Il Guardian dedica una lunga analisi al gruppo che avrà un miliardo e mezzo di clienti, “a metà strada tra Facebook e Google”. I rischi per il mercato e la bravura del patron Del Vecchio di trasformare un difetto visico in una dichiarazione di stile
Il business degli occhiali sotto la lente d’ingrandimento. Si può riassumere così il senso della lunga inchiesta pubblicata questa settimana dal Guardian su Essilor-Luxottica, la fusione tra i due giganti del settore: l’azienda francese che produce le lenti e quella italiana che produce il telaio (insieme a molto altro). Un matrimonio approvato due mesi fa dall’Unione Europea, che secondo il quotidiano londinese crea un monopolio come non se ne sono mai visti – è il caso di dire, considerato il prodotto di cui si parla.
Gli occhiali da vista sono stati inventati in Italia nel 13esimo secolo, ma ci sono poi voluti 400 anni perché a qualcuno fosse venuta l’idea di montarli su stanghe per tenerli comodamente sugli occhi. Oggi hanno un giro d’affari da 100 miliardi di dollari l’anno: nei paesi industrializzati il 70 per cento della popolazione indossa occhiali (da vista e da sole) nel corso della propria esistenza.
Ma il potenziale di crescita è enorme: si calcola che nei paesi emergenti ci siano 2 miliardi e mezzo di persone che attualmente non hanno i mezzi per pagarsi una visita da un ottico e per comprarsi gli occhiali. Se e quando potranno farlo, il business potrebbe raddoppiare o triplicare. Anche perché l’uomo contemporaneo, forse perché passa molto tempo davanti allo schermo luminoso di un computer o di uno smart phone, ci vede meno bene di un tempo: abbiamo sempre più bisogno degli occhiali.
L’inchiesta del giornale inglese riconosce a Leonardo Del Vecchio, fondatore e presidente di Luxottica, non pochi meriti, chiamandolo il “Capitano Akhab” (quello che dava la caccia alla balena bianca in “Moby Dick“) dell’ottica: avere creato dal nulla un’azienda leader mondiale; avere capito quando era necessario compiere il passaggio dalla vendita all’ingresso a quella al dettaglio; e successivamente essere stato capace, attraverso accordi con grandi brand, di trasformare gli occhiali in un oggetto alla moda. L’ottica che diventa fashion. Un caso pressoché unico di marketing, nota il Guardian, in cui “un difetto fisico diventa una dichiarazione di stile”. In gergo si chiama “romanticizzare il prodotto”.
Cifre alla mano, individualmente Essilor e Luxottica hanno concorrenti con cui fare i conti: la prima controlla il 45 per cento del mercato, la seconda il 25.
Ma insieme sono una multinazionale con 1 miliardo e mezzo di clienti e un capitale di 50 miliardi di dollari: come dimensioni, “a metà strada fra Apple e Facebook”. Un gigante globale. Il quotidiano britannico si domanda se la fusione tra due aziende dalla mentalità differente, quella francese guidata da un collettivo, quella italiana dominata dalla personalità dell’anziano patriarca, avrà successo e, in tal caso, in che modo finirà per influenzare il business degli occhiali, ammonendo sui rischi dell’eccessiva concentrazione. Per Del Vecchio, conclude il Guardian, la fusione è il modo migliore di assicurare che la sua creatura continuerà a esistere dopo di lui. Ci voleva la vista lunga per immaginare una mossa del genere.
Enrico Franceschini, Repubblica.it