Dopo aver fatto fuori Uber ed Ncc (con l’aiuto del governo), la lobby dei taxisti ha un nuovo nemico: Mytaxi

Non c’è solo Uber a turbare i sonni dei tassiti. Anzi, dopo l’annuncio della piattaforma di volersi riconvertire in un aggregatore di trasporti, il nemico numero uno per gli autisti delle auto bianche italiane ora ha il nome di Mytaxi, la app del gruppo Daimler Ag che gestisce una piattaforma aperta accessibile liberamente dai tassisti affiliati, i quali possono mettere a disposizione una quota variabile di corse. Il tutto, saltando l’intermediazione fino a oggi forzata delle cooperative di radiotaxi, balzello obbligatorio per chiunque abbia bisogno di una vettura.

Da qui, la lotta senza quartiere dichiarata a Mytaxi dalle cooperative di Roma (Radiotaxi 3570, Pronto Taxi 6645, Samarcanda), Milano (Taxiblu, Yellow Tax Multiservice e Autoradiotassì), Torino (Società Cooperativa Taxi Torino) e Napoli, ovvero delle città nelle quali la piattaforma è attiva. Una lotta senza esclusioni di colpi che annovera statuti cambiati in pieno agosto, ricorsi al Tar, detective privati assoldati per pedinare i tassisti “traditori”, espulsioni, minacce e rappresaglie. Al fianco della società tedesca si sono schierati l’Autorità garante per la concorrenza e le associazioni dei consumatori come Codacons e Unione Consumatori.

Motivo del contendere in tutte le vertenze – a oggi sono tre quelle aperte, due davanti al Tar del Lazio per Roma e Milano, una presso l’Agcm – è sempre il medesimo: il vincolo di esclusiva tra le organizzazioni di radiotaxi ed i tassisti aderenti, ritenuto dall’Antitrust lesivo della concorrenza.

A questo proposito è utile raccontare quanto accaduto a Torino negli ultimi due anni: a giugno 2017 Mytaxi inizia a raccogliere adesioni tra i circa 1.400 tassisti torinesi in vista del lancio della app fissato per il settembre successivo. Quarantadue conducenti aderiscono da subito, il numero minimo per iniziare ad operare, ma anche un numero che preoccupa la cooperativa Taxi Torino che raccoglie il 90% delle vetture nel capoluogo piemontese. Tanto che il 3 agosto questa si riunisce in tutta fretta e introduce nel proprio Statuto una specifica clausola di non concorrenza la quale prevede “l’esclusione del tassista che, pur rimanendo socio della cooperativa, aderisca ad altro soggetto titolare o gestore di diverso sistema tecnologico di intermediazione tra domanda e offerta del servizio taxi o, comunque, ne utilizzi le prestazioni” (articolo 14.2 lettera f, dello Statuto).

La tattica sembra funzionare, tanto che a fronte delle 42 iscrizioni di giugno 2017, Mytaxi registra solo tre nuove iscrizioni a settembre 2018; inoltre, per varie mensilità, il dato delle nuove iscrizioni è stato pari a zero (novembre 2017, gennaio, maggio e luglio 2018). A bloccare le nuove adesioni è il pugno di ferro adottato dalla cooperativa che già a inizio settembre 2017 aveva espulso tre tassisti soci proprio perché avevano utilizzato i servizi di Mytaxi. La clausola viene nuovamente applicata a maggio 2018, con l’esclusione di altri tre soci. Per dimostrare che gli espulsi avevano “tradito”, la coop aveva incaricato un’agenzia investigativa di verificare l’effettivo utilizzo da parte dei propri soci dei servizi Mytaxi, sia immediatamente prima del lancio della app che durante tutto il semestre successivo.

«Le trametto in allegato parte della documentazione relativa all’attività svolta fino ad oggi. All’interno della cartella troverà la tabella delle corse effettuate dove sono indicati i nominativi dei tassisti che hanno effettuato le corse e l’importo pagato […]. Per quanto riguarda il Signor […] evidenziamo che sia martedì 26.09 che mercoledì 27.09 lo stesso era presente all’Aeroporto di Torino Caselle con la vettura […] logata MYTAXI. Abbiamo effettuato due corse serali per le quali è stata emessa ricevuta MYTAXI ove è indicato il nominativo del tassista […] ed il numero di licenza […]”, si legge in una mail che i detective inviano a un membro del cda di Taxi Torino. Alla mail sono allegate anche due “Tabelle corse” relative ai periodi 19-22 e 26-29 settembre 2017, con prove fotografiche e ricevute delle corse effettuate. Non solo, dal verbale del Cda del 17 settembre 2017 risulta che uno dei soci (poi escluso) era stato per così dire “avvertito”, venendo sospeso per 4 giorni dal servizio radiotaxi dopo aver rimosso dalla propria vettura le placche distintive della cooperativa per sostituirle con quelle di Mytaxi. Insomma, un clima da vera e propria caccia alle streghe. Tanto che il 18 dicembre scorso l’Agcm ha emanato un provvedimento di urgenza per obbligare Taxi Torino a sospendere la clausola di fedeltà.

In realtà, l’Autorità aveva emanato lo stesso provvedimento a giugno 2018 nei confronti dei radiotaxi di Milano e Roma. Tuttavia le cooperative avevano fatto ricorso al Tar, il quale il 7 dicembre 2018 ha sospeso i provvedimenti, ritenendo necessario andare a fondo della questione vista la «complessità del caso» e gli effetti considerati «irreversibili» dei provvedimenti, e rinviato ogni decisione al prossimo 3 aprile, data fissata per l’udienza pubblica.

Una sospensiva che ha fatto esultate le cooperative: «un importante e positivo passaggio processuale che consentirà ai tassisti soci delle Cooperative di continuare a svolgere serenamente il loro lavoro», ha commentato il presidente di Radiotaxi 3570, Loreno Bittarelli, «garantendo ai tassisti e all’utenza la più efficiente risposta di intermediazione tra la domanda e offerta di servizio taxi». E infuriare i consumatori: «La sospensione della delibera Antitrust è una pessima notizia», ha detto Massimiliano Dona dell’Unione consumatori, «anche se attendiamo con fiducia il giudizio di merito». Più tranchant il presidente del Codacons (ed esponente M5s) Carlo Rienzi, per il quale «di certo non basteranno le sentenze dei Tar a fermare un processo sociale ed economico irreversibile che deve portare alla completa liberalizzazione del settore, sia pure con garanzia di sicurezza del trasporto pubblico».

Andrea Sparciari, Business Insider Italia

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