Trump minaccia di non firmare il compromesso sul bilancio federale perché mancano i fondi per il muro col Messico. Spread stabile a 250 punti. Tokyo perde l’1,1%
Continua la fase di deciso ripiegamento dei mercati azionari, appesantiti dalla decisione della Fed di mercoledì di tirare dritto con l’aumento del costo del denaro, pur mostrando cautela sugli interventi del 2019. A peggiorare le cose è arrivata l’intenzione del presidente Donald Trump di non firmare il compromesso raggiunto al Senato per evitare lo shutdown, la cessazione di parte delle attività dell’amministrazione Usa, almeno fino a febbraio. Trump lamenta l’assenza di risorse per la costruzione del muro al confine col Messico. Il risultato è che, dopo il via libera della Camera al Bilancio Usa, il Senato non trovi la maggioranza qualificata per approvare il provvedimento. La paralisi dell’amministrazione pubblica americana potrebbe partire dalla mezzanotte di oggi.
Il nuovo crollo, ieri sera, a Wall Street ha fatto precipitare ancora le azioni asiatiche e mette di malumore i listini europei in apertura. Milano cede lo 0,75% in avvio, Francoforte perde lo 0,3% e Parigi lo 0,4%. Londra invece è invariata. Lo spread tra Btp e Bund tedeschi si conferma in area 250 punti base, con il decennale italiano che rende il 2,7%. L’euro apre in rialzo resta forte sopra 1,14 dollari. Anche lo yen è in rialzo. Il biglietto verde risente dei timori di un rallentamento dell’economia Usa e del disorientamento che hanno creato ieri le decisioni della Fed, le quali hanno fatto affondare Wall Street. Pesa anche il possibile shutdown delle attività dell’amministrazione statunitense. La moneta europea passa di mano a 1,1464 dollari e e 127,64 yen. Dollaro/yen a 111,35.
La Borsa di Tokyo ha chiuso stamattina in calo dell’1,1% a 20.166,19 punti, il minimo da 15 mesi. Come accennato, le perdite della Borsa americana ieri si sono accentuate: il Dow Jones ha perso un ulteriore 1,99%, lo S&P500 ha ceduto l’1,58% e il Nasdaq l’1,63%.
La giornata macroeconomica prevede la fiducia in Italia e Germania, dove l’indice Gfk è previsto stabile a gennaio a 10,4 punti, lo stesso livello di dicembre, nonostante vi sia la prospettiva di un rallentamento della prima economia europea. il Pil della Gran Bretagna e degli Stati Uniti. In Giappone, a novembre l’inflazione ha rallentato allo 0,9% tendenziale.
I prezzi del petrolio rimbalzano, dopo aver perso il 30% da ottobre, per il timore di un rallentamento della domanda globale e per l’eccesso di rifornimenti. Sui mercati asiatici i future sul Light crude Wti avanzano di 41 cent a 46,26 dollari e quelli sul Brent crescono di 46 cent a 54,81 dollari.
Raffaele Ricciardi, Repubblica