’aspetto che possiede 0 dal modo di pettinarsi. La bellezza di una donna si deve percepire dai suoi occhi, perché quella è la porta del suo cuore, il posto nel quale risiede l’amore». «L’eleganza è la sola bellezza che non sfiorisce mai». Queste due sono addirittura evangeliche. «Per avere degli occhi belli, cerca la bontà negli altri; per delle labbra belle, pronuncia solo parole gentili; per una figura snella, dividi il tuo cibo con le persone affamate; per dei capelli belli lascia che un bambino vi passi le sue dita una volta al giorno; e per l’atteggiamento, cammina con la consapevolezza che non sei mai sola». E, «Ricordati, se mai dovessi aver bisogno di una mano che ti aiuti, che ne troverai una alla fine del tuo braccio… Nel diventare più maturo scoprirai che hai due mani. Una per aiutare te stesso, l’altra per aiutare gli altri». Spontanea, invece: «Adoro le persone che mi fanno ridere. È la cura per moltissimi mali». Presuntuosetta: «So di avere più sex appeal sulla punta del mio naso che molte donne nel loro intero corpo. Non si vede da lontano, ma c’è».
Era nata il 4 maggio 1929 a Ixelles, in Belgio, morì a Tolochenaz, in Svizzera. Figlia di un banchiere inglese e di un’aristocratica olandese, Edda Kathleen van Heemstra. A cinque anni, Audrey fu mandata in un collegio inglese, poco tempo dopo il padre abbandonò la famiglia. Allo scoppio della guerra, la madre decise di trasferirsi ad Arnhem, in Olanda, con Audrey e i due figli nati da un matrimonio precedente (un anno dopo, i nazisti invasero l’Olanda). Nel 1953 conosce Colette, la famosa scrittrice trova Audrey perfetta per la parte di Gigi e, poco tempo dopo, è la star dello spettacolo omonimo, a Broadway. Con Vacanze romane (1953) vince l’Oscar. Il successo strepitoso continua con Colazione da Tiffany (1961) e My Fair Lady (1964). Nel 1967, con Gli occhi della notte, ottiene la nomination all’Oscar. Nel 1976 è protagonista, con Sean Connery, di Robin e Marian, nel 1981 è Angela nel film di Peter Bogdanovich …e tutti risero (dove compare anche il figlio, Sean Ferrer, nato dal primo matrimonio). E nel 1988 fa parte del cast di Per sempre, di Steven Spielberg. Curiosità? Amava mangiare cibo spazzatura davanti alla tv. Era una fan sfegatata di Raffaella Carrà. Ha inventato – e cucinato – una ricetta per Valentino. Durante la battaglia di Arnhen, a soli 16 anni, fu un’infermiera volontaria. Tra i soldati britannici salvati c’era il futuro regista Terence Young, che ventanni dopo l’avrebbe diretta nel film Gli occhi della notte. Audrey amava gli animali. Oltre a uno Yorkshire Terrier chiamato Mr. Famous, allevò nel giardino di casa Pippin, un cerbiatto.