Le anguille cocainomani del Tamigi: troppa ‘neve’ scaricata nel fiume

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Già i capitoni, quando vengono venduti sui mercati, riescono a muoversi velocissimi e a volte scappano. E’ facile immaginare cosa possa succedere se sono sotto l’effetto della cocaina. A Londra non mangiano i capitoni, ma una ricerca del King’s College ha dimostrato che le anguille che nuotano nel Tamigi possono essere iperattive perché sono sottoposti agli effetti della ‘neve’. I ricercatori hanno scoperto che nelle acque del fiume, in particolare nei periodi di piena, finiscono le droghe consumate dai Londinesi. E il consumo di coca nella capitale dell’Inghilterra è il più alto di tutto il Paese. Uno studio del 2015 del Centro di monitoraggio europeo per le droghe e la dipendenza, ha rivelato che Londra era la città europea con il maggiore contenuto di coca negli scarichi. Ci arrivano attraverso le urine di chi si droga. E questo non accade solo nei week end, ma tutti i giorni della settimana.

Un peccato perché questo pesce fa parte, come della nostra, anche della tradizione alimentare londinese. Dalla rivoluzione industriale in poi le anguille sono state un cibo nutriente, poco costoso, sempre disponibile, che ha permesso alle famiglie di operai a vivere meglio.

I biologi ritengono che gli effetti sui pesci possano essere simili a quelli umani. E uno studio effettuato all’Università Federico II di Napoli lo conferma: in una ricerca effettuata l’anno scorso hanno potuto provare che la coca non produce solo una attività fuori dal comune, ma le sue tracce hanno un effetto fisico evidente. Si accumulano nel cervello, nei muscoli, nelle branchie, nella pelle. Inoltre aumentano i livelli dell’ormone dello stress, il cortisolo, che induce il consumo di grasso, di cui le anguille non possono fare a meno. Hanno infatti un complicato ciclo di vita. Sono dei migratori. Nascono come larve nel mare, poi si spostano nelle acque dolci, poi ritornano nel mare per riprodursi. Ma il viaggio è lungo 7 mila chilometri, e lo fanno due volte nella loro vita, e il grasso è indispensabile per viaggiare così a lungo. Inoltre, nel periodo della riproduzione, vanno in digiuno, dunque devono avere delle abbondanti riserve a cui affidarsi.

I piccoli, piatti e ovali, vengono alla luce nel Mar dei Sargassi, un’area dell’Oceano Atlantico compresa fra gli arcipelaghi delle Grandi Antille e le Azzorre. Da lì partono seguendo la corrente del Golfo e il sistema delle correnti nord atlantiche. Pian piano risalgono il continente europeo e possono metterci 3 anni per arrivare a destinazione, ovvero lo stesso punto da cui era partita la loro madre. A questo punto hanno raggiunto lo stadio di ceca, un’altra prelibatezza tipica del delta del Po. Nel Tamigi arrivano di solito tra aprile e ottobre. Qui pian piano diventano adulte, ingrassano e, le femmine, diventano capitoni. Questo processo può durare da 5 a 15 anni. Ma ne è stata trovata anche una di 88 anni, che evidentemente non aveva nessuna voglia di tornare nell’oceano, anche perché il viaggio è senza ritorno, visto che dopo essersi riprodotti, gli adulti muoiono.

Anche la cocaina non facilita il sesso. Ma c’è da capire se anche le anguille inizieranno ad adottare uno stile di vita tipicamente londinese, ovvero lavorare troppo di notte, avere un eccesso di sudore la mattina, subire attacchi di panico.Se poi si considera che i londinesi orinano anche enormi quantità di caffè è facile immaginare gli effetti.

In realtà non ne sono rimaste molte. Durante la rivoluzione industriale l’acqua è diventata un veleno a causa dell’inquinamento. E il cibo dei poveri è diventato raro. Ora però, grazie a un lungo percorso di recupero ambientale effettuato dall’amministrazione di Londra, il Tamigi è uno dei fiumi più puliti d’Europa, tanto che sono tornati anche i delfini e i cavallucci marini. Ma in ogni caso la Iucn ha classificate le anguille nella lista rossa delle specie a rischio di estinzione, indipendentemente dalla coca.

Anche in Italia abbiamo una situazione simile. La città che consuma più cocaina nel nostro Paese è Milano. Nel 2011 l’Istituto Mario negri di Milano aveva attestato che ne venivano consumati 330 kg ogni anno, il doppio della statistica nazionale. E tracce erano state trovate nel depuratore di Nosedo.

Gli ultimi dati risalgono a un anno fa. Sono state trovatedue tonnellate e mezzo di farmaci, 1,6 quintali di droghe, quasi mezza tonnellata di prodotti chimici per la cura della persona, e ancora nicotina, caffeina e tanto altro. Milano scarica nei corsi d’acqua metropolitani un vero laboratorio di chimica a cielo aperto.

Business Insider