(di Cesare Lanza per LaVerità) Scommettiamo che ci vorrà tempo, forse poco o forse molto, ma si farà chiarezza sulle accuse rivolte al Papa nelle inquietanti polemiche sugli scandali di pedofilia nella Chiesa? Nella società moderna, anche e soprattutto nella Chiesa per motivi non solo etici ma religiosi, la trasparenza è un obbligo. Si può provare a ignorarla, a truccare i fatti, a depistare. Ma prima o poi la trasparenza diventa ineluttabile; e, se è mascherata, la sfiducia tra la gente e le istituzioni diventa grave, spesso irrimediabile. Ora, l’accusa di monsignor Carlo Maria Viganò a Francesco è pesantissima: il Pontefice sarebbe stato al corrente degli abusi sessuali del cardinale Theodore Me Carrick, ma non avrebbe mosso un dito. Non mi schiero, aspetto che si faccia totale chiarezza su una vicenda tanto delicata. Mi indignano però le ostilità, sospette e immediate, verso Viganò, un sacerdote stimato: sarebbe spinto, secondo varie insinuazioni, dal risentimento per non essere stato nominato cardinale. E mi fanno sorridere, per compatimento, quei (pochi) giornali che ignorano la notizia e anche quelli che l’attribuiscono al Corriere della Sera anziché, come sarebbe esatto e corretto, alla Verità. La mia opinione è semplice: se si accerterà, come mi sembra possibile e anzi probabile, che Viganò ha detto cose vere, Francesco avrebbe il dovere di riconoscerlo e scusarsi. Non sarebbe accettabile il (lodevole, anche se tardivo) riconoscimento dei gravi comportamenti della Chiesa, senza una parola di spiegazione, e pentimento, sulle sue personali responsabilità.