Il social network ha cancellato 559 pagine e 251 account americani. Un’epurazione in vista delle elezioni di mid-term
Tira aria di purghe a Menlo Park. Facebook ha annunciato di aver rimosso 559 pagine e 251 profili statunitensi per aver ripetutamente violato le regole dello spam. Si tratta di “un nuovo tipo di spam”, precisano nel post pubblicato sul blog della compagnia Nathaniel Gleicher, a capo delle policy sulla cybersicurezza, e Oscar Rodriguez, responsabile di prodotto. Che ha abbandonato la sponsorizzazione di gadget fraudolenti per favorire tematiche più redditizie da un punto di vista pubblicitario: non solo disastri naturali, o i gossip sulle star, ma soprattutto la politica.
NOTIZIE SENSAZIONALISTICHE PER ATTIRARE CLICK
Il social network la considera la nuova frontiera per le “fattorie di pubblicità”. O, meglio, fabbriche di soldi che cercano di crearsi un’audience e attirare traffico web sui propri siti in modo da guadagnare denaro ad ogni visita. Del resto, la fake news economy è in grado di muovere miliardi, ed ecco che c’è chi se ne approfitta e, indipendentemente dalla propria fede di partito, sfrutta contenuti politici sensazionalistici per attirare click. Succede in Italia, come negli Usa.
Storie che spesso generano un dibattito indistinguibile da quello legittimo, precisano dal social. E, secondo alcune analisi, sarebbero persino più commentate e condivise di quelle vere.
Facebook ha mantenuto il riserbo su chi è stato sbattuto fuori dalla rete. Ma a darci degli esempi è il New York Times. Tra loro c’è Right Wing News con 3.1 milioni di follower e altre pagine di destra, come Resistance e Reverb Press che rispettivamente contavano 240mila e 816mila seguaci. Molte di loro condividevano lo stesso modus operandi: usavano multipli account fasulli per pubblicare il medesimo contenuto su un network di gruppi. E usavano delle tecniche per far sembrare i loro post più popolari di quanto in realtà fossero.
L’ELEZIONI DI MID-TERM
Un’epurazione in piena regola in vista delle elezioni di mid-term. E non è la prima. Le grandi purghe sono iniziate quest’estate e a fine agosto avevano portato alla cancellazione di altri 652 profili. Così Facebook sembra voler mettersi al riparo dalle critiche arrivate dopo l’insediamento alla presidenza Usa di Donald Trump: secondo le accuse, il social avrebbe aiutato la vittoria del tycoon, facilitando la diffusione di contenuti razzisti e xenofobi.
In un documento di 13 pagine intitolato “Information Operations and Facebook” la società di Mark Zuckerberg ha poi ammesso ufficialmente i tentativi di propaganda e manipolazione dell’informazione realizzati sfruttando il social network, sia in occasione dell’appuntamento presidenziale Usa che di quello francese, dove il team ha rimosso 30mila profili falsi. Anche se con una precisazione: il volume di queste attività è stato “statisticamente molto piccolo”. A mancare è, insomma, una conoscenza del reale impatto di quest’opera di proselitismo sulle urne. Un’efficacia tanto difficile da studiare, quanto tutta da dimostrare. Ma i timori, a cui ha fatto seguito lo scandalo Cambridge Analytica (società di consulenza che ha sfruttato gli account Facebook di 50 milioni di statunitensi per profilare gli elettori attraverso un algoritmo), hanno convinto lo staff di Menlo Park a rimboccarsi le maniche per contrastare la disinformazione.
LA POLEMICA: “FACEBOOK DISCRIMINA I CONSERVATORI”
La notizia della nuova purga arriva dopo le dimissioni da Facebook di Brian Amerige, ingegnere che nei giorni scorsi ha sollevato polemiche dopo aver manifestato il suo disappunto per la “monocultura” della società che, a suo parere, discriminerebbe le posizioni politiche conservatrici. “Mi sta troppo a cuore il nostro ruolo nel supportare la diversità intellettuale e la libertà d’espressione anche solo per mettermi a lavorare ancora più in profondità sul prodotto, ho capito che è tempo di mollare”, ha spiegato Amerige, in un addio che ha il suono di un j’accuse.
Rosita Rijtano, Repubblica