Il garante per la privacy l’aveva definita una «sproporzionata raccolta di informazioni con relativi rischi di usi impropri da parte di terzi». Il popolo delle partite Iva era sceso in piazza per chiedere un rinvio e un’introduzione graduale della misura. Invece l’obbligo di fatturazione elettronica anche tra titolari di partite Iva ormai è quasi realtà. Tra pochi giorni, dal 1 gennaio, entra in vigore, a dispetto delle proteste e delle richieste delle categorie, che stimano un aggravio di costi tra i 400 e 600 milioni di euro per le 3 milioni di partite Iva che devono dotarsi della tecnologia. E così l’Italia si troverà ad essere il Paese pilota in Europa per l’introduzione del nuovo metodo di fatturazione tra privati. Sono stati recepiti giusto alcuni rilievi del Garante, come l’esclusione da tale obbligo per le prestazioni sanitarie, sempre per tutelare la privacy, e il fatto che l’Agenzia delle Entrate debba limitarsi a memorizzare solo i dati fiscali necessari per i controlli automatizzati. Insomma sarebbe così scampato il pericolo di incorrere in un grande fratello generalizzato.
Il caso italiano per ora è un unicum, o quasi. Nessun altro Stato membro ha adottato la fatturazione elettronica tra privati, a parte il Portogallo che l’ha fatto nel 2013 in piena crisi finanziaria. E stavolta Bruxelles non c’entra. Non esiste alcun obbligo di fatturazione elettronica tra privati nell’Unione europea: vige solo quello per gli appalti pubblici e per i rapporti con la pubblica amministrazione, come stabilito da una direttiva Ue del 2014 che entrerà effettivamente in vigore il prossimo anno. Tanto che il nostro Paese per introdurre ora la fatturazione elettronica tra imprese ha dovuto chiedere una deroga, concessa, alla commissione. Era stato il governo Renzi per primo ad avviare il meccanismo per tutti i fornitori della pubblica amministrazione, e lo stesso hanno fatto altri Paesi europei, come Germania e Francia, che hanno recepito in anticipo la direttiva europea. Ma appunto si tratta di una forma soft, e limitata ai pagamenti verso il pubblico. Bisogna andare in Sudamerica per trovare altri Paesi dove è in vigore lo strumento che tra pochi giorni arriverà anche da noi: i pionieri sono Cile, Messico e Brasile. Ma la fatturazione elettronica è obbligatoria anche in Argentina e in Perù, mentre lo sarà in Colombia dal 2019.
Lo scopo, in teoria, è combattere l’evasione fiscale, visto che secondo un’analisi della Fondazione nazionale dei commercialisti la nuova fattura dovrebbe «migliorare il controllo» e «mitigare i tassi di evasione». L’obiettivo è ridurre i 35 miliardi di evasione Iva (26%) che fanno dell’Italia uno dei Paesi europei con il maggior gap tra Iva stimata e Iva raccolta: siamo dietro, in percentuale, a Romania (37%), Slovacchia (29%) e Grecia (28%), ma siamo primi a livello assoluto. Il governo stima per il 2019 un recupero di due miliardi di nero, al netto dei problemi di applicazione del nuovo sistema. L’efficacia intanto resta un’incognita, visto che l’evasione spesso si genera laddove la fattura non viene emessa e non perché è su un foglio di carta.
Lodovica Bulian, Ilgiornale.it